Altri tre “dicius ogliastinus”, perle di conoscenza e di esperienza sempre utili nella vita di tutti i giorni. Una ricchezza culturale che non apprezziamo quanto meriterebbe e che inesorabilmente stiamo perdendo.
Continuiamo nel proporre questi detti perché convinti dell’importanza della memoria storica del popolo sardo, delle “scintille del passato” sulla visione che si aveva del Mondo.
Ricordiamo: in base alla zona e alla parlata locale, i “dicius” potrebbero essere conosciuti in maniera differente a come li abbiamo riportati.

Pagu genti bona festa. Poca gente buona festa.
Uno dei detti forse più diffusi in tutti la Sardegna non solo in Ogliastra. Una sorta di antica massima che non conosce l’usura nel passare del tempo.
Quando una festa è troppo affollata risulta più difficoltosa la riuscita, in quanto è cosa certa il fatto che il numero di persone maggiore porti una percentuale di individui di “qualità” e indole più difficilmente controllabile.
Al contrario quando nelle occasioni di festeggiamenti il numero di persone è minore – e si tratta di individui più conosciuti –, le “teste calde” sono più gestibili e meno libere di creare problemi. Ovviamente una festa che richiama un numero esiguo di partecipanti non è per forza riuscita: potrebbe persino rischiare di essere soporifera più che tranquilla.
Corrinu ‘e molenti non bessit a celu. Raglio di asino non sale in cielo.
Questo detto usa una metafora per descrivere coloro che danno giudizi senza avere l’autorevolezza o la conoscenza sulla materia trattata, ma anche chi accusa una persona calunniandola o diffamandola senza nessuna base di verità. Con l’utilizzo dei social network a livello globale da parte di milioni di individui, questa sentenza popolare appare molto attuale.
La metafora può essere utilizzata anche per qualificare legittime rivendicazioni, fatte da persone non prese in considerazione perché ai margini della società. Anche le persone che portano avanti proteste non giustificate e non hanno una buona reputazione rischiano di incorrere nel verso dell’asino dell’antico motto.
Chini tenit bingia tenit tingia. Chi ha vigna ha tigna.
Questo proverbio in rima baciata spiega sinteticamente la dura condizione del vignaiolo. Testimonia i duri sacrifici che è costretto ad affrontare per portare avanti la coltivazione della vite, con la consapevolezza che non si è mai sicuri di raccogliere i frutti a causa delle cattive annate o altre incognite imprevedibili come l’ingresso di animali all’interno del proprio fondo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA