Riforma di cittadinanza. Ilham Mounssif, ogliastrina con passaporto marocchino, combatte l’intolleranza con un blog
Ilham è diventata l'emblema della Riforma di cittadinanza e spesso ospite su Rai Tre del programma Agorà, condotto da Gerardo Greco, dove non ha mai smesso di promuovere il concetto per il quale “chi cresce in Italia deve essere riconosciuto italiano per legge”.
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Vi ricordate di Ilham Mounssif? La studentessa ( oggi 23enne) di Bari Sardo, originaria del Marocco, che lo scorso anno si recò a Montecitorio per ritirare un premio destinato ai migliori neolaureati italiani e dinnanzi alla Camera dei deputati si vide sbarrare la strada a causa del suo passaporto marocchino?
Ecco, sappiate che la giovane italo-marocchina da quel giorno ha fatto tanta strada. Decisa a non arrendersi a quella porta ingiustamente sbattuta in faccia, Ilham ha dato battaglia. E del suo caso si è interessata persino l’allora presidente della Camera Laura Boldrini, che ha preso Ilham sotto la sua ala e consentendole quell’ingresso a Montecitorio che, per i suoi meriti scolastici, meritava.
Ilham da quel giorno è diventata l’emblema della lotta per la Riforma di cittadinanza e spesso si trova ospite su Rai Tre del programma Agorà, condotto da Serena Bartone, dove non ha mai smesso di promuovere il concetto per il quale “chi cresce in Italia deve essere riconosciuto italiano per legge”.
Infatti, la giovane attivista è arrivata in Italia all’età di due anni e da Bari Sardo, in Ogliastra, dove risiede con la sua numerosa famiglia, non si è mossa se non per studiare. Dopo il diploma al liceo scientifico di Lanusei, Ilham ha intrapreso gli studi in Scienze della Politica e dell’Amministrazione e delle Relazioni internazionali all’Università di Sassari dove si è laureata (con lode). E’ italiana a tutti gli effetti. In Italia ha studiato, in Italia ha lavorato, in Italia ha stretto le sue amicizie. Eppure, nonostante abbia vissuto nel Bel Paese per tutta la vita, il suo passaporto la fa ancora sembrare un’estranea. Una straniera in casa propria.
E’ per questo che combatte Ilham. Per chi, come lei, vive al margine del paradosso. Di recente la studentessa ha anche dato vita anche ad una pagina Facebook collegata ad un blog, dove condivide le sue riflessioni sui temi legati all’immigrazione, in tutte le sue sfaccettature. E in particolare alla tematica che le sta a cuore: le sorti di chi, come lei, è figlia di immigrati ma cresciuta in Italia.

«Il blog nasce dalla volontà, maturata nel tempo, di condividere riflessioni sui temi caldi di questo particolare e non facile periodo storico – ci racconta Ilham – Io sono un’attivista e ora più che mai sento l’esigenza di contribuire ad un dibattito che sta uscendo dai confini del buon senso, della buona informazione e della decenza. I toni ormai sono a dir poco esacerbati e la confusione su queste tematiche regna sovrana. Purtroppo la politica e i media a volte non sono d’aiuto. Il razzismo e l’aggressività, ad esempio, non si accoppiano bene con figure istituzionali che dovrebbero invece essere d’esempio alla cittadinanza».
«Capita di chiudersi nei propri pensieri e promettersi di scappar lontano. Via. Sì, ma dove? C’è una strana aria – si legge nella pagina della studentessa ogliastrino-marocchina – Un clima che si traduce in parole, atti, fatti. Che pesano. Che toccano. Spesso sembra un’esagerazione, stigmatizzazione con una sorta di vittimismo che in effetti alla lunga è ridondante, non indigna più anzi scoccia. Eppure parole, atti, fatti, spesso toccano nel profondo e isolano, in qualche angolo a pensare perché le cose siano cambiate così. Perché i toni di confronto e dialogo siano così aspri e insopportabili. Perché nonostante tu non c’entri nulla con quanto accade senti occhi puntati addosso. Dita contro. Il mondo virtuale è primo tangibile chiaro esempio di questa deriva. Alla fine ci si sente delusi. Ingiusto, così giovani e raggianti dover lasciar spazio nella mente a pensieri così negativi e pessimisti. Andare via, ma dove? Per chi un percorso di migrazione l’ha già vissuto, risulta ancora più doloroso e faticoso, per quanto ci si senta cittadini del mondo. Mondo che in barba a quanto ci siamo ripromessi continua ad erigere muri, visibili e non. Impressioni, esagerazione o triste e forse inarrestabile realtà?»
«Molti, soprattutto i miei cari, mi invitano a tenere un profilo basso date le circostanze attuali – racconta Ilham – Invece dentro di me sento che è il momento di gridare ancora più forte, prima che sia troppo tardi. E di cosa dovrei avere paura? Non ho nulla da perdere, temo solo il Signore. Parlare alle coscienze e cuori della gente sarà una sfida. Non di tendenza oramai, ma una sfida. Oggi per dire no al razzismo e alle ideologie che trovano nell’odio l’ingrediente principale ci vuole coraggio. Quella contro questo degrado è la mia battaglia. Io mi sento italiana e voglio vedere rispettati i miei diritti».

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Nelle ultime settimane si è tanto parlato di IUS SOLI. Ilham Mounssif, brillante studentessa 22enne di Bari Sardo (ma originaria del Marocco) e membro di Noi #italianisenzacittadinanza, tiene a fare chiarezza sull’argomento.
«Oltre allo ius soli temperato, la nuova legge introduce lo ius culturae per chi arriva in Italia entro il compimento dei 12 anni di età» afferma la giovane portavoce di #italianisenzacittadinanza «In questo caso prevede la frequenza di almeno un corso di studi in Italia (5 anni di scuola), con conclusione positiva. In entrambi i casi l’acquisizione della cittadinanza non è automatica, ma serve una richiesta inoltrata dal genitore (che deve avere una residenza legale), oppure dall’interessato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. Niente di scandaloso o fuori dal normale : quello che si chiede è una semplice integrazione alla normativa vigente che permetterà di “diventare” italiani a chi lo è già di fatto, in quanto nato e cresciuto qui in Italia».
Spesso abbiamo sentito sindacare sull’inutilità di questa legge (“A 18 anni si può fare richiesta di cittadinanza, per chi è nato in Italia”). Ovviamente tanti non conoscono le difficoltà che si celano dietro questo apparente ‘automatismo’ : infatti, si deve dimostrare di aver risieduto “legalmente e ininterrottamente” in Italia per 18 anni, e nel frattempo, fino all’ottenimento della cittadinanza (cosa che può richiedere anche diversi anni), questi ragazzi non possono godere di alcuni diritti fondamentali come il diritto di voto, non possono partecipare ai concorsi pubblici o iscriversi ad alcuni albi professionali riservati ai cittadini italiani. «L’aspetto innovativo di questa riforma non é tanto lo ius soli temperato (che comunque tutelerà su molteplici fronti i bambini nati da genitori stranieri) ma lo ius culturae» ci racconta Ihlam «Insieme al movimento #Italianisenzacittadinanza di cui faccio parte, ne abbiamo più volte sottolineato l’importanza perché è la prima legge che stabilisce un percorso ad hoc per chi non è nato in Italia ma che in Italia è cresciuto, e che al momento per godere dei pieni diritti e non solo dei pieni doveri, deve dimostrare un reddito (anche se non è venuto in Italia a lavorare perché arrivato in tenera età) o sposarsi. Il che significa seguire esclusivamente gli stessi percorsi degli adulti immigrati per venire riconosciuto quello che già è: italiano».