Accadde oggi. 28 giugno 1989: in un pozzo viene trovato il corpo della 16enne Gisella Orrù, uccisa con una stilettata al cuore
La terribile storia dell'omicidio di Gisella Orrù, la ragazzina uccisa e gettata in un pozzo a Carbonia nel 1989
Il 28 giugno del 1989, in un pozzo nelle campagne del Sulcis, fu trovato il corpo di Gisella Orrù, una giovane di soli 16 anni di Carbonia. La ragazzina viveva con la nonna, alla quale era stata affidata dal padre insieme alla sorella minore, dopo la separazione dei genitori.
Quella maledetta sera, Gisella si trattenne in centro con degli amici, che la videro per l’ultima volta mentre si incamminava tranquilla verso casa. Ma a casa non arrivò mai. L’indomani la nonna di Gisella, preoccupatissima per il mancato rientro della nipote, ricevette una strana telefonata: “Gisella è con noi, sta bene”. Poche ore dopo la nonna materna si sentì dire al telefono una cosa molto simile. Ma probabilmente la ragazzina era già stata uccisa e gli assassini – con quei contatti telefonici – desideravano prendere tempo.
Partirono le indagini e le ricerche a tappeto, finché il 7 luglio 1989 i carabinieri trovarono in fondo a un pozzo – a Punt’e Trettu, poco lontano da San Giovanni Suergiu – un corpo femminile, nudo, bianco. Era il corpo di Gisella, uccisa con uno spillone nel cuore.
Delle telefonate anonime mettono le forze dell’ordine sulle tracce degli assassini. Scattano così le manette per quattro persone: Salvatore Pirosu, il vicino di casa della nonna, il meccanico Licurgo Floris, Giampaolo Pintus, tossicodipendente e Gianna Pau, una prostituta.
Tra i quattro è Pirosu a confessare. Sarebbe stato lui – sostiene – a prelevare Gisella con un pretesto e a condurla in un boschetto dove gli altri due uomini avrebbero tentato di violentarla. Gisella li avrebbe respinti fuggendo via nuda, allora i due l’avrebbero inseguita, colpita alla testa, finita con una stilettata al cuore e scaraventata nel pozzo. Pirosu e Gianna, secondo la testimonianza, non avrebbero preso parte all’omicidio.
Ma la versione di Pirosu non quadra e gli esami scientifici confermano l’inconsistenza della sua versione. Tre gradi di giudizio condannano Pirosu e Floris, che continuerà ostinatamente a proclamare la sua estraneità ai fatti, mentre viene stralciata la posizione di Pintus (che muore di AIDS poco dopo) e della Pau.
Nelle aule giudiziarie il caso finisce lì ma a Carbonia resta la convinzione che Gisella fosse incappata in un giro di festini a base di droga e sesso nelle sontuose ville di personaggi molto in vista a Carbonia.
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