Pena di morte. Medicinali in scadenza: in Arkansas sette esecuzioni in 11 giorni

Sette esecuzioni in 11 giorni: il 17 aprile, in Arkansas, sette carcerati del braccio della morte saranno giustiziati. Le motivazioni di tanta fretta? La data di scadenza del Madapolam, medicinale utilizzato per la sedazione dei condannati, che ha spinto il
Sette esecuzioni in 11 giorni: il 17 aprile, in Arkansas, sette carcerati del braccio della morte saranno giustiziati.
Le motivazioni di tanta fretta? La data di scadenza del Madapolam, medicinale utilizzato per la sedazione dei condannati, che ha spinto il governatore repubblicano Asa Hutchinson ad accelerare il processo per evitare che i costosi sedativi finiscano nel rifiuti.
Le esecuzioni dovrebbero iniziare il 17 aprile e la battaglia degli avvocati che rappresentano i sette condannati a morte per provare a fermare le condanne non ha impietosito il governatore, determinato a consumare la partita di medicinali entro la scadenza, a fine aprile.
Se la richiesta del team legale non dovesse essere accolta, i primi due condannati a essere giustiziati saranno Don Davis e Bruce Ward. Tre giorni dopo toccherà a Stacey Johnson e Ledell Lee, seguiti il 24 aprile da Marcel Williams e Jack Jones. Kenneth Williams sarà l’ultimo, il 27 aprile.
Se il progetto sarà realizzato, lo Stato dell’Arkansas si guadagnerà il triste primato del più elevato numero di esecuzioni in un periodo così ristretto dagli anni Settanta.

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I malloreddus, i piccoli gnocchetti sardi protagonisti di sagre e matrimoni. Un piatto che significa festa

Da sempre sono i protagonisti della cucina sarda, dal pranzo della domenica nelle tavole delle nonne, ai matrimoni o alle sagre di paese. I malloreddus sono il primo piatto sardo per eccellenza, da secoli.
Da sempre sono i protagonisti della cucina sarda, dal pranzo della domenica nelle tavole delle nonne, ai matrimoni o alle sagre di paese. I malloreddus sono il primo piatto sardo per eccellenza, da secoli.
Gli “gnocchetti sardi”, così come sono conosciuti in “Continente”, affondano le loro radici nello schema millenario fra coltivazione e alimentazione, tipico della cultura contadina, una cucina basata prevalentemente sulla coltura del grano tipica della cultura mediterranea e della coltivazione del grano. Il nome “malloreddus” deriva dal termine campidanese “malloru” (toro), di cui è il diminutivo. Malloreddus richiama quindi ai vitellini, visto che la loro forma panciuta richiamava, nell’immaginario collettivo del mondo pastorale dell’entroterra, quella appunto di un vitello appena nato.
Da centinaia di anni, le massaie sarde preparavano questa prelibatezza utilizzando “su ciuliri” (il setaccio), una cesta in paglia contro la quale venivano schiacciati dei piccoli cubetti di pasta, ricavati da un impasto fatto di grano duro, acqua e, nella ricetta tradizionale, qualche filo di zafferano. Questa operazione permette alla pasta di assumere quella tipica forma arrotolata e rigata, tanto conosciuta e familiare.
La morte loro è sicuramente con il sugo di salsiccia, sbriciolata e fatta rosolare in un soffritto di cipolla, per poi essere aggiunta al sugo, dove viene terminata la cottura. Una spruzzata di buon pecorino alla fine e i malloreddus sono pronti. Fenomenale è la capacità dei malloreddus di mantenere la cottura, anche per questo vengono cucinati in grandi quantità durante le sagre. Oltre alla classica ricetta campidanese, andando in giro per la Sardegna è facile trovare altre idee per condirli: a Carloforte, ad esempio, vengono abbinati al tonno rosso e al pesto, con qualche pomodorino per dargli un tocco di colore in più, mentre la versione sassarese prevede un’amalgama di panna e semola. C’è poi chi ci aggiunge delle scaglie di ricotta di pecora, o qualche mazzetto di finocchietto. In qualunque modo li preferiate, i malloreddus in tavola sono e saranno sempre sinonimo di festa.

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