Lo sapevate? A Milano c’è un luogo molto particolare dove tutto sembra essersi fermato a quasi cento anni fa
Lo sapevate? A Milano c’è un luogo molto particolare dove tutto sembra essersi fermato a quasi cento anni fa. In piazza Oberdan, proprio a metà della scalinata per accedere alla metropolitana si trova una piccola porta, che sembra l’accesso a un
Lo sapevate? A Milano c’è un luogo molto particolare dove tutto sembra essersi fermato a quasi cento anni fa.
In piazza Oberdan, proprio a metà della scalinata per accedere alla metropolitana si trova una piccola porta, che sembra l’accesso a un luogo sotterraneo senza tempo, che vi lascerà a bocca aperta. Andiamo a scoprirla insieme.
Si tratta dell’Albergo Diurno Venezia, che negli anni Venti dello scorso secolo (e millennio) era considerato il salotto di Milano, simbolo di eleganza ed accoglienza. Un gioiello dell’architettura tra Liberty e Art Déco, uno dei bagni diurni più grandi, eleganti e meglio conservati d’Europa, un centro servizi per viaggiatori e cittadini e nato per rispondere ai bisogni quotidiani di una città allora in pieno sviluppo.
Non si tratta di un albergo, ma di un meraviglioso esempio dei bagni pubblici.
Oggi è un bene del FAI e luogo del cuore per molti milanesi.
Si trattava di un luogo di passaggio, che offriva ospitalità durante la giornata a viaggiatori e cittadini che avevano bisogno di un momento di riposo o relax: barbieri, manicure, deposito bagagli, pedicure, o servizio telefonico erano alcuni tra i servizi offerti. Oggi è rimasto tutto come prima, come se il tempo si fosse fermato e l’atmosfera, anche solo con una visita guidata dal Fai, è proprio simile a quella di quei tempi.
L’Albergo diurno venne inaugurato il 18 gennaio 1926. Era aperto tutti i giorni dalle 7 alle 23. La piazza, precedentemente chiamata Piazzale Venezia, era stata intitolata a Guglielmo Oberdan il 19 luglio 1923.
Come accennato gli apparati decorativi, gli arredi e una parte della concezione architettonica generale sono da attribuire all’architetto Piero Portaluppi.
L’Albergo Diurno aveva una lunghezza di 88 metri ed una larghezza di 14 metri circa ed occupava una superficie di circa 1200 m². Era diviso in due parti, le terme verso via Tadino e il salone degli artigiani verso corso Buenos Aires. Le terme, con accesso dal lato di via Tadino, occupano due terzi della lunghezza e ospitano sei bagni di lusso con vasca e i bagni semplici con doccia accessibili da due corridoi paralleli.
Dall’ingresso principale verso corso Buenos Aires si accedeva all’atrio e al salone con due navate laterali che ospitavano barbieri per uomo e donna, manicure e pedicure. Dalla porta in fondo al salone si accedeva al reparto terme, il cui corridoio centrale ha come fondale una fontana con statua in bronzo di Igea, dea della salute.
L’accesso al Diurno è stato ricavato dalla scala di accesso alla metropolitana (la linea 1). Una parte dell’atrio e i gabinetti sono stati demoliti.
Nel 1985 la parte termale venne chiusa. Nel 1990 la struttura fu data in concessione al Consorzio Oberdan Servizi, costituito dagli artigiani che vi lavoravano. Ma gran parte degli artigiani lasciarono il Diurno alla metà degli anni novanta, vendendo una parte degli arredi che consideravano di loro proprietà. Il resto è storia recente, grazie al Fai, che nel 2014 ha preso in custodia questo tesoro che ancora pochi conoscono dopo decenni di abbandono, ma che molti ricordano, un luogo di incredibile eleganza, testimone di un mondo dimenticato, intriso di storia e di umanità, che riecheggia delle voci di una Milano che fu.
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