Un anno al Polo Sud: un ingegnere elettronico dell’Osservatorio astronomico di Cagliari in missione tra i ghiacci dell’Antartide

Il rientro è previsto per dicembre 2018, ben 13 mesi di isolamento tra i ghiacci del Polo Sud: Marco Buttu, ingegnere elettronico dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari, dove è responsabile del software di controllo del Sardinia Radio Telescope, è partito in missione
Il rientro è previsto per dicembre 2018, ben 13 mesi di isolamento tra i ghiacci del Polo Sud: Marco Buttu, ingegnere elettronico dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari, dove è responsabile del software di controllo del Sardinia Radio Telescope, è partito in missione ieri, sabato 18 novembre.
La storia dell’ingegnere è stata raccontata da Rossella Spiga per media.inaf.it. “Ai nastri di partenza la 33esima spedizione italiana in Antartide che porterà alla stazione italo-francese Concordia un equipaggio di tredici persone: sette italiani, cinque francesi e un’austriaca. Fra i tredici intrepidi che trascorreranno un anno nella base italo-francese, situata nell’altopiano antartico, per un lungo progetto di ricerca ci sarà anche Marco Buttu, ingegnere elettronico dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari, dove è responsabile del software di controllo del Sardinia Radio Telescope.
Classe 1977, sardo originario di Gavoi, Marco è uno dei tredici winter-over che vivranno durante i nove mesi dell’inverno antartico in condizioni estreme. Oltre a uno stato di totale isolamento, senza possibilità di essere raggiunti da nessuno, affronteranno la notte polare lunga quattro mesi durante i quali non vedranno mai la luce solare. «Mi mancheranno mia moglie, la mia famiglia, gli amici, i colleghi, lo sport all’aria aperta e il mare», dice Marco quando gli chiediamo di cosa sentirà la mancanza nei prossimi tredici mesi. «Ma troverò qualcosa che difficilmente riuscirò a descrivere a parole, perché credo avrò veramente la sensazione di vivere su di un altro pianeta, con tutto ciò che questo comporta».
I compiti dei partecipanti alla spedizione saranno tecnici e scientifici, e i fronti di ricerca saranno i più disparati: dall’astronomia alla glaciologia, dalla geodesia alla fisica dell’atmosfera. Non ultimi, saranno studiati aspetti della biologia e della psicologia umana. A monitorare il gruppo durante l’intero periodo sarà un medico dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, con un obiettivo ben preciso: studiare come l’essere umano si adatta a un ambiente estremo, in vista di una possibile futura missione su Marte.
La stazione italo-francese Concordia è situata nel sito di Dome C, distante oltre mille km sia dalla Stazione Mario Zucchelli che dalla stazione francese Dumont d’Urville. Considerato il sito per eccellenza per i futuri studi di astronomia e astrofisica, scienze dell’atmosfera, scienze della Terra, biologia, medicina e telerilevamento, è una delle tre stazioni di ricerca permanenti, lontano dalla costa, costruita sul plateau antartico, a oltre 3200 metri di altitudine. Si tratta di una base italo-francese gestita, nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), dall’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico) e dall’Ipev (Institut Polaire Paul-Emile Victor), che ha già ospitato numerose missioni di ricerca, specie nel campo dell’astronomia e della fisica dell’atmosfera.
«Mi aspetto di imparare tantissimo, così come è stato nei tre mesi precedenti, nei quali non è passato giorno senza che apprendessi qualcosa di nuovo», racconta Marco a Media Inaf mentre è già preso dai preparativi dell’ultimo minuto. «Abbiamo stilato un documento nel quale ciascuno di noi 13 winter-over ha riportato ciò che vorrebbe imparare e ciò che potrebbe insegnare, per cui stiamo partendo con il piede giusto. Nei mesi estivi (novembre-febbraio) la base sarà popolata da 50-70 persone, ci saranno meeting tecnici ogni giorno e vorrei imparare il più possibile sulla stazione dal punto di vista tecnico/gestionale. Durante l’inverno mi aspetto di imparare di tutto: glaciologia, fisica dell’atmosfera, manutenzione della base (meccanica, elettrica, elettronica, idraulica), cucina, lingua francese, eccetera. Poi c’è l’aspetto umano, che mi affascina tantissimo: una gruppetto di tredici persone che per nove mesi dovrà convivere in un ambiente extra-terrestre, lontani dalla vita come nessun altro, irraggiungibili. Riusciremo a evitare potenziali conflitti? Come evolveranno i rapporti tra di noi? Che impatto avrà sul nostro umore l’assenza del Sole? Come reagiremo al suo ritorno?».
Grandi incognite che Marco affronterà anche con l’aiuto degli oggetti che sta mettendo proprio ora in valigia: molte fotografie, il tappetino da yoga, le sue macchine fotografiche, vestiti comodi, tanta crema idratante (perché il clima è desertico), molti libri – prevalentemente di yoga, astronomia, fisica e filosofia – e infine, ma non per importanza, la bandiera della Sardegna. Media Inaf seguirà Marco da vicino – per così dire – nella sua impresa polare e racconterà periodicamente la sua avventura a partire da sabato 18 novembre, giorno della partenza, fino al suo rientro, previsto per dicembre 2018, dopo ben tredici mesi al Polo Sud.
«Sono riuscito a salutare di persona buona parte dei miei familiari e amici, ma purtroppo non i miei colleghi. Ne approfitto quindi per salutare i miei meravigliosi colleghi dell’Osservatorio astronomico di Cagliari e della Stazione di Medicina, e tutti i colleghi Inaf in generale. Ringrazio di cuore Media Inaf per questa iniziativa, perché mi permette di condividere con voi questa avventura e sentirmi così meno solo durante il lungo inverno antartico. Un abbraccio a tutti, a presto!»”.

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Atzara, Cristiano Erriu: i vigneti storici del Mandrolisai esempio di buone pratiche agricole e manutenzione del paesaggio

Sardegna, quasi un continente. Parafrasando il titolo dell’opera dello scrittore Marcello Serra, si ha un quadro chiaro di ciò che il territorio isolano propone ai nostri occhi. Partendo da questa considerazione, l’assessore dell’Urbanistica Cristiano Erriu ha parlato al convegno ‘Paesaggi rurali storici – Un percorso comune per il riconoscimento dei vigneti del Madrolisai’, che si è tenuto ieri sera all’aula Marte di Atzara.
I lavori sono stati introdotti dai sindaci di Atzara e Sorgono, Alessandro Corona e Giovanni Arru, orgogliosi di poter annoverare i vigneti del Mandrolisai tra i ‘gioielli’ inseriti nel Registro nazionale dei paesaggi di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
«La Sardegna è davvero un continente – ha esordito l’assessore Erriu – in quanto esistono ambiti di paesaggio estremamente differenti. La tipicità dei vigneti storici di questo territorio mette in evidenza alcuni aspetti di carattere generale che possono tornare utili a tutta l’Isola. Un tema che si inserisce di diritto nel disegno di legge di governo del territorio varato dalla Giunta Pigliaru e che il nostro Assessorato sta cercando di gestire in maniera corretta ed equilibrata, prestando attenzione tanto alla tutela del paesaggio quanto alle opportunità di sviluppo locale».
«Qualcuno, e non solo in Sardegna, vorrebbe trasformare la Sardegna in un enorme parco”, ha sottolineato Erriu. «Meno si tocca e meglio è, sostengono alcuni. Vorrebbero un paesaggio museificato, la classica cartolina da ammirare ma non da vivere, come se si trattasse del fondale di un teatro. La realtà invece è molto diversa: ci parla dell’Uomo che è parte del paesaggio e che, soprattutto attraverso le produzioni agricole, concorre a trasformare e ricreare il paesaggio stesso. La Carta Europea di Firenze parla certamente di tutela ma anche di pianificazione. Si tratta di capire come, insieme alle regole, possiamo definire le politiche di sviluppo, tenendo ben presenti alcune criticità a cominciare dallo spopolamento dei piccoli centri. Questo è il problema che assilla maggiormente le zone dell’interno, in Sardegna come in tante altre parti d’Europa».
«Per generare valore – ha aggiunto l’assessore Erriu – non necessariamente si deve consumare il suolo o si deve puntare sulla crescita quantitativa. Le speculazioni energetiche, per esempio, depauperano la ricchezza naturale senza creare sviluppo. Tuttavia, ci sono occasioni in cui si può puntare all’innalzamento qualitativo di una produzione ricorrendo a tecniche di minore sfruttamento del suolo. Sin dall’inizio di questa legislatura abbiamo avviato un percorso di confronto con i fruitori del paesaggio, cioè con coloro che all’interno del paesaggio vivono e operano».

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