Articolo di Mario Fadda.
Il 19 luglio 1992 è per tutti i sardi la data iconica in cui l’ideale di libertà è immolato tra i roghi dell’ordigno di via D’Amelio a Palermo, quello di Emanuela Loi, ventenne di Sestu, prima agente della Polizia di Stato italiana ad essere stata uccisa da mano mafiosa in servizio.
L’avventura di coraggio di Emanuela inizia per il grande senso della famiglia. È una maestra elementare quando decide di presentare la sua domanda in Polizia per seguire la sorella Claudia che però non sarà ammessa alla Scuola Allievi. La formazione avviene a Trieste dove la solare fanciulla campidanese conclude brillantemente. Motivazione e serietà la portano a non escludere un battesimo professionale che sarebbe stato sogno e obiettivo di ogni entusiasta idealista: per Emanuela lo è. Prima destinazione Palermo, la Palermo dei primi anni ’90, scenario d’eccellenza della lotta sanguinosa tra Stato e Mafia.
Il primo servizio affidatole, anche se all’epoca alla gran parte degli italiani non diceva troppo e oggi in pochi lo ricordano, fu la scorta di Sergio Mattarella attuale Presidente della Repubblica Italiana. All’indomani della strage di Capaci, che tolse la vita al giudice Giovanni Falcone, lo spirito è ancora alto, coraggio e determinazione quelli dei primi giorni. È lei a dare forza a mamma Alberta Lai e papà Virgilio che vivono col fiato sospeso tra l’orgoglio e il timore quotidiano della propria ragazza, poco più che bambina.
Il tempo si ferma quel torrido pomeriggio di luglio. Emanuela non è più. È strage. Unica donnacade nell’adempimento del proprio dovere al seguito del magistrato anti mafia Paolo Borsellino. Emanuela entra nella storia. La toponomastica parla di lei in tutta Italia. Non si contano più città e paesi che scelgono di dedicare un monumento, una via o una piazza alla ragazza di Sestu esempio per tutti i giovani. Emanuela Loi, a ventiquattro anni, lasciava per sempre il fidanzato Andrea, il fratello Marcello e la sorella Claudia che ne tiene viva la memoria portando il messaggio di giustizia e integrità morale in tante scuole d’Italia assieme all’associazione contro le mafie “Libera”.
«È il mio lavoro. Non posso tirarmi indietro», le ultime parole di Emanuela a mamma e papà. Parole che oggi risuonano come un testamento morale di memoria inscalfibile.
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