Archeologia, un ragazzo tredicenne in Germania trova il tesoro di un re vichingo
Il ritrovamento è avvenuto sull'isola tedesca di Ruegen, nel mar Baltico. Rinvenute circa 600 monete, perle, bracciali anelli e addirittura un martello di Thor.
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Archeologia, un ragazzo tredicenne in Germania trova il tesoro di un re vichingo.
Il ritrovamento è avvenuto sull’isola tedesca di Ruegen, nel mar Baltico. Rinvenute circa 600 monete, perle, bracciali anelli e addirittura un martello di Thor.
Un ritrovamento eccezionale, eppure del tutto casuale, quello fatto sull’isola tedesca di Ruegen, nel mar Baltico, da un ragazzino tredicenne Luca Malaschnitschenko, appassionato di archeologia, come riporta un articolo di Arte Magazine.
Accompagnato dall’archeologo dilettante René Schoen, nel mese di gennaio, il giovane con l’ausilio di un metal detector ha trovato quello che apparentemente sembrava un semplice pezzo di alluminio. Un esame più accurato ha invece rivelato che quel pezzo di metallo era invece una moneta d’argento. Da lì sono cominciati, da parte delle autorità archeologiche tedesche, gli scavi su un’area di circa 400 metri quadrati, che hanno portato al rinvenimento di un vero e proprio tesoro. Si tratta per l’appunto del tesoro del re vichingo Arnoldo I Dente Azzurro, ovvero Harold Bluetooth (dal quale la Ericsson si è ispirata per l’omonima tecnologia), noto anche per aver unificato il regno di Danimarca e introdotto il cristianesimo nel Paese.
Dagli scavi sono emerse circa 600 monete, perle, bracciali anelli e perfino un martello di Thor. Le monete, per la maggior parte risalgono appunto al periodo di Re Arnoldo (910-987 d.C.) mentre alcune sembrano essere ancora più antiche e provenienti da terre lontane.
Secondo gli esperti il tesoro potrebbe essere stato nascosto dallo stesso re nel momento in cui fu costretto alla fuga verso la Pomerania, in seguito alla rivolta capeggiata dal figlio Sweyn.
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Radiologo salva la sua gatta in fin di vita con la Tac dell’ospedale: il caso finisce in Procura

"E' stato l'unico modo per salvarle la vita", queste le parole del medico dell'ospedale di Aosta.
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La vicenda che nelle ultime ore ha fatto il giro dei media nazionali e internazionali approda ora in Procura. La magistratura di Aosta ha infatti aperto un fascicolo — al momento senza ipotesi di reato formalizzate — sul caso del radiologo G.F., responsabile della struttura semplice di Radiologia e neuroradiologia interventistica dell’ospedale Parini, che ha ammesso di aver utilizzato le apparecchiature dell’ospedale per sottoporre la propria gatta, Athena, a una Tac e a un drenaggio toracico dopo una caduta di sei piani.
A portare il caso all’attenzione della Procura è stata la stessa azienda Usl della Valle d’Aosta, che ha avviato accertamenti interni sull’episodio. Il medico ha risposto con una lettera, dichiarandosi disponibile a risarcire eventuali danni economici e spiegando le proprie ragioni: «Di professione faccio il radiologo interventista e sapevo di poterla salvare solo con un intervento tempestivo».
Il direttore generale, Massimo Uberti, aveva già sottolineato la possibile rilevanza penale della vicenda: «Qui ci sono anche ipotesi di reato perseguibili d’ufficio. Il pubblico ufficiale ha l’obbligo di segnalazione». Parallelamente è stata attivata una commissione disciplinare con l’iter di verifica dei fatti, dopo che un collega del primario aveva riferito l’episodio.
La gatta Athena era precipitata dal tetto del condominio per sei piani. Portata inizialmente dal veterinario, erano emersi traumi multipli: fratture posteriori, sospetto pneumotorace, possibili lesioni interne. Vista la gravità, il medico si è recato all’ospedale regionale Parini in un orario in cui le tre Tac non erano in servizio programmato. Verificata l’assenza di pazienti in attesa, ha eseguito un esame di pochi secondi e poi il drenaggio toracico che ha permesso all’animale di tornare a respirare.
«Da quel momento la gatta si è gradualmente ripresa» racconta il medico, che sottolinea di non essere in servizio e di aver agito solo per salvare la vita dell’animale. Athena è uno dei cinque gatti che il radiologo ha adottato nel tempo, tutti salvati dalla strada. «Se non avessi fatto tutto ciò che potevo, e la mia gatta fosse morta, non me lo sarei mai perdonato, anche per i miei figli che la adorano».
La storia continua a suscitare un acceso dibattito sulla gestione delle risorse sanitarie pubbliche, tra chi difende il gesto “salvavita” del medico e chi invoca il rispetto rigoroso delle procedure e dell’uso delle apparecchiature ospedaliere. Ora la parola passa alla Procura, che dovrà stabilire se nell’intervento di quella notte si configurino responsabilità penali o disciplinari.
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