Accadde oggi: 12 aprile 1970, il Cagliari conquista lo Scudetto. Un’impresa che superò i confini dello sport e fece epoca
«Il Cagliari è Campione d’Italia, la folla si riversa in campo senza peraltro eccessiva indisciplina ma diremmo, quasi con pacatezza, con molto civilismo come del resto è costume della folla sarda, mentre Riva e Gori non riescono a liberarsi dall’abbraccio
«Il Cagliari è Campione d’Italia, la folla si riversa in campo senza peraltro eccessiva indisciplina ma diremmo, quasi con pacatezza, con molto civilismo come del resto è costume della folla sarda, mentre Riva e Gori non riescono a liberarsi dall’abbraccio frenetico dei tifosi». Era un pomeriggio di sole, il 12 aprile del 1970, e con queste parole pronunciate alla radio, la voce graffiante di Sandro Ciotti diede l’annuncio di una vittoria storica, una storia non solo di calcio, che consegnò Gigi Riva e compagni alla leggenda.
Una cavalcata che culminò quel giorno di quarantasette anni fa con il due a zero rifilato all’Amsicora al Bari, grazie alle reti di Rombo di Tuono e Bobo Gori, che consegnò ai rossoblù lo Scudetto con due giornate d’anticipo. Una storia di riscatto, per una terra che in quegli anni non era ancora il paradiso per la vacanze dei vip, ma un luogo ancora troppo lontano dal “Continente”, quasi una frontiera; basti pensare che in quegli anni l’espressione “ti mando in Sardegna” suonava come una minaccia, una punizione. Lo scudetto del Cagliari ruppe lo stereotipo di un’Isola fatta di pastori e banditi, buia e arcaica. Ben prima che il jet set italiano e internazionale scoprisse le meraviglie dell’Isola, gli eroi del Settanta costrinsero tutta Italia a fare i conti con Cagliari e la Sardegna, di cui i rossoblù diventarono la bandiera e il motivo d’orgoglio, sia nell’Isola che fra gli emigrati in giro per il resto dello Stivale. Juventus e Inter dovettero inchinarsi a Gigi Riva, capocannoniere di quel campionato con ventuno gol, e ai suoi compagni, che costituirono qualche mese più tardi l’ossatura della Nazionale di Valcareggi, finalista del Mondiale in Messico e piegati in finale soltanto dal Brasile di Pelé.
La festa iniziò già prima della partita, dalla mattina, con migliaia di tifosi assiepati nelle tribune dello stadio Amsicora. Fra loro anche Graziano Mesina, allora latitante e che per seguire allo stadio le gesta di Rombo di Tuono si camuffava fino a rendersi irriconoscibile. Una storia che ricorda quella cantata da Francesco De Gregori ne “Il bandito e il campione”. Anche a distanza di trentasette anni, il mito dello Scudetto del Cagliari non è mai stato offuscato, né nella memoria di chi ha potuto vivere quella straordinaria avventura, né nell’immaginario dei tifosi troppo giovani per averlo vissuto. Qualche anno fa, la città di Cagliari ha voluto dedicargli una via: viale Campioni d’Italia 1970, che costeggia le tribune dell’Amsicora, l’arena che ospitò le gesta di quegli eroi del pallone (ma non solo).
I loro nomi sono entrati nel mito: Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Tomasini, Domenghini, Nené, Gori, Greatti, Riva, questi gli undici titolari guidati dall’allenatore Manlio Scopigno, detto “il filosofo”, ma non vanno dimenticati i vari Brugnera, Poli, Mancin o Reginato, che diedero una mano preziosa per la conquista del tricolore.
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