Nel cuore della Barbagia, tra i monti aspri e le ombre fitte della Sardegna interna, una donna pagò con il corpo e l’anima il prezzo della conoscenza. Catalina Lay, levatrice di Seui vissuta nel Cinquecento, fu la prima vittima documentata dell’Inquisizione in Sardegna. Una “maista de partu”, esperta di erbe e riti antichi, che finì nel mirino del tribunale ecclesiastico, accusata di stregoneria.
Era l’estate del 1583 quando, su ordine dell’Arcivescovo di Cagliari, Catalina venne arrestata e trasferita a Sassari. In piazza Carra Manna (oggi Tola), durante l’autodafé, venne pubblicamente umiliata e condannata a sei anni di carcere, duecento frustate e altre crudeli pene. Le accuse, costruite sotto tortura, la dipingevano come una donna in contatto con spiriti maligni, capace di trasformarsi, partecipare a sabba notturni, addirittura uccidere neonati per scopi magici.

S’omu de sa maja, Catalina Lay PH Michela Girardi
Ma più che una strega, Catalina era una custode di saperi ancestrali. La sua abilità nell’assistere le partorienti e curare con i rimedi della tradizione la rese sospetta in un tempo in cui la superstizione dominava e le donne che detenevano conoscenze non religiose venivano percepite come una minaccia.
Della sua vita si sa poco: madre, donna rispettata nel paese, finì inghiottita da un sistema inquisitorio che non ammetteva il dissenso né l’autonomia femminile. Dopo la condanna, il suo destino rimane avvolto nel mistero. Non è noto se abbia mai fatto ritorno a Seui, dove le furono confiscati tutti i beni.
La sua storia, però, non è andata perduta. A Seui, nel museo S’Omu ’e Sa Maja, un’antica abitazione che conserva testimonianze delle pratiche magico-religiose dell’Isola, Catalina Lay ha trovato una sorta di riscatto postumo. Le guide dei Musei di Seui, insieme alla cooperativa S’Eremigu, raccontano con passione e dovizia di particolari la sua vicenda, restituendole dignità e umanità. La visita alla struttura è un’esperienza intensa e immersiva, che merita di essere vissuta per comprendere a fondo una parte oscura e spesso rimossa della nostra storia.
Nel 2024, la figura di Catalina è tornata a vivere sullo schermo. Le sue vicende sono state al centro del cortometraggio La levatrice, diretto dal regista albanese Mateo Çili e interamente girato a Seui. Il film, presentato al festival itinerante Cinemadamare, ha vinto il premio come miglior produzione, contribuendo a far conoscere una storia rimasta per secoli ai margini. A interpretare Catalina è stata l’attrice sarda Camilla Vargiu, originaria di Domus de Maria, che con sensibilità e intensità ha dato voce a una donna schiacciata dall’ignoranza e dalla paura, ma mai dimenticata.
Dopo più di quattrocento anni di silenzio, Catalina Lay parla ancora. E grazie al cinema, alla memoria storica e all’impegno culturale di chi custodisce la sua storia, la sua voce continua a farsi sentire.

S’omu de sa maja, Catalina Lay PH Michela Girardi
.
© RIPRODUZIONE RISERVATA