Perché il film Nuraghes è il miglior esempio di promozione turistica possibile

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’articolo scritto da Nicola Manca sul film diretto da Mauro Aragoni “Nuraghes – s’arena” proiettato alla Mem la scorsa settimana. Nel silenzio, ci voleva un gruppo di giovani per esportare la Sardegna (protostorica) nel mondo. La
Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’articolo scritto da Nicola Manca sul film diretto da Mauro Aragoni “Nuraghes – s’arena” proiettato alla Mem la scorsa settimana.
Nel silenzio, ci voleva un gruppo di giovani per esportare la Sardegna (protostorica) nel mondo. La recente uscita del film Nuraghes – s’arena non ha suscitato le reazioni che si attendevano – sebbene magari ci sperassero – gli autori. Migliaia di persone, posti esauriti ore prima e una miriade di recensioni sono dati da guardare con attenzione.
Fin dalle prime immagini si ha l’impressione che non si tratti di un film qualunque: inquadrature lunghe, voli sopra la costa fino a Perda Liana. In un attimo si capisce subito che la Sardegna sarà la protagonista indiretta di questo cortometraggio. Un susseguirsi di scene dove le parole sono lasciate spesso in secondo piano: sarebbero state un orpello inutile davanti alla suggestione dei paesaggi, dei boschi e delle tombe dei giganti, della grandezza della civiltà nuragica. Un film girato con pochissime risorse, che ha visto il coinvolgimento, gratuito, di appassionati e ricercatori in proprio nonché di un cantante dall’alto peso specifico, idolo dei giovani italiani: Salmo, protagonista della pellicola.
Il regista, Mauro Aragoni, racconta di aver girato tutto in 3 giorni, perché “nel cinema, il tempo è denaro e gli spostamenti costano. In Ogliastra avevamo una grande varietà di paesaggi, dal mare alle montagne”. E ha ragione il giovane autore a dire che il tempo è denaro, ma lo è anche la cultura e la promozione territoriale. Ma quanto vale?
Il mediterraneo nel 2015 ha accolto più di 300 milioni di turisti e in questo mare, è bene ricordarlo qualora si fosse dimenticato, la Sardegna ne occupa il centro. 1,2 milioni di arrivi, giusto per dare un metro di paragone, sono poco più dei visitatori che in anno vanno a Stonehenge. Ma se ancora non dovesse bastare metto sul piatto due dati ulteriori: il Perù deve limitare il numero di visitatori di Machu Pichu a 2500 unità giornaliere (tradotte, oltre 900 mila visitatori) e l’isola di Pasqua conta 50 mila visitatori all’anno. Pochi, diranno alcuni. Ebbene, non se si considera il fatto che il volo per arrivarci duri oltre 4 ore e costi circa 1000 euro. E visitata l’isola, che non ha alloggi, andare nel posto più vicino equivale ad altre 4 ore di aereo. Insomma, uno scenario che vuole sfatare il fatto che la Sardegna sia difficile da raggiungere e che questo vincoli il turismo.
Tornando alla Sardegna, dai dati si evince che ogni visitatore sia stato poco meno di 5 giorni nell’isola e abbia speso 112 euro al giorno nel 2014 e 104 (-8 euro al giorno) nel 2015 – 608 milioni totali. Non solo: il 52,1% dei turisti sceglie come meta d’arrivo città di interesse storico e artistico. E allora, visti questi numeri, cosa dobbiamo fare per far parlare dell’isola? Non certo spendere 750 mila euro per mettere i giganti di Mont’e Prama sul retro delle maglie della dinamo (che poi per regolamento vanno inserite dentro i pantaloncini) o affidando la progettazione e la realizzazione del piano nazionale e internazionale e di marketing del sistema museale delle statue per 233 mila euro.
Intanto grazie al Signore degli Anelli la Nuova Zelanda ha registrato un incremento del 10% del flusso turistico, il museo del Wallace Monument un incremento del 300% grazie a Braveheart o ancora il +73% di incremento turistico grazie a Troy nella località turca di Çanakkale. Riuscire a intercettare un milione di turisti in più vorrebbe dire lasciare in Sardegna circa 600 milioni di euro, non pochi, e le ricadute sul territorio sarebbero assolutamente positive. Ma pare ovvio che per attrarre bisogna stupire, farsi conoscere, suscitare emozioni. James Cameroon una volta venuto a conoscenza della bellezza della civiltà nuragica ha deciso far tappa in Sardegna per girare una parte del suo documentario Atlantis Rising, presentato il 29 gennaio scorso e in uscita, parrebbe, a marzo in Italia. Come spesso accade sono i cittadini a farsi carico di responsabilità e con orgoglio, unire le proprie forze per raccontare al mondo l’isola più bella del mondo. Il caso di Nuraghes è l’apice più recente e cinematograficamente più valido, con centinaia di migliaia di visualizzazioni dei soli trailer che fanno ottimamente prospettare per il film completo. Nell’attesa che qualcuno si svegli un oscar ad honorem a questi ragazzi andrebbe dato, per aver fatto qualcosa che potrebbe far bene a tutta l’isola.
Alla scoperta di S’Arcu ‘e is Forros: archeologia, paesaggio e spiritualità nel cuore dell’Ogliastra

Scopri S’Arcu ‘e Is Forros, un sito archeologico straordinario nel cuore di Villagrande Strisaili. Il nostro nuovo articolo ti guiderà alla scoperta di testimonianze antiche e di un paesaggio che racconta la storia millenaria di questa terra. Che tu sia un turista, un appassionato di archeologia, un residente o uno studente, questo viaggio nel passato saprà sorprenderti e arricchire la tua conoscenza del territorio.
Alle porte dell’Ogliastra, lungo la suggestiva strada che la collega alla Barbagia, si trova il sito archeologico di S’Arcu ‘e is Forros, un ampio villaggio-santuario risalente all’epoca Nuragica che rappresentava il fulcro culturale, spirituale, sociale ed economico delle comunità che abitavano questi luoghi di incomparabile bellezza paesaggistica. Era infatti un santuario, un centro di culto di grande rilievo e uno snodo vitale per la vita quotidiana e le attività economiche delle popolazioni del territorio circostante, molto popolato.
Su un insediamento preesistente, circa 3.000 anni fa, i Nuragici edificarono due grandi templi a megaron, una tipologia architettonica rettangolare rara e insolita nel panorama Nuragico, all’interno dei quali si svolgevano riti e culti che richiamavano numerose persone durante feste e ricorrenze di grande importanza sociale e religiosa.
Il complesso archeologico è costituito da un tempio principale a megaron di circa 17 metri di lunghezza, caratterizzato da più ambienti in successione e circondato da un recinto sacro detto temenos.
Nella cella più profonda si trovano le pietre — le basi votive — dove venivano inseriti i bronzetti portati in offerta dai fedeli. Davanti al tempio si estende il recinto sacro, con sedili di pietra dove i fedeli potevano sedersi, pregare e attendere, come ancora oggi è possibile fare durante la visita, sedendosi su quelle pietre antiche di oltre 3.000 anni. Sebbene non ci siano testimonianze scritte che indichino quali divinità fossero venerate, sappiamo con certezza che si praticavano riti legati all’acqua, elemento sacro e centrale nel culto, come testimoniano analogie con i coevi pozzi e fonti sacre presenti in Sardegna.
Più recentemente è stato messo in luce un secondo tempio a megaron, che presenta un focolare rituale realizzato con blocchi squadrati di pietra di due colori — basalto e arenaria rossa — che riproduce la torre di un nuraghe. Pur non essendo più costruiti all’epoca del tempio, i nuraghi restavano un simbolo forte di appartenenza e identità per questa civiltà.
Il sito comprende inoltre una struttura unica in Sardegna, interpretata come un’officina per la lavorazione dei metalli: due forni contigui utilizzati per la riduzione di minerali di rame, piombo e ferro provenienti dai ricchi giacimenti della zona.
Qui, la metallurgia non era solo un mestiere, ma un’attività centrale per la società nuragica, strettamente connessa anche agli aspetti religiosi e rituali del villaggio santuario. Qui venivano prodotti numerosi oggetti, dai bronzetti votivi agli utensili per la vita quotidiana. I reperti metallici rinvenuti comprendono principalmente oggetti in bronzo, ma anche in rame e ferro, nonché manufatti provenienti dagli intensi scambi commerciali con altre popolazioni del Mediterraneo. Si può quindi dedurre che uno degli aspetti più significativi del villaggio fosse quello legato a queste attività metallurgiche finalizzate alla produzione di oggetti votivi, di strumenti per il lavoro e di armi.

S’arcu ‘e is Forros, Villagrande PH Cristian Mascia
Il villaggio si estende su un vasto territorio tra il Rio Baccu Alleri e il Rio di Iscra Abbatrula, affluenti del fiume Flumendosa, e ospita anche un nuraghe complesso a pianta trilobata. I monumenti oggi visitabili sono realizzati in grossi blocchi di granito locale, caratterizzati dalla compattezza del materiale, che ha consentito una conservazione straordinaria.

S’arcu ‘e is Forros, Villagrande PH Cristian Mascia
Il territorio di Villagrande Strisaili conserva un ingente patrimonio storico e archeologico, perfettamente integrato in un contesto paesaggistico che toglie il fiato. Emergono con particolare rilievo i siti di S’Arcu ‘e is Forros e di Sa Carcaredda, che con i loro templi, officine fusorie, estesi villaggi e i reperti che hanno restituito, raccontano la civiltà nuragica in modo unico.
S’Arcu ‘e is Forros è oggi riconosciuto come il più importante centro metallurgico della Sardegna nuragica e la visita guidata permette di scoprire aspetti insoliti e sorprendenti di questa civiltà antica. Un’esperienza unica per chi desidera conoscere la storia profonda della Sardegna.
Ringraziamo Archeonova, società in house del Comune di Villagrande, che si avvale di 11 professionisti dediti alla cura e alla promozione del patrimonio archeologico e ambientale del territorio. Villagrande ospita infatti numerosi siti sparsi e, da circa un anno, Archeonova ha attivato escursioni di carattere sia archeologico che naturalistico.
La cooperativa lavora anche a stratto contatto con le scuole, organizzando laboratori di ceramica, scavi archeologici, panificazione e tessitura, permettendo alle nuove generazioni di avvicinarsi in modo pratico e coinvolgente alle tradizioni e alla storia locale. Durante l’estate, Archeonova anima il territorio con eventi culturali quali proiezioni di film, spettacoli teatrali e concerti, offrendo una ricca esperienza culturale e turistica.
Un ringraziamento particolare a Luca Casari e Barbara Pistis per averci accompagnato con grande professionalità e passione in questa visita, e al fotografo Cristian Mascia per le splendide immagini che raccontano la magia di S’Arcu ‘e is Forros.

S’arcu ‘e is Forros, Villagrande PH Cristian Mascia

S’arcu ‘e is Forros, Villagrande PH Cristian Mascia

S’arcu ‘e is Forros, Villagrande PH Cristian Mascia
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