Monumenti milanesi: Palazzo Castiglioni, il manifesto dell’Art Nouveau in città
Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904, costituisce il "manifesto" artistico dell'Art Nouveau a Milano. L'edificio fu realizzato dall'impresa Costruttori F.lli Galimberti a tre piani, con due facciate, una principale sulla strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo principale e costituenti le scuderie e la rimessa.
Monumenti milanesi: Palazzo Castiglioni, il manifesto dell’Art Nouveau in città.
Palazzo Castiglioni si trova in Corso Venezia numero 47, fu commissionato nel 1900 dall’ingegnere Ermenegildo Castiglioni all’architetto Giuseppe Sommaruga. La scelta di Corso Venezia, tra palazzi settecenteschi e neoclassici, riflette la volontà della borghesia di creare una rottura con il passato grazie all’art nouveau – che in Italia prende il nome di liberty – movimento artistico che, con declinazioni diverse, interessa le arti applicate e l’architettura.
Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904, costituisce il “manifesto” artistico dell’Art Nouveau a Milano. L’edificio fu realizzato dall’impresa Costruttori F.lli Galimberti a tre piani, con due facciate, una principale sulla strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo principale e costituenti le scuderie e la rimessa.
Il palazzo si sviluppa su tre piani con due facciate: la principale è rivolta verso corso Venezia, l’altra verso via Marina. La prima si basa sul contrasto tra il liscio delle superfici a intonaco, lo scabro della pietra e il disegno vivace delle decorazioni e dei ferri. La seconda propone mattoni rossi, logge vetrate e ringhiere in ferro battuto.
Il palazzo ha un basamento con bugnato grezzo che riprende le forme naturali della roccia; le altre decorazioni presenti sono una ripresa dello stucco in stile settecentesco.
Attualmente è sede dell’Unione Commercianti di Milano. (Unione del commercio – Confcommercio).
Il palazzo deriva una parte consistente del suo interesse dall’elevata qualità dei materiali e delle lavorazioni artistiche e artigianali, secondo l’obiettivo tipicamente liberty dell’opera d’arte “totale” che coinvolge tutte le discipline artistiche e artigianali. Tra i fornitori e artigiani, per esempio, giocarono un ruolo particolarmente importante la ditta Porroni di Canzo, che si occupò con elevata perizia dei sarizzi, e la ditta Corda e Malvestito che fornì i ceppi.
Il palazzo inizialmente non piacque: nel 1903 furono tolti i ponteggi dalla facciata, l’opinione pubblica si schierò fortemente contro fino ad ottenere di far rimuovere due statue di figure femminili colossali poste sopra il portale d’ingresso. Le due statue, opera di Ernesto Bazzaro, suscitarono scandalo tanto da far pubblicare vignette satiriche sulla vicenda del palazzo Castiglioni sul giornale Il Guerin Meschino nei mesi successivi all’inugurazione (17-24-31 maggio e 11-14 giugno e 19 luglio). Le figure femminili risultavano incomprensibili nel loro significato simbolico (in realtà ben rappresentavano l’una la pace e l’altra l’industria), secondariamente erano criticate perché non avevano un ruolo preciso, non erano cariatidi a sostenere il portale o un balcone, e in ultimo (ma sicuramente era questo l’argomento principale) si accusavano di essere troppo procaci e nude (il popolino milanese prese a definire ironicamente il palazzo la Ca’ di ciapp, ovvero Casa delle chiappe).
Le due statue furono così trasferite nei magazzini della ditta Galimberti, l’impresa a cui era stata affidata la costruzione del palazzo, e successivamente poste su un fianco di villa Luigi Faccanoni, sempre a Milano. Il portale, rimasto privo di questi due elementi importanti, dovette essere modificato.
Gli arredi interni furono distrutti dalle truppe americane che occuparono il palazzo nel 1945 e li utilizzarono come legna da ardere. Si salvarono le decorazioni, i ferri battuti e le lampade.
L’edificio fu sottoposto a vincolo monumentale il 5 marzo 1957.
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