Aurora Murgia, 17enne villagrandese, racconta la sua brutta avventura: «Ringrazio i medici che mi hanno salvata»
La villagrandese Aurora Murgia ha diciassette anni, l’aria un po’ pallida di chi se l’è vista brutta ma l’entusiasmo e la forza di chi sa che nella vita non va sprecato nemmeno un attimo.
La villagrandese Aurora Murgia ha diciassette anni, l’aria un po’ pallida di chi se l’è vista brutta ma l’entusiasmo e la forza di chi sa che nella vita non va sprecato nemmeno un attimo. «È una delle cose a cui penso di più,» racconta «il giorno dell’ultima partenza per il Pronto Soccorso mio padre mi ha comprato una piccola liquirizia. L’ho lasciata lì, mi sono detta “Ma sì, la mangerò dopo”. L’ho rivista quasi due mesi dopo!»
Sì, perché la vicenda di Aurora è particolare.
«Erano circa due settimane che mi sentivo male, sembrava influenza. Dormivo seduta perché non riuscivo a sdraiarmi, starnutivo di continuo, ero spossata. Comunque, non mi fermavo. Mi avvolgevo con una bella sciarpa e partivo per andare a scuola ogni mattina. Ho iniziato ad allarmarmi quando sono iniziati i dolori al collo che si riflettevano sulla spalla» continua la studentessa «a quel punto ho chiesto che venisse chiamata la guardia medica. Ci sono state alcune visite, ma nessuno ha capito che ci fosse un problema più grave. I dolori venivano associati alla postura».
A quel punto, un primo viaggio al Pronto soccorso del nosocomio lanuseino va a vuoto. Ma Aurora sta troppo male, viene portata una seconda volta. A quel punto, qualcuno dubita: non può essere solo influenza, c’è qualcosa di più.
«Una dottoressa ci mandò a fare la lastra, già lì il tecnico ci fece spaventare un po’: c’era un versamento pleurico, probabilmente associato al cardiaco. L’ecografia che ho fatto dopo ha lasciato perplesso il medico: il liquido era tanto. Lui voleva drenarlo subito, il Primario però decise che era meglio trasferirmi in una struttura che fosse pronta a ogni tipo di emergenza. Così sono stata trasferita al Brotzu».
Chirurghi, anestesisti, specializzandi: Aurora si impressiona un poco.
«Parlavano dell’atrio destro collassato. Io, avendo qualche conoscenza di Biologia, ho capito press’a poco di cosa si parlava. Mi avrebbero operata quella notte stessa! A quel punto è arrivato l’anestesista con un grosso fascio di fogli: ho chiesto se potessi leggere tutte le clausole prima di firmare, ma lui mi ha spiegato le cose e allora mi sono tranquillizzata».
Ci tiene, prosegue nel racconto, a ringraziare i cardiologi dell’Ospedale di Lanusei e i medici del reparto di Cardiologia, di Cardiochirurgia e di Cardioanestesia del Brotzu: «Soprattutto» dice «il medico che mi ha operata».
Ma il tunnel non è ancora finito per Aurora: ben presto ci si accorge che sta respirando con solo metà polmone.
«Mi hanno detto: “Dobbiamo drenare questo liquido!” e io ne sono stata ben felice, erano giorni che respiravo a fatica, in modo molto veloce e non completo. Hanno chiamato il chirurgo toracico, una dottoressa molto brava. Prima sono usciti 900 millilitri di liquido, quindi 500 e poi altri 100. La saturazione era a 84, ero al limite» racconta, alzando gli occhi al cielo «Inoltre si sono accorti che un piccolo versamento c’era anche nell’altro polmone. Non ne uscivamo più!»
Dal cuore, dice, sono stati tolti 800 millilitri di liquido, 550 in sala operatoria e il restante a caduta.
Si pensa che tutto sia stato causato da un virus influenzale.
«Tutti eravamo preoccupati» rivela la nonna «io vedevo che non stava bene, era troppo triste: prima stava sempre cantando, ballando e studiando, in quel periodo no».
«Una delle cose che ricordo con maggior chiarezza» continua Aurora «è stato il fatto di aver pensato “C’è qualcosa che non va!” guardandomi le dita, poco prima di essere ricoverata. Erano marroncine. Stava iniziando a mancare l’ossigeno».
Ora si trova a casa, deve fare qualche altro esame e controllo.
«Cerco di studiare, anche se la concentrazione non è al massimo» rivela «In ogni caso proverò a recuperare!»
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