Nubi all’orizzonte per il Consorzio Industriale di Tortolì-Arbatax. Sono passati tre anni da quando iniziò l’iter procedurale per l’acquisizione del sedime aeroportuale da parte della Ras e la riunione di  ieri con l’Assessore ai Trasporti, il Sindaco di Tortolì, il Commissario del Consorzio Industriale e l’Assessore Provinciale al Lavoro, non ha portato, ancora una volta, a nulla di buono. Il commissario Mauro Pilia lo ha definito come “l’ennesimo incontro inutile, dove ancora una volta i funzionari regionali hanno trovato delle deficienze nella procedura”. Sempre Pilia ribadisce “non ci sono colpe politiche, in questi anni è stato fatto di tutto per portare a termine l’iter, ma la burocrazia non ce lo ha permesso”. Si tratterebbe del solito rimpallo di responsabilità tra funzionari. Sarebbe, la macchina burocratica della regione, l’unico intoppo per la definitiva conclusione dell’iter che porterebbe il passaggio del sedime aeroportuale alla Regione, al costo di sei milioni e mezzo di euro. Tale cessione, scongiurerebbe la chiusura dell’ente consortile, dando una boccata d’ossigeno all’ente, ripianando in parte i debiti del quale è oberato (si parla di 12 milioni di euro accumulati negli ultimi cinque anni). Senza tale passaggio, lo scenario che si prospetta allo stato attuale dei fatti è, la messa in liquidazione del consorzio, con licenziamento immediato dei 14 dipendenti e la perdita dei finanziamenti ad esso destinati: 35 milioni di euro stanziati in capo all’amministrazione consortile, unico ente del territorio non legato al patto di stabilità. Sicuramente una perdita che l’Ogliastra non può permettersi. Un effetto a catena. La non risoluzione della questione aeroporto sancirebbe la definitiva morte del consorzio e conseguenze gravissime per l’intero territorio: l’ennesima batosta per gli operatori turistici e per le imprese insediate nell’area consortile che verrebbero così private di un ente gestore, destinatario di consistenti risorse atte a renderlo finalmente un sito competitivo.

Era il 1933, e la piccola Aurora Secchi lottava tra la vita e la morte. Una scarlattina feroce l’aveva colpita, e le complicazioni erano così gravi che i medici avevano già somministrato l’estrema unzione. I genitori, disperati, non sapevano più a chi rivolgersi… finché non affidarono le loro preghiere al Beato fra Salvatore da Horta.

Quella sera, quando tutto sembrava perduto, accadde qualcosa di straordinario: Aurora, che da ore giaceva in coma, aprì gli occhi, si sedette sul letto e chiese… da mangiare. I medici rimasero sbalorditi: nessuna spiegazione scientifica poteva rendere conto di quella guarigione improvvisa. Era un miracolo.

Il 3 maggio 1933 la Chiesa riconobbe ufficialmente l’evento, e pochi anni dopo, il 17 aprile 1938, Papa Pio XI canonizzò fra Salvatore da Horta.

Qualche giorno fa, in occasione del novantesimo anniversario di quel prodigio, la comunità di Mandas ha avuto l’onore di ospitare le reliquie del santo, rivivendo l’emozione di una storia che continua a stupire. Un ringraziamento speciale al gruppo FB Saboris Antigus per aver condiviso questa straordinaria vicenda.

Conoscevate questa storia? Racconta di una bimba che, di fronte all’oscurità della malattia, trovò la luce in un miracolo che ancora oggi fa tremare il cuore.