Culurgiones ogliastrini: storia e curiosità di uno dei piatti più amati
Preparazione, ingredienti, varianti, storia e curiosità su uno dei piatti ogliastrini più amati: la parola al gastronomo Paolo Solinas
In Sardegna esistono diverse tipologie di ravioli, ma i culurgiones sono sicuramente la pasta ripiena per eccellenza. La semplicità degli ingredienti e la particolare tecnica di chiusura hanno contribuito a determinarne la fortuna, tanto da ottenere qualche anno fa l’IGP Culurgionis d’Ogliastra, non senza un iter fatto di discussioni rispetto all’impiego di certi ingredienti e sulla denominazione stessa.
Oggi ne parliamo con Paolo Solinas, gastronomo di Seneghe.
«In lingua sarda il termine culurgione tuttavia è generico, in quanto significa semplicemente ‘raviolo’. È il suo ripieno a determinarne la specificità, così come la zona di riferimento e la forma della pasta considerata. I culurgiones sono caratterizzati da un involucro di pasta di semola che avvolge un ripieno. La pasta tradizionale In Sardegna è fatta di sola semola, acqua e sale, mentre non è usuale preparare la pasta all’uovo» spiega Solinas.
«Non potendo riportare una ricetta esatta e rappresentativa dei culurgiones dell’Ogliastra in toto, analizziamo una vecchia e particolare ricetta tratta dal libro La Cucina dei Sardi (1975), di Marilena Cannas. Ci tengo a sottolineare che non considero questa ricetta quella esatta, bensì utile nel proseguo della spiegazione:
Ingredienti: patate, viscidu (formaggio secco acido salato), formaggio pecorino, grasso di bue, cipolle, menta, aglio. Si cuociono le patate con la buccia; a cottura ultimata si sbucciano, si schiacciano e si lavorano per bene con il viscidu e molto pecorino sardo grattugiato. Non occorre il sale, essendo su viscidu già di per sé salato. Si aggiunge un soffritto di cipolle fatto con grasso di bue, uno spicchio d’aglio e menta selvatica tritati sottilmente. Se ne fanno delle pallottole che si pongono su dischi di sfoglia, ottenuta impastando la farina con acqua tiepida un po’ salata.
Un punto curioso nella ricetta è la presenza del grasso di bue nella preparazione, notoriamente poco impiegato nella cucina sarda, in cui era prevalente l’olio di oliva o il grasso di maiale.
Un altro ingrediente particolare dei culurgiones tradizionali è su vìscidu. Si tratta di latte di capra o di pecora cagliato, lasciato inacidire e messo sotto sale» spiega Solinas.
Preparazione de su viscidu: https://www.youtube.com/watch?v=nqqUEflTZXA&feature=emb_logo
La chiusura dei culurgiones può essere a spiga (spighighedda) o ripiegando il raviolo semplicemente su sé stesso (a oru).
La prima tecnica è quella tradizionale che solo mani esperte sanno realizzare. Essa consiste nel tenere nella mano debole il disco di sfoglia con sopra il ripieno e con il pollice e l’indice della mano forte si uniscono i lembi della pasta, pizzicandoli e unendoli, formando in questo modo un raviolo la cui chiusura richiama la forma della spiga di grano.
La chiusura a spighitta: https://www.youtube.com/watch?v=OLJhLi5i160&feature=emb_logo
Questo modo di chiudere i ravioli potrebbe avere origine da riti primitivi di ringraziamento per la fertilità dei suoli che producevano il grano necessario per la vita o per evocare la particolare propensione dei suoli sardi alla coltivazione del grano.
All’interno della stessa Ogliastra, le modalità di preparazione possono differire. In alcuni paesi era abitudine l’utilizzo de su seu (grasso di vitello o manzo fresco) al posto dell’olio di oliva, in altri veniva esaltato il gusto della cipolla a discapito del formaggio, impiegandone maggiori quantità nel ripieno. In certe zone, sos culurgiones pare si consumassero solamente il 2 novembre in occasione de Sa die de is mortos, e questa tradizione è sopravvissuta fino agli anni Settanta circa.
Anche le dimensioni e la forma stessa potevano cambiare. Se in determinati areali la dimensione era ridotta al di sotto dei 5 cm, in altri erano soliti essere più grandi.
I ravioli, una volta pronti, vengono immersi in acqua bollente, cotti qualche minuto e, man mano che risalgono in superficie, scolati e conditi. Il condimento tradizionale è la salsa di pomodoro e pecorino. Poi chiaramente esistono tante modalità di riempimento e personalizzazione della pasta» conclude Solinas.
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