Lo sapevate? Che cosa vuole dire e da dove deriva la parola lombarda barlafus?
Lo sapevate? Che cosa vuole dire e da dove deriva la parola lombarda barlafus? Barlafus è una tipica parole del dialetto milanese e lombardo in genere. Si tratta di un vocabolo metà germanico e metà latino che in passato definiva
Lo sapevate? Che cosa vuole dire e da dove deriva la parola lombarda barlafus?
Barlafus è una tipica parole del dialetto milanese e lombardo in genere. Si tratta di un vocabolo metà germanico e metà latino che in passato definiva un utensile di poca utilità. Adesso viene utilizzato per definire uno che parla tanto ma che dice tante stronzate. Andiamo a vedere tutte le curiosità legate a questo simpatico vocabolo.
In generale comunque viene utilizzato per il suo vecchio significato: “Gh’è chì domà barlafus”, cioè “ci son qui solo cose inutili”. Per il significato riferito agli esseri umani indica quindi una persona incapace e incompetente, buono a nulla, persona caratterizzata da pochezza morale.
Per quanto riguarda l’etimologia il termine è probabilmente composto da barla “parla” e fus “fuso” usato anche in fa giò i fus “patire la fame”. Più probabile che il suffisso berla (usato a Bergamo), dal celtico ber “elevazione, montagna” possa indicare una persona alta o marcantonio che parla da “fuso”. Usato talvolta per indicare gli strumenti di lavoro degli artigiani, equivalente di fer del mestee. Forse anche dal celtico per “brillare” (possibile riferimento l’inglese moderno burn “bruciare”): “cosa che brilla senza valore”, con suffisso -us equivalente a diminutivo spregiativo.
Secondo uno studio più attento comunque la parola è formata da “barna”, che nell’antico germanico era la piastrina forata dentro la quale si infilava la punta del fuso (latino “fusus”) perché questo stesse ben fisso al suo posto durante la filatura. Il barlafus quindi era un arnese da lavoro molto modesto; quindi più tardi qualsiasi utensile di poco conto veniva chiamato così. Oggi si usa questa parola in senso ancora più lato, per cosa da nulla, arnese da lavoro o no.
Una bella ricostruzione legata al teatro viene da Cabaretmilanoduemila.
Con la decadenza della grandezza romana, anche il teatro degenerava nella corruzione e nella lussuria. Sorse così il popolaresco Mimiambo. I mimiambi non erano altro che farsacce in versi rozzi, che offrivano alla plebe situazioni scandalose e contro il pudore ispirate a licenze erotiche di dame e patrizi. I Mimi erano attori e autori allo stesso tempo, recitavano in modo estemporaneo o seguendo dei piccoli canovacci; erano molto amati dal popolino, ma osteggiati dal potere che li considerava la parte più infima della recitazione, esaltando per contro l’attività degli attori.
Le autorità cercarono di osteggiare con ogni mezzo l’attività dei mimi imponendo loro delle limitazioni ed obblighi, tra questi vi era il dovere di recitare scalzi. Per questo obbligo degradante di dover recitare planis pedibus, i mimi venivano chiamati exalceati. Questo vocabolo è sorprendente, quasi identico di significato all’espressione dialettale lombarda scalcinaa, uomini male in arnese nel fisico o nel morale. Il concetto romano del disprezzo per quei comici plenipedi si mantenne non solo nelle nazioni neolatine, come in Francia dove venivano chiamati nu-pieds, ma anche in Germania, con l’espressione di barfuss che significa appunto piede nudo – scalzo. Durante la dominazione austriaca in Lombardia, da barfuss a barlafuss il passo e la deformazione sono stati semplici e brevi. Pertanto barlafus in milanese, sta ad indicare un uomo, e soprattutto un oggetto di nessun conto.
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