Prima il libro di testo, ora la grafica di Immuni: uomini, vi stanno facendo fare una figuraccia

Il Governo ha già annunciato che cambierà la grafica della app Immuni, dopo le polemiche che ha scatenato: lo stereotipo anacronistico della donna che tiene in braccio un bimbo e il papà che lavora al PC. Ma la figura del padre che non si occupa dei figli non è più offensiva di quella della donna che non lavora? Uomini adesso la rivoluzione dovete farla voi
In un libro di testo destinato agli studenti della prima media per spiegare il calo demografico nel nostro paese, tra le cause che l’hanno determinato, l’unica che si cita è l’emancipazione femminile. Cioè si afferma che tra le ragioni del fatto che nascono meno bambini c’è il fenomeno dell’emancipazione della donna che con l’accesso all’istruzione e dunque al mondo del lavoro, non potendo occuparsi dei figli a tempo pieno, ne fa meno. “Avendo conquistato un crescente accesso all’istruzione superiore e al lavoro, esse incontrano oggi difficoltà nel conciliare gli impegni extra-familiari con la cura di molti figli il cui numero si è in media ridotto” così recita un testo sul quale si dovrebbero formare le nuove generazioni.
Come se non bastasse la grafica scelta dal Governo per la app Immuni, quella che serve per tenere sotto controllo i contagi da coronavirus, purtroppo non è immune dal virus dello stereotipo: infatti illustra un simpatico quadretto familiare dove il papà lavora al PC e la mamma culla un neonato. Apparentemente a essere discriminate sono le donne nel primo caso, aberrante, se si pensa che il concetto lo si sta inculcando nelle giovanissime menti degli undicenni. Intanto è scientificamente sbagliato, la causa del calo demografico infatti risiede principalmente nell’incertezza economica e nel precariato del lavoro che caratterizza la nostra epoca, che spinge uomini e donne a procreare sempre più tardi di fatto precludendo per raggiunti limiti di età, la possibilità di fare più di un figlio. Sarebbe dunque stato opportuno citare questo fenomeno almeno come concausa.
Il fatto che una donna che lavora, tendenzialmente faccia meno figli corrisponde alla realtà, ma è il presupposto che è sbagliato: non è l’emancipazione, ma la società che non si è adeguata all’emancipazione femminile, il problema. Non è la donna che ha deciso di lavorare, il motivo per cui si fanno pochi figli, ma il fatto che non c’è nessun supporto per le donne lavoratrici che fanno figli. Non è lei che ha “difficoltà nel conciliare gli impegni extra-familiari con la cura di molti figli” è la società che la costringe ancora, nel 2020 a dover scegliere tra maternità e lavoro. Viviamo in un paese che chiede alle donne nei colloqui di lavoro se hanno figli, se intendono farne, che le costringe a firmare un foglio in bianco che ricomparirà alla prima gravidanza sotto forma di dimissioni volontarie. In Italia non ci sono abbastanza asili nido, solo per fare un esempio. Il problema non è l’emancipazione, è il paese in cui capita di emanciparsi.
Ma la domanda delle domande è: uomini dove siete? Non vi sentite offesi da un immagine che vi raffigura attaccati a un PC mentre voi i pannolini li cambiate sempre? Non vi sentite messi da parte quando in un testo scolastico si parla solo delle donne e delle loro colpe o incapacità? Non vi dà fastidio che ai vostri figli si insegni che le loro madri non sono in grado di tenere testa a tutti gli impegni di lavoro e di famiglia perché sono lasciate sole a svolgere questo compito. Non vi indigna passare per gente che se ne frega della fatica della propria compagna? Perché questo emerge dagli stereotipi che ancora vengono reputati validi dalla società moderna. Solo che le donne ormai sono troppo avanti, le rivoluzioni le hanno già fatte, non chiedono aiuto, chiedono condivisione, vorrebbero dividere a metà tutto: lavoro, fatica, responsabilità. Quindi fatela voi la rivoluzione, protestate, sentitevi offesi, che voi quel neonato lo sapete cullare benissimo, tanto quanto la vostra compagna sta stare al PC.

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