Peter Herold arrampicata

Alla scoperta delle bellezze ogliastrine con Peter Herold, appassionato di mountain bike ed arrampicata.

L’Ogliastra è una delle zone più rinomate della Sardegna per l’arrampicata, praticata specialmente nel periodo estivo. Qui gli scalatori trovano molte vie già tracciate e una guida esperta ed appassionata, Peter Herold. Il signor Herold e Anne McGlone sono  una coppia britannica (Peter è inglese, Anne è scozzese) che nel 1992 ha iniziato a trascorrere le vacanze in Sardegna, facendo dei tour in bici. Nel 2006 Peter riprese ad arrampicare dopo una lunga pausa di 25 anni (da ragazzo ha arrampicato e fatto alpinismo in UK, nelle Alpi, in Nepal e in Pakistan). Poi, il lavoro di Peter come consulente aziendale lo portò nel 1997 da Londra a Roma. L’organizzazione della delegazione sportiva inglese al Giro di Sardegna nel 2006, fece nascere in lui l’idea di creare un centro per ciclisti, arrampicatori e escursionisti in Sardegna. Quel sogno è divenuto realtà ed oggi si trova a Lotzorai e si chiama The Lemon House.

Peter, quando ti sei innamorato della nostra isola?

Nel 2002, dopo aver visitato la Sardegna moltissime volte, per la prima volta scoprimmo l’Ogliastra con le nostre bici ed io e mia moglie ce ne innamorammo subito. Comprammo nel 2003 un piccolo appartamento ad Arbatax. Nel 2005 decidemmo di cambiare vita e di trasferirci qui, occupandoci a tempo pieno delle nostre passioni. Una decisione che ci ha cambiato la vita. E in meglio.

Cosa vi ha spinto a trasferirvi in maniera definitiva?

Il lavoro a Roma iniziava a farsi troppo stressante e mia moglie non riusciva a trovare un impiego nella capitale, così nel luglio del 2006, comprammo anche una casa da restaurare a Lotzorai e nel luglio 2007 aprimmo The Lemon House, per fornire alloggio  e informazioni agli sportivi di ogni provenienza. L’Ogliastra è meravigliosa, non avrei mai immaginato di vivere in un luogo del genere. Ci siamo resi conto che è un paradiso per l’arrampicata, il ciclismo (su strada e mountain bike) e le escursioni a piedi. Il clima mite permette di praticare questi sport tutto l’anno. Per questo motivo abbiamo deciso di stare qui e far conoscere questi fantastici luoghi alle persone che vengono da fuori. Abbiamo avuto un’ottima accoglienza sia a Lotzorai che in Ogliastra in generale.

Da dove provengono le persone che praticano o vogliono praticare questi sport a contatto con la natura?

All’inizio ci rivolgevamo soprattutto a inglesi e altre persone che parlavano inglese, sfruttando le nostre conoscenze della zona, degli sport e delle lingue. Col passare del tempo, ci siamo resi conto che anche gli italiani, e nello specifico molti sardi, apprezzavano un punto di appoggio locale e un aiuto competente per sfruttare al meglio la loro permanenza in questa zona.

Quali attività sportive praticate?

A Ulassai – così come in tanti altri luoghi della Sardegna – quando moriva qualcuno, tutta la famiglia si riuniva intorno al defunto. Prima di portarlo in chiesa, arrivava il falegname con la bara, che aveva preparato la mattina stessa dopo aver preso le misure. In seguito, però, le bare cominciarono a essere realizzate in serie.

Intorno al defunto si radunavano la moglie, vestita di nero con un fazzoletto sulla testa, le sorelle, le cognate e i fratelli. Tutti cantavano a turno, parlando però della propria famiglia. Come racconta Simonetta Delussu nel libro Stregoneria in Sardegna, a un certo punto la cognata si alzava e cantava:

Deu fetti cittia chi

ci parti non sia

iscura connada mia

de nieddu esti bestia

bestia e da nieddu

pesa e pigasinteddu

esti a sindedu pigai

poitta mariu tenidi e sposai

e deppeusu festai

ae festai deppeusu

e s’arcu riuneusu

a riuneusu s’arcu

tottu eita pensu eu

su chi deppeu pensai

ca meda sunfriu asi

in sa malatia

e pena di tenia

e n di tengiu pena

ca asi sunfriu medache

tui chi podisi prega

la ca de coru ti d’avvertia

po sa familia

po sa tua e po sa mia.

Questo canto era dedicato a un uomo che per molti anni era stato gravemente malato. In questi canti si esaltavano soprattutto i pregi del defunto, spesso esagerandoli. Quando si parlava dei figli, in quasi ogni strofa si diceva “figliu miu”, mentre per il marito si usava “coro meu”.

Chi in casa non aveva nessuno capace di cantare, chiamava delle donne note come attittadoras. Tuttavia, alcuni erano contrari a questa pratica, perché ritenevano che i sentimenti più grandi dovessero esprimersi spontaneamente, dal cuore, come segno dell’affetto reale verso il defunto.

Testo tratto da “Stregoneria in Sardegna. Processione dei morti e riti funebri” di Simonetta Delussu, Parallelo 54 Edizioni.