La lettera: “Mio figlio positivo da 3 giorni, l’Ats non ci chiama, scuola e sindaca li ho avvisati io”
Come dobbiamo comportarci se scopriamo di avere una caso positivo in famiglia? Non siamo medici, né scienziati, né dirigenti scolastici, né amministratori pubblici. Dunque aspettiamo che sia l'autorità competente a guidarci. Ma cosa succede se l'autorità in questione non si fa sentire per giorni? Una mamma alle prese con questa esperienza ci racconta le sue preoccupazioni
Sono una mamma che vive una cittadina dell’hinterland cagliaritano. Ho firmato questa lettera ma per tutelare i miei figli chiedo che non venga reso pubblico il mio nome. Tutto è iniziato quando ci è arrivata una mail in cui ci veniva comunicato che uno dei nostri figli, che frequenta le scuole medie si doveva sottoporre al test per la positività da covid al Centro di via Romagna: un altro studente della sua classe era risultato positivo, dunque tutta la classe doveva stare in quarantena e sottoporsi al tampone.
Naturalmente nei limiti determinati dalla convivenza familiare, ho cercato di tenere il più possibile a distanza mio figlio dai fratelli, in attesa del responso. La mail è arrivata lunedì, martedì il tampone e venerdì l’esito: positivo. A questo punto oltre al prevedibile panico iniziale, rispetto al resto della famiglia, è arrivata l’attesa snervante di comunicazioni.
Intanto, convinta che l’Ats o che chi per loro mi avrebbe di lì a pochissimo contattata, ho cominciato a pensare a quali posti e quali persone mio figlio avesse incontrato, prima della quarantena, perché essendo totalmente asintomatico ha svolto la normale vita di tutti i giorni. Le ore passavano e nessuno mi diceva cosa fare.
A quel punto il nostro senso di responsabilità ha prevalso, e senza creare inutili allarmismi ho deciso spontaneamente di mettere in quarantena la famiglia e ovviamente ho prenotato il tampone ( a pagamento, perché dall’Ats non arrivava segno di vita) per me e mio marito. Abbiamo un’attività in cui i guadagni maggiori si fanno nel fine settimana e ovviamente data la situazione, non abbiamo lavorato e nemmeno guadagnato.
Ho avvertito la scuola degli altri figli, ho avvertito la sindaca. Ho poi avvisato le persone che per diverse ragioni, sebbene protette e nel rispetto di tutte le misure anti-covid, sono entrate in contatto con noi. Alcuni a loro volta hanno deciso di autoisolarsi fi all’esito del tempone, ma a valanga anche per loro si è creata la stessa catena di dubbi: chi avviso? E se poi creo allarme e invece sono negativo?
Non stiamo lavorando, ci pagheremo i tamponi di tasca perché non possiamo permetterci di aspettare che l’Ats si muova, non sappiamo come regolarci con i possibili nostri contatti. Senza contare che nemmeno dalle istituzioni locali è arrivato un segno di solidarietà. Teoricamente anche la spazzatura va buttata in un modo diverso, ma nemmeno su questo ci è stato detto nulla. È vero che questa pandemia è difficile per tutti, che non era prevista e prevedibile, ma lasciare le famiglie per giorni in questi dubbi è inaccettabile.
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