La controversa figura di Maria Antonia Serra Sanna: Sa “Reina” del banditismo sardo di fine ‘800
Sorella dei due latitanti Giacomo e Elias Serra Sanna, fu soprannominata sa “Reina” per il potere raggiunto a Nuoro alla fine del XIX secolo. Maria Antonia sarebbe stata dotata di una determinazione ferrea e di un carisma tale da essere lei stessa l’ispiratrice di molti dei reati commessi dai fratelli. Il suo unico obiettivo sarebbe stato quello di accumulare ricchezze e capitali per aumentare il proprio patrimonio familiare.
Una donna misteriosa in un’epoca travagliata per la Sardegna, rispettata e temuta allo stesso tempo tanto da essere soprannominata sa “Reina”.
Quest’appellativo, che in “Limba” significa regina, era stato coniato per la nuorese Maria Antonia Serra Sanna. Sorella dei famigerati latitanti Giacomo ed Elias, viveva a Nuoro insieme al padre Giuseppe soprannominato “Carta”.
Proprio con il padre sarebbe stata capace di trasformare la condizione economica dei pastori che si trasformarono in ricchi proprietari di terreni, case e centinaia di capi di bestiame.
Maria Antonia era una donna determinata e carismatica, tanto da essere indicata come la vera mente e ispiratrice dei reati commessi dai fratelli.
Sa “Reina” si racconta era solita fare visite di “cortesia” alle ricche famiglie nuoresi e della zona per realizzare i suoi affari. Questi potevano consistere nel farsi cedere un ricco pascolo, ricevere somme di denaro, capi di bestiame o armi e munizioni. Se qualcuno si opponeva, sarebbe stata solita affermare che si sarebbe biasimata della cosa con i due fratelli. In particolare con Elias, temuto per la sua ferocia.
Era molto legata ai fratelli ed solita affermare: “Frades meos non sun latitantes, senatores sun frades meos” (i miei fratelli non sono latitanti, sono senatori i miei fratelli).
E proprio per loro aveva creato una fitta rete di amicizie influenti che ne coadiuvavano la latitanza.
La leggenda vuole che fosse la stessa Maria Antonia più volte a portare rifornimenti di cibo e di armi ai propri congiunti. Camuffata da uomo e armata di fucile, sarebbe stata in grado durante la notte di percorrere molti chilometri addentrandosi nell’intricata boscaglia tra le valli scoscese.
Anche Grazia Deledda si ispira esplicitamente a lei nel descrivere, nel romanzo Cosima, il personaggio di una donna.
Questa si presenta da un uomo rispettabile per ottenere un bosco di lecci in affitto, il quale non vuole cederlo in quanto già affittato.
La descrive così: “Ella era vestita in costume aveva un viso pallido e fine, con due grandi occhi neri sormontati da sopracciglia foltissime, rivelatrici di un carattere forte.”
Una descrizione che non si discosta da quella fatta da altre fonti, dove si afferma fosse alta e robusta e il tradizionale abito sardo adornato di bellissimi gioielli.
Sempre nel romanzo della Deledda vengono citati – senza essere mai nominati – i due fratelli di Maria Antonia.
La notte tra il 14 e il 15 maggio 1899 venne eseguita una grande retata a Nuoro che passò alla storia come “La notte di San Bartolomeo” nella quale furono arrestate oltre seicento persone.
Per tutti l’accusa di essere favoreggiatori dei banditi, ma ben presto già in fase istruttoria più della metà degli arresti fu prosciolta.
Non fu così per sa “Reina”, condannata nel 1900 a vent’anni di carcere: la sua fu la pena più dura delle centinaia di condannati per associazione per delinquere.
Nel frattempo i due fratelli Giacomo ed Elia erano morti nella “battaglia di Morgogliai” tra il 9 e il 10 Luglio 1899, insieme ad altri latitanti sardi.
Alla fine Maria Antonia scontò diciotto dei vent’anni previsti dalla condanna, tutti trascorsi nell’angusta e terribile prigione sa “rutunda” (la Rotonda di Nuoro).
Quando uscì dal carcere aveva più di cinquant’anni, ma nonostante l’età avanzata si sposò con il fratello di una sua compagna di cella di Orgosolo.
Non si sa altro della vita che condusse in seguito, rimane solo una foto segnaletica di Maria Antonia, dove lo sguardo sembra stanco e il viso segnato dalle tragiche vicende personali.
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