Milano, We are Social nella bufera
We Are Social è l’agenzia di comunicazione che non ha bisogno di presentazioni. Però ha ricevuto diverse critiche per una situazione che si è verificata all'interno del gruppo di lavoro
Milano, We are Social nella bufera.
We Are Social è l’agenzia di comunicazione che non ha bisogno di presentazioni. Però ha ricevuto diverse critiche per una situazione che si è verificata all’interno.
Da circa due settimane molte persone che lavorano nel settore pubblicitario (in Italia) stanno aprendo dibattiti e discussioni riguardo il difficile ambiente lavorativo a cui molte donne vengono sottoposte nelle agenzie di comunicazione. Parliamo proprio di sessualizzazione, molestie e commenti umilianti.
Il tutto è nato quando Massimo Guastini, pubblicitario, ha rilasciato un’intervista a Monica Rossi, profilo Facebook anonimo di un personaggio del mondo dell’editoria. Nell’intervista, Guastini ha fatto riferimento a una chat in cui diversi uomini catalogavano e “votavano” i sederi, il seno e le gambe delle giovani stagiste che entravano nelle agenzie di comunicazione.
Nei giorni seguenti la chat è diventata, ovviamente, oggetto di molte attenzioni e commenti. Si è infine scoperto che l’agenzia di comunicazione dove questa chat ha preso vita è We Are Social, azienda multinazionale che ha la propria sede italiana a Milano. We Are Social ha centinaia di dipendenti, lavora a campagne pubblicitarie da milioni di euro, e si vanta da diverso tempo di avere una perfetta equità fra lavoratori maschili e femminili.
Questa chat, soprannominata “chat degli 80” perché a farne parte erano circa 80 e ricoprivano ruoli di grande responsabilità all’interno dell’agenzia, è da alcuni giorni oggetto di polemiche, querele, insulti, diffide e indagini. Le conversazioni dentro questa chat sono molto estese, articolate e sessiste. Un’ottantina di uomini si scambiavano quotidianamente commenti molto espliciti e degradanti: si passava da un commento come “che bona è quella” a “con quel vestito il suo culo sembra quello di una balena” fino a veri e propri insulti sessuali così cattivi e umilianti che non ci sentiamo di riportare.
Quando tutto ciò è venuto a galla, c’è stato il canonico fenomeno “scarica barile”. C’è chi dice che i capi non ne sapevano nulla, chi si discosta da queste pratiche ignobili e chi dice che era dentro la chat ma non aveva mai commentato nulla. Insomma, tutti ne facevano parte ma la colpa non è di nessuno. Ad ogni modo, dopo qualche giorno la chat viene chiusa e nessuno dentro We Are Social ne parla più. Le lavoratrici di We Are Social, quando provano a parlare della chat, vengono zittite e schernite con commenti tipo “ma di che parli”? Quale chat?” Insomma, triste, amara e infelice realtà. Omertà totale.
Per molte delle donne dell’agenzia, invece, ci sono state serie ripercussioni psicologiche: in tante si sono domandate se la loro carriera potesse sopravvivere a un ambiente così cameratista e sessista, e se le loro capacità lavorative sarebbero mai state più importanti del loro sedere, seno, gambe e scollatura. A quanto risulta, nessuna delle persone nella chat è stata licenziata, né sono stati messi in atto provvedimenti disciplinari di alcun tipo. Molti membri attivi della chat lavorano ancora in We Are Social e occupano posizioni di responsabilità, vediamo se dopo l’apertura di una indagine interna rimarranno al loro posto di lavoro.
Da Milano è tutto, a voi le considerazioni.
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