La Sardegna nella Divina Commedia: niente Paradiso per i sardi. Il giudizio severo di Dante
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"E a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche". Così Dante apostrofava i sardi nel XXII canto dell'Inferno della Divina Commedia, quasi stesse descrivendo l'innata abitudine degli abitanti dell'Isola di parlare della loro terra natia ovunque si trovino.
“E a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche”. Così Dante apostrofava i sardi nel XXII canto dell’Inferno della Divina Commedia, quasi stesse descrivendo l’innata abitudine degli abitanti dell’Isola di parlare della loro terra natia ovunque si trovino.
Pur non essendoci prove storiche di un suo soggiorno in Sardegna, sembrerebbe che il sommo poeta fiorentino conoscesse pregi e difetti dei sardi.
Tuttavia, alcuni studiosi ritengono plausibile l’idea che Dante possa essere stato in Sardegna, vista la sua amicizia in giovane età con Ugolino Visconti (detto Nino), ultimo giudice di Gallura nipote di Ugolino della Gherardesca, conte dei Donoratico, che menziona nell’VIII canto del Purgatorio.
Nel canto XXVI dell’Inferno, il poeta fa parlare Ulisse: “L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco e l’isola de’ sardi e l’altre che quel mare intorno bagna”.
Pare anche che il Vate si sia ispirato all’architettura difensiva pisana presente nel quartiere Castello a Cagliari quando, nell’Inferno, parla di un luogo chiamato Malebolge. Si tratta dell’VIII cerchio, i cui dieci fossati sono cerchiati da mura simili a fortificazioni di un castello.
E ancora, secondo alcuni studiosi, nella descrizione della montagna del Purgatorio Dante si sarebbe ispirato all’isola di Tavolara.
La Divina Commedia, dunque, è ricca di riferimenti alla Sardegna. Tuttavia, Dante colloca i sardi nel Purgatorio e nell’Inferno, mentre nel Paradiso non vi è traccia. Tra i condannati c’è frate Gomita, definito come uno dei più grandi barattieri. Governò il Giudicato di Gallura ma fu impiccato per ordine del Nino Visconti per aver liberato alcuni nemici del Giudicato.
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