Senza reggiseno per Carola Rackete: sabato 27 luglio è #freenipplesday

Due ragazze di Torino lanciano l'iniziativa: #freenipplesday. Per un giorno, s'invitano le donne a svestirsi del reggiseno per supportare Carola Rackete, la capitana della Sea Watch finita "sotto accusa" per non aver indossato il capo intimo in procura.
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A lezione, a far la spesa, in città e, perché no, anche in ufficio purché senza reggiseno. Sabato 27 luglio è stato indetto il #freenipplesday, la giornata che, anche in supporto a Carola Rackete, la capitana finita nel mirino per essere andata in procura senza indossare il capo intimo, punta ad affermare il diritto per le donne di scegliere come vestirsi, senza essere giudicate. L’iniziativa, come riportato da Repubblica, nasce da due ragazze di Torino, Nicoletta Nobile e Giulia Trivero, ma la location dell’evento è tutto il mondo: l’invito, infatti, è alle donne a non indossare il capo nella loro quotidianità così da normalizzare un dettaglio che è finito più volte sotto ai riflettori gridando allo “scandalo”.
“La protesta nasce con l’intento ironico e provocatorio ma con un obiettivo non così leggero: viviamo un momento in cui, gridando allo scandalo, il dibattito politico viene oscurato da dettagli che puntano a distrarre dai veri contenuti e che, allo stesso tempo umiliano, le donne, demonizzando il corpo femminile”, spiega Nicoletta Nobile che con Giulia Trivero, coinvolgendo anche altre colleghe della scuola di teatro di Ert – Laboratorio permanente per l’attore, hanno ideato l’iniziativa.
Quando hanno letto delle polemiche scatenate sul caso di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 “siamo rimaste sconvolte e sconfortate. Abbiamo deciso di muoverci e organizzare qualcosa che però non doveva essere violenta ma spontanea e naturale, come lo è non indossare il reggiseno. Una scelta che ogni donna può fare, non c’è scandalo e non c’è volgarità”. Così, per un giorno, l’invito è alle donne a svestirsi del capo di abbigliamento nella loro quotidianità. “Per dire che non ci importa dei tentativi di spostare l’attenzione, e che oggi siamo consapevoli che il dissenso diventa torto per la veemenza con cui si incita all’odio, facendo appiglio sul senso comune”, aggiunge.
L’evento è stato pubblicato sui social, tra le persone che hanno aderito c’è stata anche qualche critica e chi ha contestato la scelta “perché mica si può andare in giro nudi”. Ma in tanti, come assicura Nicoletta Nobile, “ci stanno sostenendo. Anche molti uomini che hanno proposto una versione maschile, come andare in giro con il reggiseno. Per quanto ci riguarda, qualsiasi iniziativa non violenta che voglia essere di supporto è ben accetta per sensibilizzare. Abbiamo anche parlato di incontri di discussione, chi vuole è libero di farlo ma il nostro obiettivo è portare la protesta nella quotidianità. Come unirsi? Basta non indossare il reggiseno sotto gli indumenti per un giorno“.

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Tortolì, corteo in sostegno alla Palestina: dalla Sardegna un grido contro guerra e oppressione

Il 20 settembre Tortolì diventerà teatro di una manifestazione organizzata dalle Bruxas Ogliastrinas in solidarietà con il popolo palestinese. L’appuntamento è fissato alle 18 in piazza Fra Locci e intende richiamare l’attenzione su un conflitto che da decenni insanguina il Medio Oriente e che, secondo le promotrici, coinvolge indirettamente anche la Sardegna.
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Tortolì, corteo in sostegno alla Palestina: dalla Sardegna un grido contro guerra e oppressione.
Il 20 settembre Tortolì diventerà teatro di una manifestazione organizzata dalle Bruxas Ogliastrinas in solidarietà con il popolo palestinese. L’appuntamento è fissato alle 18 in piazza Fra Locci e intende richiamare l’attenzione su un conflitto che da decenni insanguina il Medio Oriente e che, secondo le promotrici, coinvolge indirettamente anche la Sardegna.
Al centro delle accuse c’è la presenza, a Tortolì, dell’Intermare, cantiere della multinazionale Saipem che ha sottoscritto accordi milionari con Haifa Group, società israeliana attiva nel settore agricolo. Secondo le attiviste, tali contratti appaiono contraddittori in un momento in cui Israele continua a distruggere coltivazioni palestinesi e a minare un’economia agricola che storicamente ha rappresentato la base di sostentamento del popolo palestinese. A questa contraddizione si aggiungono, denunciano, le recenti notizie sulla permanenza in Sardegna di soldati israeliani ospitati per periodi di riposo dopo il fronte di guerra e protetti dalle istituzioni come obiettivi sensibili. Un fatto che, sempre secondo le organizzatrici, stride con le limitazioni imposte a chi protesta contro questa presenza, come dimostrano i fogli di via emessi a Olbia.
Il corteo vuole anche riportare l’attenzione sul ruolo della Sardegna come punto strategico nel settore bellico. L’isola ospita infatti poligoni militari tra i più estesi d’Europa, impianti per la sperimentazione e la produzione di armi, fabbriche di bombe e aree di addestramento. Tutti elementi che, secondo i promotori della manifestazione, legano la regione a un sistema globale di conflitti e di oppressione.
Tra i temi sollevati ci sarà spazio anche per la Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale che intende rompere il blocco navale imposto a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione. Per le attiviste si tratta di un’azione simbolicamente potente, capace di mostrare l’inerzia delle istituzioni e al tempo stesso di restituire speranza a chi crede ancora nella solidarietà, nella resistenza civile e nel diritto all’autodeterminazione.
Gli organizzatori ribadiscono che la questione palestinese non è soltanto politica ma anche sociale e culturale, perché riguarda l’autodeterminazione dei popoli e i diritti fondamentali. Nella loro visione, il colonialismo, il razzismo, l’arabofobia e il patriarcato rappresentano espressioni di un medesimo sistema di oppressione, contro il quale è necessario schierarsi.
Il corteo di Tortolì si inserisce dunque in un contesto di mobilitazioni che attraversano l’Europa e il mondo, con l’obiettivo di tenere viva l’attenzione sulla Palestina e di affermare un messaggio che le organizzatrici sintetizzano con una sola espressione: Palestina libera.

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