Ogliastrini nel mondo. Rebecca Lai, da Tortolì all’America tra pallavolo e università
Rebecca Lai, 20 anni, di Tortolì, vive da quasi due anni a Manchester, una cittadina a 40 minuti da Boston, negli Stati Uniti; frequenta l’università e fa parte della squadra di pallavolo.
Rebecca Lai, 20 anni, di Tortolì, vive da quasi due anni a Manchester, una cittadina a 40 minuti da Boston, negli Stati Uniti. Frequenta l’università e fa parte della squadra di pallavolo.
«Gli Stati Uniti sono arrivati un po’ per caso: avevo letto un articolo su una ragazza che aveva vinto una borsa di studio per giocare a pallavolo negli USA e, anche se non me ne sono accorta subito, quella è stata la svolta. Ho iniziato cercando qualche informazione nel tempo libero e caricando, senza darci troppo peso, una mia partita di pallavolo su una piattaforma dove gli allenatori americani cercano le atlete. Dopo qualche tempo, ho ricevuto alcuni feedback e, da quel momento, ho cominciato a credere che fosse realmente possibile».
Vincitrice di due borse di studio, una accademica e una sportiva, non ha saputo dire no, quando il suo attuale allenatore, allora un perfetto sconosciuto, le propose di trasferirsi in America per intraprendere un percorso ‘diverso’ da quello intrapreso dalla maggior parte delle sue coetanee dopo il liceo. Infatti, grazie a quest’opportunità dall’altra parte del mondo, Rebecca è riuscita a unire le sue due più grandi passioni: lo studio, in vista di una carriera lavorativa, e la pallavolo.
All’università studia “Marketing e Business” e frequenta un corso di specializzazione che la introdurrà nel mondo dove, da sempre, sogna di lavorare: quello della moda. «E’ accaduto tutto così velocemente, che non ho nemmeno avuto il tempo di realizzarlo. Da un giorno all’altro mi sono ritrovata dall’altra parte del mondo, in un posto del quale ignoravo completamente l’esistenza. Inizialmente non è stato semplice, lo ammetto, ma grazie al supporto delle mie nuove compagne di squadra, è andata sempre meglio. Non ho avuto grandi difficoltà con la lingua, ma riconosco che seguire lezioni universitarie e preparare esami in una lingua diversa, inizialmente, è stato parecchio faticoso».
Adesso Rebecca è felice, ha trovato il proprio equilibrio e si è abituata alla sua nuova vita, nonostante questa abbia un ritmo frenetico. Infatti, alterna gli allenamenti di pallavolo alle lezioni all’università e allo studio a casa, ma nonostante questo, tornando indietro, accetterebbe di nuovo senza pensarci due volte.
«È un’esperienza che ti aiuta a crescere sotto tutti i punti di vista, non solo lo studio, non solo la pallavolo; è una cosa che ti cambia. Mi ha arricchita e continua a farlo, ogni giorno». Il sistema scolastico italiano e quello americano sono, però, molto differenti tra loro. La scuola italiana, come Rebecca stessa racconta, è molto più incentrata sulla parte teorica dell’apprendimento, mentre gli studenti americani vengono subito messi sul campo, per testare con mano tutto ciò che hanno precedentemente studiato.
Un’altra differenza tra l’università italiana e quella frequentata da Rebecca è il numero di studenti per ‘classe’. Una normale ‘classe’ universitaria, in Italia, è composta, quasi sempre, da almeno un centinaio di persone, mentre nell’università di Rebecca si tratta di una classe simile a quella delle scuole superiori, con circa venti studenti, che intrattengono con i professori molte relazioni inter-personali. Differenza importante è data anche dalla modalità di verifica delle conoscenze: mentre nelle università italiane ci sono determinati periodi dell’anno in cui si concentrano gli esami, in America i professori svolgono verifiche costanti per testare la preparazione degli studenti, sottoponendo diversi compiti a cadenza regolare. Anche per quanto riguarda il mondo sportivo, ci sono differenze notevoli tra il modo di concepire lo sport in Italia e, più specificamente, in Ogliastra, e la visione americana che racconta Rebecca.
«Purtroppo è tutto un altro mondo! Se in Italia avevo l’impressione che la sfera accademica e quella sportiva si contrastassero troppo, in America ho scoperto che le due possono rafforzarsi a vicenda. Più volte i professori italiani hanno ‘ostacolato’ la mia carriera sportiva, probabilmente a causa del fatto che spesso gli atleti vengono visti come nullafacenti. Qui, invece, ci sono tante agevolazioni che offrono ai giovani la possibilità di eccellere in entrambi i campi».
I progetti di Rebecca per il futuro sono tanti e sono ambiziosi: vorrebbe unire la passione per il marketing e il business a quella per la moda. Per questo motivo ha affidato la prima parte dei suoi studi agli americani, ma vuole tornare in Italia per specializzarsi nel campo della moda, essendo, il nostro, un Paese molto qualificato in questo settore. Per quanto riguarda la Sardegna, invece, Rebecca non crede che la regione possa offrirle il futuro lavorativo che desidera, ma è fiera delle sue radici e sente spesso la mancanza di casa.
«Non mi piace dire che ho lasciato la Sardegna, perché, anche se non definitivamente, tornerò sempre nella mia terra: l’Ogliastra mi manca più di quanto potessi immaginare! E’ proprio vero che a volte devi ‘perdere’ quello che hai per apprezzarlo veramente! Oltre a famiglia e amici, sento forte la mancanza del nostro mare, del clima e del sole, cose che ora so apprezzare veramente, visto che vivo in un posto lontano dal mare, in cui le temperature scendono fino a -25°».
Alla domanda “Qual è il tuo sogno nel cassetto?”, Rebecca risponde con determinazione di aver sempre sognato di lavorare per grandi case di moda o testate giornalistiche; non da stilista, ma creando una figura nuova, non ancora del tutto sviluppata.
«Il mio ‘grazie’ più grande va ai miei genitori, che mi hanno sempre incoraggiata in qualsiasi scelta, e a mia nonna, un punto di riferimento senza il quale, oggi, non sarei qui. Non posso ancora sapere se sono sulla strada giusta, so solo che ne ho presa una un po’ diversa dal solito, senza indicazioni e ancora sterrata, ma a volte sono proprio queste strade a portarti a destinazione!».
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