Studio dell’università di Vienna conferma: il frequente ricorso al parto cesareo lascia tracce sull’evoluzione
Il sempre più frequente ricorso al parto cesareo starebbe incoraggiando la nascita di bambini più grandi e forti, che altrimenti non passerebbero dal canale materno. Una tendenza che, secondo alcuni biologi dell’Università di Vienna, starebbe lasciando una traccia sull’evoluzione della nostra specie Lo studio
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Il sempre più frequente ricorso al parto cesareo starebbe incoraggiando la nascita di bambini più grandi e forti, che altrimenti non passerebbero dal canale materno. Una tendenza che, secondo alcuni biologi dell’Università di Vienna, starebbe lasciando una traccia sull’evoluzione della nostra specie
Lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dimostrato che i casi di neonati troppo grossi per passare attraverso il canale del parto materno sono passati da 30 su 1000 negli anni ’60, a 36 su 1000 ai giorni nostri: un incremento del 10-20% nell’arco di pochi decenni.
Un tempo, spiegano i ricercatori, la nascita di bambini più grossi della media avrebbe causato complicazioni anche gravi per la madre e per il nascituro. Per questo, i geni responsabili delle grosse dimensioni alla nascita non si sarebbero pertanto trasmessi alle generazioni successive.
Oggi, fortunatamente, non è più così: la disponibilità di procedure chirurgiche permette di far venire alla luce neonati che non potrebbero essere partoriti in modo naturale.
Dal punto di vista evolutivo, esiste però una contraddizione: mentre i neonati sono spesso più grandi e forti, non si assiste a una evoluzione nelle dimensioni delle pelvi femminili.
Eppure non si osserva una forza selettiva in direzione di neonati più piccoli. Secondo gli scienziati, una delle ragioni potrebbe proprio essere il ruolo del cesareo, che consente la nascita di bambini di dimensioni maggiori. «Il nostro intento – chiarisce Mitteroecker – non è criticare la procedura chirurgica, ma evidenziarne il ruolo sull’evoluzione».
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Laurina, Flaminia e Maria, “Le perle di Tuili” campionesse di longevità. Insieme più di 300 anni di vita

Al centro di questa storia c’è la Famiglia Melis: Laurina, 106 anni; Flaminia, 101 anni; Maria, che compirà 101 anni a gennaio; Pierina, 98 anni; Adelina, 92 anni; e il più giovane della famiglia, Gabriele, che festeggerà 88 anni a gennaio
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La Sardegna conferma ancora una volta il suo primato mondiale per la longevità, e il piccolo comune di Tuili ne è un esempio straordinario. Da anni Pierino Vargiu e sua moglie Angela Mereu dedicano la loro vita a documentare e valorizzare i centenari sardi, raccontando le loro storie attraverso reportage fotografici e iniziative che celebrano la longevità come patrimonio culturale dell’isola. Grazie al loro impegno, è stata realizzata la formazione completa delle “Perle di Tuili”, simbolo vivente di salute e vitalità.
Al centro di questa storia c’è la Famiglia Melis: Laurina, 106 anni; Flaminia, 101 anni; Maria, che compirà 101 anni a gennaio; Pierina, 98 anni; Adelina, 92 anni; e il più giovane della famiglia, Gabriele, che festeggerà 88 anni a gennaio. Questi straordinari numeri raccontano molto più di una semplice longevità: parlano di legami profondi con le radici, di una vita scandita dai ritmi della natura e da una dieta sana e genuina, elementi che fanno della Sardegna una terra unica al mondo per vivere a lungo.
Le “Perle di Tuili” oggi rappresentano un patrimonio familiare e culturale, custodito con orgoglio e raccontato al mondo grazie all’instancabile lavoro di Pierino e Angela, veri ambasciatori dei volti e delle storie della longevità sarda.
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