Terremoto in Toscana, la terra trema anche a Firenze
È stato di magnitudo 4.1 il terremoto più forte registrato in Toscana, nella zona del Chianti. Oltre 8o scosse tra stanotte e questa mattina. Evacuate scuole e uffici. Un vero e proprio sciame sismico sta interessando in queste ore la
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È stato di magnitudo 4.1 il terremoto più forte registrato in Toscana, nella zona del Chianti. Oltre 8o scosse tra stanotte e questa mattina. Evacuate scuole e uffici.
Un vero e proprio sciame sismico sta interessando in queste ore la Toscana. Una scossa dopo l’altra, senza sosta, la più forte di magnitudo 4.1 è stata avvertita a Firenze. L’epicentro è stato individuato nel cuore della regione, nella zona del Chianti, a 9,3 Km di profondità.
Alcune scuole ed edifici pubblici sono stati evacuati, le persone si sono riversate per paura in strada. I vigili del fuoco, al momento, non segnalano alcun danno a cose o persone ma a preoccupare è la frequenza dell’evento. La prima scossa di magnitudo è stata avvertita ieri pomeriggio alle 15,37, una più forte nella notte, magnitudo 3.5, all’1.09. Poi un’altra ancora alle 10,39 di magnitudo 3,8. e infine l’ultima alle 11,36 di magnitudo 4.6 . Secondo i rilevamenti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) tutti i terremoti interessano la zona di Barberino Val d’Elsa, Greve in Chianti, Impruneta, San Casciano e Tavarnelle in Val di Pesa.

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Cumbessias e muristenes: cosa sono esattamente i villaggi fantasma della devozione sarda?

Oggi, molti di quei villaggi restano in silenzio per gran parte dell’anno. Ma quando le feste religiose riaprono i portoni delle chiese e le casette tornano ad accogliere i fedeli, l’antico spirito riaffiora. Ecco di cosa si tratta
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In Sardegna hanno nomi diversi: cumbessias per molti, muristenes nell’Oristanese. Piccoli villaggi di pietra, oggi muti e abbandonati, che per secoli si sono accesi di vita solo in occasione delle novene. Luoghi sospesi nel tempo, dove spiritualità e festa popolare si intrecciavano in un rito collettivo unico.
Attorno a una chiesetta campestre – spesso un piccolo gioiello medievale – le casette venivano animate da pellegrini giunti a piedi o a cavallo. All’alba e al tramonto risuonavano i gosos, antichi canti di lode, mentre i fuochi ardevano per gli arrosti e le sere si riempivano di poesie improvvisate, balli e canti tradizionali.
Quella di dormire nei santuari, forse, è un’abitudine antichissima: già nella civiltà nuragica si praticava l’incubatio, il rituale del riposo presso i luoghi sacri per cercare guarigione e contatto con il divino.
Oggi, molti di quei villaggi restano in silenzio per gran parte dell’anno. Ma quando le feste religiose riaprono i portoni delle chiese e le casette tornano ad accogliere i fedeli, l’antico spirito riaffiora. Come se, ciclicamente, la Sardegna ricordasse a sé stessa che la sacralità è anche comunità, memoria e condivisione.

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