La scrittrice Sara Manca e il suo “Fino a tutta la vita che c’è”. Dall’ispirazione al libro compiuto

La scrittrice Sara Manca e il suo “Fino a tutta la vita che c’è”. Dall’ispirazione al libro compiuto
Sara Manca, scrittrice cagliaritana, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “Fino a tutta la vita che c’è”. In questo libro, dolore e amore. È un percorso di rinascita, quello che deve suo malgrado attraversare Nali, la protagonista. La scossa, come ama chiamarla lei, ha distrutto quello che era il suo equilibrio. Fiore reciso, deve riaffacciarsi alla vita. E quale modo migliore del ritorno ai luoghi dell’infanzia?
Nell’intervista, esordi e sogni, traguardi e progetti futuri.
“Fino a tutta la vita che c’è”, romanzo uscito a giugno 2018, è la sua prima creazione. Cosa ha provato quando ha preso il volo? Quando l’idea si è trasformata in carta e inchiostro, insomma.
Ho provato sentimenti contrastanti, una felicità dal retrogusto amaro. Da un lato c’era la gioia per aver concluso la stesura di una storia che sentivo profondamente, dall’altra l’amarezza per non essere riuscita a darle qualcosa di più del selfpublishing. La scelta di autopubblicare il proprio libro non è mai semplice e spesso è l’unica alternativa possibile per chi vuole far conoscere il proprio lavoro. Chi scrive romanzi lo fa per farsi leggere e apprezzare, se così non fosse si limiterebbe a scrivere un diario da tenere sotto il materasso. Io diffido di chi dice di amare la scrittura in sé e per sé e di non desiderare affatto godere degli effetti collaterali positivi che questa può portare al proprio ego e, a volte, al proprio portamonete.
Cosa prova quando capisce l’amore di chi legge per ciò che lei ha creato?
Non ho avuto moltissime recensioni, il mondo delle recensioni è un po’ particolare e dai confini poco chiari. Quelle positive che ho ricevuto mi hanno fatto molto piacere e alcune mi hanno fatta sorridere perché hanno colto sfumature a cui io non avevo minimamente pensato. Ho ricevuto anche due recensioni negative piuttosto velenose e non nascondo che mi hanno colpita perché sembravano rivolte a me come autrice più che al romanzo in sé. La libertà di opinione è una conquista da difendere sempre e comunque, ma c’è una grande differenza tra un giudizio negativo su un prodotto liberamente acquistato e una cattiveria gratuita. In ogni caso fa parte del gioco e per poter giocare bisogna saper incassare e andare oltre.
Parliamo dell’ispirazione. Quando e da cosa arriva? I suoi personaggi e le sue vicende hanno a che fare con il suo mondo reale?
L’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento e muove i primi passi sempre dal mondo reale: un profumo, una canzone, una conversazione tra due persone. Ogni cosa nasconde in sé una potenziale storia. Nello specifico alcune caratteristiche ed emozioni dei miei personaggi sono strettamente legate al mio vissuto o al vissuto di chi mi circonda. Nali, la protagonista, in particolare, nasce sulla falsa riga di una persona a me carissima, mentre le sensazioni legate all’ansia e allo smarrimento sono personali.
Come nasce la passione per la scrittura? La Sara Manca bambina sognava già di scrivere?
Da bambina non sognavo di scrivere, non coscientemente. Però scrivevo tanto e ovunque e a scuola prendevo ottimi voti nei temi in classe e nelle composizioni scritte in genere. Credo però che abbia giocato un ruolo fondamentale la mia infanzia in mezzo ai libri.
Dall’idea al libro finito. In cosa consiste questo faticoso percorso?
Non credo che ci sia una risposta univoca. Personalmente posso dire che per scrivere un romanzo ci vuole pazienza. La pazienza dei pensieri e quella delle parole; la pazienza che ogni storia reclama per potersi dispiegare al massimo delle sue possibilità e quella reclamata dai personaggi che hanno bisogno di tempo per poter capire e capirsi. Ci vuole pazienza per l’editing, una parte dolorosa del lavoro perché richiede tagli, correzioni che non credevi, in prima battuta, fossero necessari. Quando il romanzo, su cui hai consumato ore, giorni, mesi è pronto è necessaria una dose maggiore di pazienza: quella richiesta a ogni invio alle case editrici e agenzie letterarie e quella necessaria per assorbire, metabolizzare e superare i rifiuti e il silenzio delle risposte mai pervenute. Insomma è un percorso impervio fatto di chimere, speranze disilluse, false promesse, persone saccenti e intellettuali autodefiniti. Ciò nonostante io credo che ne valga la pena.
C’è chi scrive solo in primavera, chi solo la notte e quando fuori cade la neve. C’è chi ama una determinata stanza, chi invece si lega a una scrivania, magari quella su cui ha scritto qualcosa di importante. Lei ha particolari rituali quando scrive?
Io non ho luoghi orari o manie particolari in riferimento alla scrittura. Scrivo nei ritagli di tempo e annoto idee e “illuminazioni” dove capita. L’unica cosa che faccio sempre è leggere i dialoghi a voce alta per capire se siano stupidi o improbabili.
Per quanto riguarda il finale, lei quando ha iniziato a scrivere aveva già in mente come si sarebbe conclusa la vicenda oppure il quadro si è delineato pian piano
Quando inizio a scrivere solitamente ho un’idea di base o addirittura solo un dialogo. Si può dire che il grosso del lavoro lo fanno i personaggi e il più delle volte non ho idea di quello che succederà. Qualche anno fa scrissi un piccolo romanzo rosa, una storia leggera e senza alcuna pretesa, lo pubblicai prima in self e poi con la collana YouFeel Reloaded. Ricordo che, in corso d’opera, quello che doveva essere un coprotagonista divenne una figura sfuocata sullo sfondo. Quando ho iniziato a scrivere “Fino a tutta la vita che c’è” sapevo solo che sul finale la protagonista in qualche modo si sarebbe riscattata, ma il come è stata lei a raccontarmelo.
La sua protagonista, Nali, soffre tanto, troppo, poi ritorna alla vita. Lei crede nel destino benevolo che mescola le tessere del puzzle per poi, quando meno ce lo si aspetta, rimetterle al proprio posto?
Io credo che il destino ci fornisca la trama, ma siamo noi con le nostre scelte che sviluppiamo le singole scene.
Sembra proprio il dolore a dare una grossa scrollata a Nali, in effetti. È dalla sofferenza che la sua vita riparte, benché lei abbia un grosso squarcio nel cuore. Che ruolo ha il dolore nella vita, secondo lei? È necessario, utile per poter godere, insomma, dei momenti belli con maggior cuore o no?
Sono convinta che il dolore, in realtà, non fortifichi le persone, ma le renda solo più consapevoli. Chi soffre o ha sofferto di ansia, chi ha sperimentato il panico, sa che quelle sensazioni esistono e sono terrificanti, ma quando e se si presenteranno ancora saranno sempre terrificanti. Diciamo che il dolore vissuto aiuta a contenere i futuri “contraccolpi”o a fare scelte che non avremmo mai pensato di fare. Non credo inoltre che per godere dei momenti felici sia necessario aver sofferto. Le due cose, secondo me, non sono dipendenti.
La domanda che non ho fatto.
La domanda che non mi hai fatto: Rifaresti le stesse scelte nella gestione del romanzo in relazione alla pubblicazione? No, forse mi muoverei diversamente. Ma la vita è fatta di esperienze e cercherò di trarre da questa il meglio.
Il libro è disponibile su Amazon, cartaceo e digitale. Si può contattare l’autrice su Instagram: @saramanca_autrice

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