Sardegna, 526 lavoratori irregolari e 17 milioni evasi: maxi frode di 5 aziende scoperta dalla Gdf
I lavoratori assunti dalla cooperativa prestavano la loro attività sistematicamente e continuativamente a favore delle società committenti.
Evasione contributiva, irregolare esternalizzazione della manodopera e di tutti gli oneri connessi per abbattere il carico fiscale, evasione dell’IVA e dell’IRAP.
Questo è quanto scoperto dai militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cagliari a conclusione di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Cagliari, denominata “Men at work”.
L’attività è scaturita da una mirata verifica fiscale avviata nei confronti di una società cooperativa cagliaritana di produzione e lavoro, nel concreto utilizzata come serbatoio di manodopera da parte di 4 aziende committenti, tutte controllate da un gruppo industriale operante in Sardegna nel comparto della grande distribuzione e della produzione di generi alimentari.
Gli approfondimenti investigativi delle Fiamme Gialle – svolti in sinergica collaborazione con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cagliari/Oristano – hanno, infatti, consentito di smascherare un articolato sistema di frode, posto in essere dagli amministratori della cooperativa e delle imprese committenti coinvolte, attuato con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, concernenti gli obblighi contributivi, previdenziali ed assistenziali, attraverso la predisposizione di fittizi contratti di appalto per la fornitura di servizi di facchinaggio e di pulizia operati all’interno di centri di distribuzione, supermercati e opifici di trasformazione di generi alimentari.
Le investigazioni hanno, invero, fatto emergere gli indici caratteristici dell’appalto non genuino, in quanto, ad esempio:
– i lavoratori assunti dalla cooperativa prestavano la loro attività sistematicamente e continuativamente a favore delle società committenti, da cui prendevano tutte le direttive organizzative, tanto da far qualificare le committenti come loro datori di lavoro effettivi;
– la contrattazione salariale, le richieste di ferie e permessi e finanche le procedure disciplinari erano rimesse al management delle imprese committenti;
– il contributo imprenditoriale dell’appaltatore risultava marginale, in quanto l’apporto di capitale è stato essenzialmente limitato a pagare le retribuzioni dei lavoratori utilizzati in assenza dell’esercizio del potere direttivo e organizzativo nei confronti dei dipendenti impiegati, in tal modo privando il contratto del relativo rischio di impresa (azioni legali, controversie in materia giuslavoristica, eventuali pretese dei creditori) che, di contro, sarebbe dovuto gravare sulle 4 aziende committenti.
Ciò, ha permesso di dimostrare che i contratti d’appalto analizzati, in realtà, erano stati sottoscritti solo per dissimulare il reale oggetto del negozio posto in essere tra le parti, ossia la somministrazione di personale effettuata in violazione delle specifiche norme a riguardo.
La strutturazione delle posizioni lavorative così congegnata è stata, inoltre, accompagnata dall’ottenimento di benefici fiscali e contributivi non spettanti, tant’è che le società committenti del gruppo societario interessato sono riuscite ad abbattere significativamente non solo i costi del lavoro per oltre 600 mila euro – neutralizzando il proprio cuneo fiscale mediante l’esternalizzazione della manodopera con l’effetto di ridurre illegalmente non solo i costi di “struttura” (organizzativi e del lavoro) – ma anche quelli fiscali, al fine di conseguire la massimizzazione dei profitti e vantaggi di competitività sul mercato a scapito degli operatori rispettosi delle regole.
Sono state, in tal modo, ricostruite le reali posizioni giuslavoristiche di 526 lavoratori occupati presso le società del gruppo dal 2015 al 2019, per complessive 317.526 giornate irregolarmente lavorate, di cui 167.430 integranti (dal 12 agosto 2018) il reato di “somministrazione fraudolenta”.
Tale reato era già stato previsto, con una formulazione identica all’attuale, dall’articolo 28, D.Lgs. n. 276/2003 “legge Biagi”, successivamente abrogato dal “Jobs Act” (articolo 55, D.Lgs. n. 81/2015) e infine reintrodotto dalla legge n. 96/2018 di conversione del “Decreto dignità”, in vigore dal 12 agosto 2018, con la previsione del nuovo articolo 38-bis all’interno D.Lgs. n. 81/2015.
Per le suddette violazioni sono state quindi applicate, nei confronti delle 5 imprese coinvolte, ammende complessivamente superiori a 6,6 milioni di euro, nonché contestate irregolarità amministrative nei confronti degli utilizzatori e del somministratore per un totale di oltre 83 mila euro.
In relazione alla fattispecie di reato di “somministrazione fraudolenta, si è altresì proceduto ad impartire ai trasgressori le prescrizioni obbligatorie di cui all’art. 15 del D.Lgs n. 124/2004, volte ad assicurare, in primis, la cessazione della condotta illecita e, successivamente, la regolarizzazione dei lavoratori illecitamente impiegati mediante assunzione alle proprie dipendenze, nonché ad impartire ai datori di lavoro utilizzatori/committenti l’istituto della “diffida accertativa” prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 124/2004, per le differenze retributive maturate sotto il profilo contrattuale.
Al termine dei connessi controlli della posizione fiscale delle aziende investigate, i Finanzieri hanno infine constatato, per il periodo d’imposta dal 2015 al 2019, un’evasione dell’IVA per oltre 9,8 milioni di euro – quale conseguenza dell’interposizione illecita di manodopera schermata dall’esecuzione dei citati contratti di appalto non genuini – nonché una base imponibile ai fini IRAP sottratta a tassazione di oltre 7,3 milioni di euro, scaturente dal costo del personale somministrato, assunto a tempo determinato, che le società appartenenti al gruppo societario avrebbero dovuto invece considerare quale quota di costo indeducibile.
Nei periodi di crisi economica gli effetti distorsivi della concorrenza e del mercato provocati dalla grande evasione e dai fenomeni di lavoro irregolare sono accentuati.
L’azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di Finanza, in proficua sinergia con le articolazioni territoriali dell’Ispettorato del Lavoro, si colloca nell’ambito delle linee d’azione volte a contrastare le forme di grave ostacolo allo sviluppo economico e le distorsioni della concorrenza che compromettono gli equilibri economici e finanziari del Paese e la corretta allocazione delle risorse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA