“A un passo dalla vita”: intervista all’autore tortoliese Thomas Melis
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È già difficile immaginare come fossero i luoghi in cui viviamo cento o duecento anni fa, figuriamoci pensarli com’erano centinaia di milioni di anni fa! Per capire com’era l’Ogliastra all’inizio del periodo Permiano, circa 295 milioni di anni fa, ci aiuta il paleontologo Daniel Zoboli, del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari.
«Verso la fine dell’era paleozoica, più di 300 milioni di anni fa, l’area che diventerà la Sardegna era completamente emersa dal mare e faceva parte di una gigantesca catena montuosa, la cosiddetta “catena Varisica”, che si estendeva attraverso la paleo-Europa», spiega Zoboli.
Insomma, la Sardegna non era affatto come la conosciamo oggi: niente massicci calcarei del Supramonte, niente dei celebri tacchi ogliastrini. Questi si sarebbero formati solo circa 150 milioni di anni più tardi, durante l’era mesozoica.
All’inizio del Permiano, la catena Varisica era ormai quasi del tutto spianata. Al suo posto si estendevano laghi, paludi e pianure in cui i fiumi depositavano sabbie e ciottoli erosi dai rilievi circostanti e dai vulcani attivi dell’epoca. In altre parole, la Sardegna viveva un intenso ciclo vulcanico: lave e tufi cineritici ricoprivano il territorio, creando un paesaggio sorprendentemente dinamico.
Nei luoghi che oggi ospitano Escalaplano, Perdasdefogu, Seui e Seulo, si aprivano vaste zone umide. Qui una vegetazione lussureggiante di felci arboree ed equiseti cresceva rigogliosa, mentre nelle acque dolci nuotavano pesci palaeoniscidi, sarcopterigi, piccoli squali d’acqua dolce e anfibi branchiosauri, simili a salamandre e lunghi circa dieci centimetri.
«I paleontologi hanno riconosciuto tre specie di questi piccoli anfibi: Melanerpeton eisfeldi, Apateon kontheri e Apateon flagrifer», racconta Zoboli. «Sono specie già note in Francia e Germania, e ci mostrano come, milioni di anni fa, l’area sarda fosse collegata al resto dell’Europa. Alcuni fossili si possono ammirare al Museo Aquilegia di Masullas, mentre circa un centinaio di esemplari sono conservati all’Università di Milano e al Museo di Storia Naturale di Schleusingen, in Germania».
La vita in questi laghetti non era sempre tranquilla. L’attività vulcanica e periodiche carenze di ossigeno nell’acqua provocavano vere e proprie morie di massa. «Queste piccole catastrofi sono registrate nei livelli fossiliferi, dove troviamo concentrazioni anomale di branchiosauri», spiega lo studioso.
Oggi, quegli antichi bacini lacustri e le loro straordinarie faune d’acqua dolce ci parlano attraverso le rocce e i fossili della “Formazione di Riu su Luda”, visibile soprattutto nel bacino di Perdasdefogu. Un mosaico di vita e catastrofi che ci ricorda quanto il nostro paesaggio sia cambiato nel tempo… e quanto fosse affascinante, milioni di anni fa.