La Maestra Raffaella Marongiu Selis terrà un corso il 4 e il 5 dicembre ad Oristano.
Oltre al corso pratico, con postazioni riservate, ogni partecipante potrà portare a casa il Filindeu creato, il supporto (su Fundu) , varie semole ottenute solo da grani coltivati in Sardegna dei Mulini La Pietra e il Grano di Anedda Angelo, Masala Salvatore di Narbolia e Sulis Bruno di Samugheo.
Nelle due giornate alle ore 14,30 dimostrazione sulla realizzazione dei Gravellus, pasta antica dell’oristanese a cura della Maestra sacerdotessa del pane Antonietta Spanu.
Potrete inoltre ammirare l’artigiano Adriano Concas di Villaputzu, la sua bottega artigiana nata con l'intento di recuperare, valorizzare e rappresentare la tradizionale lavorazione del rame e la costruzione di antichi utensili come su prattu de cassa, sa sarretta (rodanza, rosoitta – rotelle tagliapasta) e pinta pane .
Presenterà su Filindeu il giovane Paolo Solinas, esperto di enogastronomia, turismo e ospitalità alberghiera. Laureato in in Food Innovation &Management e in possesso di un master in Hotel Management della Luiss Business School, Paolo ha alle spalle importanti collaborazioni in progetti enogastronomici, tra cui la pubblicazione di un libro con la fondazione
elBulli di Ferran Adrià e Lavazza. per iscriversi al corso contattare il numero 333 2716440
La tradizione di Su Filindéu, la pasta sacra, una delle più rare in Sardegna e nel mondo. Su Filindéu, impalpabili fili che danzano tra le mani sapienti e generose di una delle Sacerdotesse predestinate a tramandare quest’ arte. Raffaella Marongiu figlia di Gavina Selis, è una delle custodi di questa antica lavorazione che con maestria di movimenti trasforma semola, acqua e sale in un intreccio di fili infiniti.
Su Filindeu racchiude storia e identità di un popolo, ma anche un’arte manuale antica, che, si rischiava di perdere. La pasta è fatta esclusivamente a mano, e non esiste un segreto particolare, se non la memoria delle “mani”. Si ottiene da un impasto di semola di grano duro e acqua, fatto a filone e stirato a mano per ben 7/8 volte, finché non assume la parvenza di un tessuto a trame sottili,
intrecciate e trasparenti.
Non è un procedimento semplice, l’impasto deve avere la giusta consistenza che si ottiene dopo tanto lavoro e grande tecnica per renderlo elastico e malleabile. I fili di pasta vengono riposti su ripiani rotondi di asfodelo e fatto asciugare al sole. Non solo un cibo, ma un rito sacro e una tecnica di preparazione che può richiedere anni prima di essere replicata.
Su Filindéu è considerato un “piatto sacro” si narra venisse servito solo ai fedeli che compivano a piedi o a cavallo il pellegrinaggio da Nuoro a Lula per la festa di San Francesco. Ancora oggi, infatti, si dice che “non esiste la festa senza Filindéu”, che viene preparato in
grandi quantità per l’occasione.
Il patrimonio culturale definisce chi siamo e rafforza il nostro senso di appartenenza. Noi tutti facciamo parte di una comunità caratterizzata da storie preziose e culture intrecciate le une alle altre. Il nostro patrimonio culturale è insito nei nostri paesi, nella letteratura, nell’arte e nei monumenti, nei siti archeologici e nell’artigianato tramandato dai nostri antenati, nel cibo che
mangiamo e nei movimenti con cui lo creiamo.
Noi abbiamo una grande responsabilità, fornire ai nostri Giovani gli strumenti per diventare, in futuro, custodi e guardiani del nostro patrimonio culturale.
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