Lo sapevate? Che cosa erano realmente i nuraghi?
Ripercorriamo insieme l'evoluzione del monumento, tuttora ricco di fascino e mistero, che identifica un'intera Isola.
Lo sapevate? Che cosa erano realmente i nuraghi?
A che cosa servivano le torri di pietra che ancora a migliaia si possono ammirare in tutta la Sardegna?
Svariate teorie sono state presentate da studiosi e non sulla reale funzione di queste strutture: edifici di difesa, abitativi, torri di controllo del territorio. A distanza di decenni, da quando i primi archeologi formularono congetture e interpretazioni, si è arrivati alla conclusione che i nuraghi fossero degli edifici polivalenti. Case fortezza, “palazzi” di rappresentanza, simboli reali della civiltà nuragica. Ripercorriamo insieme l’evoluzione del monumento, tuttora ricco di fascino e mistero, che identifica un’intera Isola.
Iniziarono a comparire dal 2° millennio a.C. e furono utilizzati fino all’invasione romana, per poi essere gradualmente abbandonati (alcuni divennero delle vere e proprie discariche) o riconvertiti. Sono più di settemila nell’Isola ma alcuni studiosi sostengono che fossero almeno il quadruplo.
Il nuraghe ha una forma troncoconica ed è costruito con blocchi di pietra (la radice nur in lingua arcaica mediterranea indica un “mucchio di pietre”) sovrapposti a secco, senza cioè malta o altri collanti per unire tra loro le pietre. Il nuraghe all’interno presenta un’ampia camera circolare dotata di una cupola ad anelli concentrici, su più piani, raggiungibili con scale interne. Alcuni raggiungevano svariate decine di metri di altezza e potevano essere monotorre, oppure articolati in più torri comunicanti, proprio come i castelli medievali.
In quest’ultimo caso erano vere e proprie fortezze, perché le torri venivano rifasciate da massicce cortine murarie. Sulla sommità erano presenti dei ballatoi lignei, sopra i quali facevano buona guardia le vedette. Intorno, nel caso dei nuraghi con più torri (polilobati o complessi), venivano edificati i villaggi, fatti di capanne con muro di pietre a secco e tetto di travi di legno e frasche vegetali, proprio come le attuali pinnettas (o cuiles) dei pastori.
La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna lungo un arco cronologico di circa mille anni dando vita a una struttura sociale molto articolata, basata su una classe dirigente fatta di capi guerrieri e sacerdoti e di lavoratori. Una società all’interno della quale svolgeva un ruolo fondamentale la donna.
Diversi nuraghi sono stati scavati e studiati e, resi visitabili, sono uno dei fiori all’occhiello del turismo sardo. Moltissimi altri sono trascurati e poco conosciuti. Potrebbero invece permetterci di sviluppare servizi turistici basati sulla loro unicità.
Tra i nuraghi meglio conservati e tutelati Su Nuraxi di Barumini, nominato dal 1997 Patrimonio mondiale dell’Umanità dal Comitato dell’UNESCO. Altre strutture nuragiche degne di nota sono la “reggia” di Santu Antine, a Torralba, il nuraghe Losa, Abbasanta, Arrubiu a Orroli, Palmavera, ad Alghero, e tanti altri, tutti con le proprie tipicità, a partire dal materiale di costruzione, quasi sempre allestito con la pietra del territorio, basalto, granito, calcare, trachite.
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