Cortometraggio Fradi miu: a Villagrande più di 60 aspiranti attori e comparse

60 e oltre gli aspiranti attori e comparse che hanno partecipato al Casting Call per il cortometraggio del regista ogliastrino Simone Contu a Villagrande. Le audizioni si sono svolte presso l’aula consiliare del comune, in via Roma.
60 e oltre gli aspiranti attori e comparse che hanno partecipato al Casting Call per il cortometraggio del regista ogliastrino Simone Contu a Villagrande. Le audizioni si sono svolte presso l’aula consiliare del comune, in via Roma. I partecipanti, schedati, hanno sfilato di fronte al fotografo. Ad ottobre si scoprirà chi avrà una possibilità di approdare sul set del regista.
Il cortometraggio sarà prodotto dalla MOMMOTTY Srl, casa di produzione audiovisiva e cinematografica con sede in Sardegna.
È stata data la massima disponibilità da parte di tutta l’Amministrazione Comunale per garantire un evento di ampio respiro sia culturale che sociale. Accompagnati dagli amministratori, il regista e il suo staff hanno potuto reclutare facce nuove per le vie del paese e nei locali pubblici. In altra data ci sarà la ricerca e la scelta di una location adatta per girare il cortometraggio.
«Il progetto vuole rappresentare un’occasione originale ed efficace di promozione del territorio» spiega l’assessore all’Ambiente arch. Antonello Loi che, insieme all’assessore ai servizi sociali- istruzione – cultura – turismo Avv. Marcella Lepori, ha partecipato in prima persona ai casting e collaborato al reclutamento degli aspiranti attori. La grande affluenza degli abitanti è segno di una rinnovata sensibilità culturale e sociale spiegano entrambi.
Il Regista e sceneggiatore jerzese con la realizzazione del film pone l’obiettivo di interrogare e sensibilizzare le comunità rispetto ai fatti di violenza ancora diffusi in Sardegna anche nei confronti di amministratori pubblici ed esponenti della società civile.
Il lavoro proseguirà in altri paesi dell’Ogliastra e del nuorese e ci vorrà collaborazione e tanto lavoro per ottenere un buon risultato.

Il regista Simone Contu in una scena del film
INFORMAZIONI SUL PROGETTO
Un pastore deve vendicare la morte del fratello maggiore, ucciso molti anni prima sotto i suoi occhi di adolescente. Ma la vendetta non si addice al suo senso delle cose.
“Fradi miu” è un cortometraggio di finzione i cui fatti accadono nella Sardegna centrale ed i cui protagonisti appartengono alla comunità agro-pastorale; la storia è di ambientazione contemporanea con alcuni flash back risalenti agli Anni Novanta.
La morale che questa storia intende consegnare al proprio pubblico è che il delitto di sangue non ripristina l’onore leso e riequilibra un ordine incrinato ma sporca le vite degli uomini, trasformando il presunto giustiziere nel male stesso che intende combattere.
Questa storia – che intende avere un carattere di “impegno” in ambito civile e sociale – parte dall’assunto che spesso i dettami del codice barbaricino vengono utilizzati come alibi a giustificazione di agiti omicidiari prodotti da un malinteso senso della balentìa e della virilità, prodotto da una fascinazione per una cultura guerriera impregnata di ideali romantici e falsamente mitizzati. Dinamiche queste che ben poco hanno a che vedere coi valori ed i dettami autentici del codice non scritto delle comunità sarde dell’interno, che in primis prescrive una risoluzione pacifica dei conflitti attraverso l’istituto della riconciliazione. Sos homines de mesu e Sos homines de ‘apu sanno quanto il sangue sporchi indelebilmente le mani ed, anziché ristabilire la giustizia (perché non è detto che ripristinare l’onore offeso necessariamente equivalga a ristabilire la giustizia), altro non inneschi se non una spirale interminabile di dolore, morte e ritorsioni.
Il film si pone l’obiettivo di interrogare e sensibilizzare le comunità sarde rispetto ai fatti di violenza (spesso con agiti omicidiari) ancora, purtroppo, diffusi in Sardegna, anche nei confronti di amministratori pubblici ed esponenti della società civile.
L’intento – con delle proiezioni pubbliche mirate nei paesi della Sardegna – è quello di avviare percorsi di riflessione interna alle comunità portando il focus sulla questione identitaria, i nuovi assetti sociali e le tematiche ad essi connesse (quali per esempio lo spopolamento ed il degrado delle zone interne, il rapporto tra economie locali e nuove opportunità di sviluppo, le possibilità concrete di un rafforzamento della coesione comunitaria con un recupero attivo del controllo sociale, gli interventi di servizio sociale di comunità).
Quale modello civico, quale qualità di democrazia possono esprimere le nostre comunità locali? Come intendere il rapporto tra cittadino ed istituzioni affrontando la spinosa questione delle violenze e degli atti intimidatori agli amministratori locali, l’incapacità di gestire la rabbia ed il dissidio nelle dinamiche tra privati?
È questa un’operazione socio-culturale che esige l’avvio di una partnership solida e strutturata con enti ed istituzioni locali, ma anche un’idea narrativa potente e per nulla scontata.
Relativamente al paradigma narrativo ed al taglio da dare a questo racconto, e quindi anche nella scelta del registro narrativo, è bene precisare che in “Fradi miu” l’elemento pedagogico e morale è presente ma non è declinato nei termini dello svolgimento didascalico.
Gli autori sono convinti che la violenza, più che esorcizzata e ridotta a tabù, vada mostrata e sperimentata (sul piano narrativo ovviamente ma non certo praticata o auspicata nella vita reale) per poter elaborare e derivarne un’alternativa di condotta intesa come dovere civile, valore morale ed elevazione dello spirito.
Allo stesso tempo, è stata avviata una serie di “letture tecniche di verifica” presso alcune rappresentative comunità agro pastorali dell’isola e tra detenuti condannati per omicidi maturati nel contesto culturale oggetto del racconto, in modo da apportare focus e migliorie ai fatti narrati, nel pieno rispetto delle comunità che si intende rappresentare e raccontare, e delle esperienze dolorose e laceranti cui sono riferite le vicende.
Il valore aggiunto di questo progetto è costituito da una progettazione e strutturazione che si potrebbe definire “dall’Interno”, cioè referente – oggetto della narrazione e destinatario della stessa coincidono: la forza di questa scelta consiste nel forte coinvolgimento da parte delle comunità e nella dinamica che potrà innescare il racconto: costruire uno sguardo in cui non vi siano elementi considerati esterni per favorire un clima autentico di confronto e riflessione comunitaria.
In questo specifico caso il messaggio verrà affidato ad un pastore, esponente della comunità e della cultura pastorale, mosso da ragioni apparentemente più che legittime (deve vendicare la morte del fratello ucciso) ma che deciderà di non uccidere nel momento in cui comprenderà che la vita è complessa, ha una serie di pesi e contrappesi in cui il sentimento dell’odio, della rabbia, della giustizia negata si accompagna e si fonde con aspetti molto pratici e profondi della vita, innervati a considerazioni e situazioni inaspettate, dinanzi alle quali il detto “mantene s’odiu, ca s’occasione non mancat” perde di forza e trasforma il rapporto vittima carnefice, rivedendone la natura e le dinamiche di relazione. Ed il vero balente è colui che saprà conquistare questa consapevolezza ed orientare la propria azione. Non tanto in nome della tradizione, della cultura, della legge di Dio ma in nome di una laicissima pietas umana, di uno spirito di concordia e pace, di armonia comunitaria e bene collettivo che animava l’azione degli homines de ‘apu o de corona e che sarebbe importante riscoprire ed auspicare come tratto attuale delle nostre comunità. Una nuova coesione sociale, interna alle nostre comunità, potrebbe derivare da questa consapevolezza e dall’aggancio a ciò che siamo stati in passato, indicato ed espresso come elemento di virtù civile e comunitaria. Il cinema e l’affabulazione del racconto cinematografico non hanno la forza di stravolgere o strutturare ma certamente possono essere latori di un messaggio e capaci di lasciare un segno, o quantomeno far sì che ci si alzi dalla propria sedia con un dubbio ed una speranza in più.
Questo progetto intende ispirarsi alle cinematografie di Vittorio De Seta (Banditi a Orgosolo), Krysztof Kieslowski (Decalogo 5 – Non uccidere), Giovanni Columbu (Arcipelaghi), Salvatore Mereu (Sonetaula) e Francesco Munzi (Anime Nere).
Questi film sono di riferimento ed ispirazione per le tematiche antropologiche trattate, il sentimento del tragico e la qualità del lavoro attoriale messo in campo.
In particolare il film di Kieslowski, profondamente meditato, soprattutto nelle sequenze in cui viene compiuto l’omicidio del tassista, ha suggerito l’idea di mettere sullo stesso piano gli omicidi della storia (come se innocente e colpevole fossero categorie che vengono annullate nell’atto in cui si uccide).
Dato l’impegno civile e sociale, di notevole importanza, ai fini della circuitazione del film, è il partenariato istituzionale, attualmente in fase di definizione con ANCI Sardegna (patrocinio già ottenuto), il Ministero della Giustizia ed il Dipartimento della Giustizia minorile e di comunità, l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Nuoro, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Nuoro, le Diocesi di Nuoro e Lanusei, il Distretto Culturale Nuorese. Altro aspetto importante è la partnership col network Liberos, che abbinerà la circuitazione del film ad incontri mirati con autori e riferimenti alla produzione letteraria di tema affine innestando l’operazione culturale all’attività di promozione e crescita della consapevolezza sociale e comunitaria grazie alla condivisione di testo filmico e letterario. Liberos si presenta infatti come circuito di persone ed enti che credono che la lettura e la fruizione di testi (e letterari e cinematografici) in Sardegna sia un elemento di coesione identitaria all’interno delle comunità e che le energie e le competenze che si muovono intorno al testo letterario siano fonte di coesione sociale, ricchezza economica e consapevolezza civica.
In collaborazione con queste istituzioni si darà vita ad una circuitazione ad hoc con proiezioni ed incontri pubblici nelle comunità dell’isola (l’intento è di abbinare le proiezioni ed i dibattiti alla presenza di figure che siano state protagoniste delle cronache giudiziarie regionali nell’arco dell’ultimo mezzo secolo, nonché amministratori locali ed esponenti della società civile).
A questi fini sarà inoltre strategica la partnership con la SOCIETA’ UMANITARIA – Cineteca Sarda e dell’Ufficio Scolastico regionale per la Sardegna.

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