Il Presidente Mattarella di fronte alle opere di Maria Lai alla Biennale di Venezia
L’artista sarda Maria Lai, scomparsa nel 2013, è tornata alla Biennale di Venezia a trentanove anni dalla sua prima partecipazione: la sua opera è ospitata nel Padiglione dello Spazio Comune dove sono riuniti gli artisti che riflettono sulla comunità e sul concetto di collettivo. Ieri il Presidente
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L’artista sarda Maria Lai, scomparsa nel 2013, è tornata alla Biennale di Venezia a trentanove anni dalla sua prima partecipazione: la sua opera è ospitata nel Padiglione dello Spazio Comune dove sono riuniti gli artisti che riflettono sulla comunità e sul concetto di collettivo.
Ieri il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha visitato i padiglioni veneti e si è soffermato sulle opere di Maria Lai negli spazi espositivi della Biennale di Venezia 2017.
E’ stata scelta, insieme ad altre opere, la sua performance collettiva “Legarsi alla montagna”, documentata da un video di Tonino Casula. Nel 1981 Maria Lai, ha coinvolto gli abitanti di Ulassai a legare le proprie case in base alle loro relazioni, senza falsità, amicizia, amore, conflitto, con un nastro di tela di 26 km, che poi arrivava alla montagna, ispirandosi a un’antica leggenda, che raccontavano gli abitanti del paese, la quale narra di una bambina che si salvò dalla frana di una montagna grazie a un nastro celeste.
Un rito collettivo, quello sperimentato da Maria Lai, un’azione con forte valenza sociale, celebrata quest’anno alla Biennale in linea con le dichiarazioni della curatrice: «L’arte testimonia la parte più preziosa dell’umanità, in un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo.
Nella sua attività Maria Lai è stata capace di tessere relazioni, con opere condivise e partecipate, un’arte corale e diffusa che ha saputo mettere insieme persone e territori.
La sua arte è un intreccio di favole, realtà e parole che trova spazio nell’Arsenale di Venezia, con i suoi Libri Cuciti, le Geografie e il Lenzuolo con le parole imprigionate nel filo nero, perché come osservava lei stessa: «Più che il saldare o l’incollare che forzano insieme estraneità, il filo unisce, come si unisce guardando o parlando, niente ne è fisicamente trasformato, le cose unite restano integralmente quelle che erano, solo attraversate da un filo, traccia di intenzioni, raggio laser, nota assoluta che fugge da un piccolissimo buco, percorso del pensiero».
La piccola e minuta artista sarda, riservata, poco incline alla celebrazione del successo e alla mondanità, finalmente giganteggia in una delle esposizioni d’arte più importanti al mondo che celebra la sua arte, che con strumenti semplici tela, filo, pane trae energia dalla condivisione e spinge a riflettere sul senso di comunità.
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Nuoro: addio alla Gioielleria Rosas. Dopo oltre 80 anni di attività chiude uno dei simboli storici del commercio cittadino

Il primo negozio viene aperto a Cagliari da Sebastiano Rosas, ma è nel 1943–1944 che il figlio Antonio decide di stabilirsi a Nuoro.
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Dopo oltre ottant’anni di attività, la Gioielleria Rosas abbasserà definitivamente la saracinesca. Con l’inizio del 2026 Nuoro perderà uno dei suoi negozi storici, un punto di riferimento che ha attraversato generazioni, accompagnando la vita della città e dei suoi abitanti nei momenti più importanti.

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La storia della famiglia Rosas affonda le radici nel primo Novecento. Il primo negozio viene aperto a Cagliari dal capostipite Sebastiano Rosas, ma è nel 1943–1944 che il figlio Antonio decide di stabilirsi a Nuoro e avviare l’attività che diventerà un’istituzione cittadina. Arrivato come militare della Guardia di Finanza, Antonio sceglie di restare in città, apre un piccolo punto vendita nel Corso Garibaldi e pone le basi di una tradizione destinata a durare nel tempo.

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Negli anni la gioielleria cresce grazie al lavoro di tutta la famiglia: prima la moglie, poi i figli Sebastiano, Franco, Gabriella, Pinuccio e Fabio. L’offerta si amplia, affiancando ai preziosi una selezione sempre più ricercata di orologi, gioielli, oreficeria, cristalli e porcellane, con marchi nazionali e internazionali che contribuiscono a consolidarne il prestigio. Alla sede storica di Nuoro si affianca anche un secondo punto vendita a Olbia, segno di una visione imprenditoriale capace di guardare lontano.
Nel 1955 il trasferimento nel palazzo Satta, al civico 99 di Corso Garibaldi, sancisce definitivamente il legame tra la gioielleria e il cuore della città. Qui, per decenni, generazioni di nuoresi hanno scelto un regalo, celebrato un matrimonio, segnato un traguardo importante della propria vita.

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Nel 1999 Sebastiano Rosas diventa unico proprietario della sede di Nuoro, coinvolgendo poi le figlie Raffaella, Maria e Valeria. Con lui la gioielleria entra nella terza e poi nella quarta generazione, mantenendo intatti i valori che ne hanno decretato il successo: professionalità, cortesia, attenzione al cliente e un rapporto umano che ha sempre fatto sentire chi entrava “come a casa”.
Dopo brevi esperienze di espansione, come il punto vendita a Pratosardo nei primi anni Duemila, la famiglia sceglie di concentrarsi nuovamente sul negozio storico del Corso, preservandone identità e anima. Una scelta coerente con una visione del commercio fatta di relazioni, fiducia e continuità. Ora la decisione definitiva: chiudere. Una scelta maturata nel tempo, condivisa in famiglia.
La notizia della chiusura ha suscitato un’ondata di affetto in città: messaggi, ricordi, ringraziamenti da parte di clienti che hanno voluto rendere omaggio a un negozio che è stato molto più di un’attività commerciale. Con la Gioielleria Rosas se ne va un pezzo di storia di Nuoro, fatto di tradizione, lavoro e legami autentici che resteranno nella memoria collettiva della città.
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