Da monti “da macina” a monti “di miele”. L’ogliastra come la costa smeralda
La zona più famosa della Sardegna è anche quella che negli ultimi cinquant’anni ha subito il più impressionante sviluppo economico. Se chiedessimo a qualunque turista dove si trovino, nell’Isola, i Monti di Mola, ben pochi saprebbero identificare questo nome con
La zona più famosa della Sardegna è anche quella che negli ultimi cinquant’anni ha subito il più impressionante sviluppo economico. Se chiedessimo a qualunque turista dove si trovino, nell’Isola, i Monti di Mola, ben pochi saprebbero identificare questo nome con le dolcezze della Costa Smeralda. Eppure, prima che il principe Ismaelita Karim Aga Khan vi trasponesse le sue idee imprenditoriali, un nome così scabro (dove “mola” è la pietra da macina) indicava una costa ugualmente scabra e aspra. Ma meravigliosa. E a partire dai primi anni ’60, l’Aga Khan vi fondò il suo paradiso, divenuto in pochi anni polo del turismo internazionale d’èlite. Il paradiso di Allah in terra si arricchì di un Circolo Nautico, sorsero i primi alberghi e resort. Tutto sotto la supervisione di alcuni tra i più grandi architetti del secolo, e dietro il finanziamento del Principe e dei suoi soci.
I Monti di Mola sono stati trasformati in prodotto, adattati alla vendita seguendo le regole urbanistico-ambientali più rigide: linee e condotte interrate, rispetto assoluto per l’ambiente autoctono, ripresa di stili e tecniche architettoniche galluresi, rivisitati in chiave moderna. Un gioiello per pochi, un paradiso selvaggio traslato alla portata dei turisti più in vista. Da ogliastrini ci chiediamo come, in tutta la Sardegna, questo vero e proprio miracolo sia stato riservato alla costa dei VIP. Ci chiediamo se anche la nostra terra abbia la possibilità e le potenzialità di svilupparsi in questo senso. Ad ora pare di no. Poca lungimiranza, poco rispetto per il territorio e le sue peculiarità. Queste le cause della scarsa valorizzazione del territorio ogliastrino. Il nostro prodotto è stato impacchettato molto più rudemente, condito qua e là dal cemento più selvaggio. L’offerta che la nostra terra offre al turista è qualcosa che si avvia tristemente all’omogenizzazione: il turista prende in Ogliastra quello che può ottenere da qualsiasi altra bella regione costiera del mondo. Ciò che rende questa terra unica, i suoi abitanti, le sue tradizioni, non fanno parte dell’offerta, non caratterizzano una vacanza nella nostra costa orientale. Il nostro sviluppo passa inevitabilmente da qui.
Da quello che noi siamo, e non soltanto dalle bellezze che abbiamo attorno. Una cosa senza l’altra è quanto di più tremendamente banale e mediato possiamo offrire. Oltre a ciò, un altro interrogativo si pone a noi, e alle nostre future generazioni. Abbiamo sul serio bisogno di diventare una seconda/piccola Costa Smeralda? Il nostro sviluppo economico, deve necessariamente presentarsi come l’impacchettamento della nostra terra in una forma più smerciabile? Dobbiamo anche noi perdere le meravigliose asprezze d’una terra selvaggia per diventare una più saporita “Costa da turista”? Siamo già avviati su questa strada, seppur con risultati qualitativamente nemmeno paragonabili a quelli della costa gallurese, laddove abbiamo per anni creduto di poter crescere seguendo le nostre peculiarità, sopratutto culturali, come una risorsa, convivendo con esse.
Nelle foto di Alessandro Pigliacampo, alcune suggestive immagini di ambiente e tradizioni in Ogliastra:
Urzulei, il gioco della morra, in un grande murale dell’artista Pilloni.
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