La leggenda dell’origine delle launeddas, protagoniste delle nostre feste e sagre ogliastrine
Le launeddas sono tipici strumenti sardi spesso protagonisti delle nostre feste e sagre ogliastrine. La leggenda che segue narra la loro origine tra fiaba e realtà. Tempo fa in Sardegna, esisteva un pastore che abitava con la propria moglie e figlia in una capanna poco distante dal mare. Le due donne erano bellissime e il pastore temeva per la loro sorte poiché dal mare giungevano spesso popolazioni temibili che attaccavano la propria terra depredandola e saccheggiandola.
Le launeddas sono tipici strumenti sardi spesso protagonisti delle nostre feste e sagre ogliastrine. La leggenda che segue narra la loro origine tra fiaba e realtà. Tempo fa in Sardegna, esisteva un pastore che abitava con la propria moglie e figlia in una capanna poco distante dal mare. Le due donne erano bellissime e il pastore temeva per la loro sorte poiché dal mare giungevano spesso popolazioni temibili che attaccavano la propria terra depredandola e saccheggiandola.
Un giorno, divenuto ormai vecchio e stanco, si rese conto di non poterle più proteggere e così smise di badare alle proprie greggi per poter sorvegliare notte e giorno le proprie acque. L’uomo si sentiva triste e solo e sempre all’erta trascorreva il proprio tempo suonando i suoi flauti che ricavava dalle canne della palude, alcune erano sottili, altre grosse, certe lunghe e alcune corte. Esse emettevano un suono soave che mutava di volta in volta. Il suono dei flauti non diminuiva di certo la sua paura ma almeno la addolciva. Il tempo passava e l’uomo temeva anche per la sorte della propria figlia che crescendo avrebbe avuto bisogno di un buon marito forte e coraggioso che avrebbe dovuto proteggerla quando egli non ci sarebbe stato più.
Per molto tempo nessuno raggiunse più l’isola ma arrivata la primavera arrivarono dal mare degli uomini dal viso pallido. Appena li scorse all’orizzonte, il pastore ordinò alla moglie e alla figlia di nascondersi con il proprio gregge in qualche antro nascosto della montagna in maniera tale che almeno loro trovassero scampo. Le donne ubbidirono ma a malincuore. Presto gli uomini bianchi sbarcarono sull’Isola, la invasero e la misero a ferro e fuoco. Con essa bruciarono anche la capanna del pastore e infine si accanirono con il suo gregge. L’uomo osservava il tutto triste e inerme. La sera, mentre erano intenti a banchettare, il pastore iniziò a suonare i propri flauti per scacciare la tristezza: con i suoi flauti emetteva dolci soavi mai uditi prima.
Il loro capo, rimase colpito dal loro suono e si diresse verso il pastore chiedendogli di suonare i propri flauti insieme in cambio della propria vita in salvo. Pur di salvarsi il buon uomo si ingegnò, legò con un filo d’erba tutte le canne e cercò di comporre la migliore sinfonia che fino ad allora non aveva mai suonato. Il capo stupito liberò subito il pastore e in cambio di un suono così soave gli chiese di esprimere un desiderio che fosse in suo potere esaudire. L’uomo allora rivelò la verità dicendo che aveva nascosto la propria moglie e figlia e che per quest’ultima desiderava un marito che avrebbe potuto proteggerla quando egli non ci sarebbe stato più. Il capo mantenne la sua promessa, liberò le due donne ma s’innamorò subito della bella ragazza e la chiese in sposa. Quelle genti che vennero dal mare si presentarono con il nome di Fenici e quei flauti legati l’un l’altro da fili d’erba col tempo presero il nome di launeddas.
Storia tratta dal libro: 101 storie sulla Sardegna che non ti hanno mai raccontato – La magia di un’isola attraverso i suoi personaggi e le sue leggende. Di Gian Michele Lisai. Collana de La nuova Sardegna.
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