La strage di Latina: “Ho paura di mio marito”, diceva Antonietta Gargiulo ma nessuno l’ha ascoltata e ora nessuno potrà farlo più.

La strage di Latina raccontata nella 27a Ora del Corriere: parole che toccano il cuore quando ormai, purtroppo è davvero troppo tardi. Ieri all’alba Luigi Capasso, 43 anni, carabiniere a Velletri, raggiunge sotto casa a Cisterna di Latina la moglie,
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La strage di Latina raccontata nella 27a Ora del Corriere: parole che toccano il cuore quando ormai, purtroppo è davvero troppo tardi.
Ieri all’alba Luigi Capasso, 43 anni, carabiniere a Velletri, raggiunge sotto casa a Cisterna di Latina la moglie, Antonietta Gargiulo, 39 anni, che sta andando al lavoro. Capasso le spara tre colpi di pistola ferendola gravemente. Poi prende le chiavi di casa dalla sua borsa e sale nell’appartamento dove stanno dormendo le due figlie Alessia di 13 anni e Martina di 7. Capasso uccide Martina mentre dorme, poi raggiunge nella sua camera Alessia che si è alzata dopo aver sentito gli spari. Capasso si suicida alle 13.15 sparandosi con la pistola.
Un mese fa Luigi Capasso si è appostato sotto casa di sua moglie alle 8 di mattina. Lei ha chiamato terrorizzata il 118 ma, quando è arrivata la Volante per identificarlo, lui ha spiegato che aspettava alcuni amici per prendere un caffè. E li ha mandati via. Era il 29 gennaio. Un mese dopo lei è in fin di vita in un letto di ospedale, lui ha ucciso le loro figlie Martina e Alessia di 7 e 13 anni.
Il primo esposto. I verbali e gli esposti di Antonietta Gargiulo raccontano la sua paura, i suoi appelli disperati, le violenze e le aggressioni. Polizia, carabinieri, amici, parenti, parroco, assistenti sociali: tutti sapevano, ma nessuno ha potuto o voluto fare nulla. Perché è vero che senza una formale denuncia non si poteva impedire a Capasso di avvicinarsi a lei e alle bambine. Ma in situazioni così gravi e chiare a tanti se non tutti, è insensato aggrapparsi soltanto alla legge per stabilire se poteva e non poteva essere salvata una donna che aveva chiesto aiuto. E invece alla fine Antonietta è rimasta sola, in attesa di una sentenza di separazione che comunque non l’avrebbe sottratta a questa tragedia. «Un provvedimento di interdizione non ha mai impedito questi fatti», ha detto il suo avvocato. E invece per sottrarsi alla violenza e alle aggressioni sarebbe bene percorrere ogni strada, anche quelle che appaiono inutili. E per comprenderlo bisogna tornare al 7 settembre scorso, quando Antonietta si presenta alla questura di Latina. Deposita un esposto, lo scrive a mano.
«Sono qui perché qualche giorno fa mio marito Luigi Capasso, carabiniere presso la stazione di Velletri, è venuto fuori dalla fabbrica dove lavoro e mi ha strattonato per un braccio. Mi ha chiesto di sapere il nome della persona che mi aveva mandato un sms. Tutto questo è avvenuto davanti a testimoni. Quella sera ho chiesto ospitalità a un’amica che abita a Latina e ho dormito a casa sua con le mie figlie minori Martina e Alessia. Per questo vi chiedo che questi episodi non si verifichino mai più». È spaventata, ma spiega di non voler presentare la denuncia «perché mio marito rischierebbe di perdere il lavoro». Lui è già stato sospeso dal servizio per cinque anni perché finito sotto inchiesta per una vicenda di truffe alle assicurazioni. Con nuove accuse potrebbe essere congedato. Antonietta sceglie la procedura per la «composizione tra le parti». Un mese dopo chiede l’intervento dei servizi sociali perché non vuole che le figlie vedano il padre da sole.
La visita psicologica. Capasso viene convocato in questura il 30 gennaio scorso. Mostra di essere pentito: «Sono cinque mesi che sto fuori da casa per decisione di mia moglie. Ho sbagliato, ma ora voglio tornare dalle mie figlie. Spero che mia moglie voglia farmi rientrare a casa». Sta fingendo, ma nessuno se ne accorge. Eppure appena una settimana prima era andato al commissariato di Cisterna di Latina per presentare un esposto contro Antonietta. «Mia moglie non vuole farmi entrare in casa e invece io voglio le chiavi per prendere i miei effetti personali e per consentire all’agenzia immobiliare di effettuare le visite al fine di vendere l’appartamento». In realtà vuole soltanto tenere sotto controllo la donna, continuare a tormentarla. Lei è andata per due volte nella caserma dove lui lavorava, ha raccontato ai suoi colleghi quello che le fa. Non è servito. L’ultima visita psicoattitudinale alla quale è stato sottoposto tre mesi fa lo ha giudicato «idoneo al servizio». Nessuno ha ritenuto che il possesso dell’arma di ordinanza potesse rappresentare un pericolo.
Antonietta invece lo aveva capito e il 26 gennaio, quando è stata chiamata in commissariato per la notifica dell’esposto di lui, ha raccontato: «Subito dopo il matrimonio il nostro rapporto è stato molto conflittuale con accese discussioni anche in presenza delle nostre figlie minori. Ora siamo in fase di separazione giudiziale, la prima udienza è il 29 marzo. La casa dove abito è di sua proprietà e mio marito dal 9 settembre ha deciso spontaneamente e volontariamente di allontanarsi a seguito di un grave episodio avvenuto il 4 settembre, quando ho subito un’aggressione fisica e verbale sul posto di lavoro e successivamente presso la nostra abitazione davanti alle figlie e testimoni presenti. Ho ancora paura di mio marito per il suo carattere violento e aggressivo e gli farò recapitare i suoi effetti personali. Sino alla data della prima udienza voglio che stia lontano da me e dalle nostre figlie e la smetta di inviarmi messaggi e telefonarmi in continuazione». Nessuno l’ha ascoltata. Nessuno ha potuto o voluto aiutarla. Nessuno potrà farlo più.

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Nugoro tzelebrat Grassia Deledda: sa domo museu chi contat sa vida de s’iscrittora premiu Nobel.

Oe, sa domo est divennida unu museu, apparande a sos bisitadores s’opportunidade de si affundare in sa vida e in s’opera di una de sas friguras pius importantes de sa litteradura italiana de su Noighentos.
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Nugoro tzelebrat Grassia Deledda: sa domo museu chi contat sa vida de s’iscrittora premiu Nobel.
In Nugoro, in su coro de sa Sardigna, bi est sa domo in sa cale est naschida Grassia Deledda, s’unica iscrittora italiana chi at binchidu su premiu Nobel po sa litteradura. Oe, sa domo est divennida unu museu, apparande a sos bisitadores s’opportunidade de si affundare in sa vida e in s’opera di una de sas friguras pius importantes de sa litteradura italiana de su Noighentos.
Sa Domo Museu Grassia Deledda custoit sos oggettos personales, documentos, fottograffias e documentos iscrittos a manu chi permittint de iscoperrere non solu s’iscrittora, ma fintzas sa femina, su cuntestu de sa famiglia e su ligamene fungudu cun sa terra sua. Passizzande intre sas istantzias, est possibile torrare a bivere s’atmosfera de su incumintzu de su Noighentos e alcansare s’ispiratzione chi at ghiadu medas de sas operas suas, dedicadas a sa vida de donzi die, a su connottu e a sas tribulias de sa Sardigna.
Su museu non si allindat a contare sa vida privada de sa Deledda: proponnet fintzas caminos a tema ligados a sos romanzos suos, a s’attividade litteraria sua e a su riconnoschimentu internatzionale de su Premiu Nobel, retzidu in su 1926. Intre apparadas a tempus, abbenimetos culturales e letturas pubbricas, sa Domo Museu si ponet comente logu de addobiu e devuccamentu capatze de accostare sas ingendras novas a sa connoschentzia de s’iscrittura e de s’istoria litteraria sarda.
Bisitare sa Domo Museu Grassia Deledda cheret narrere faghere uni biazu in su tempus e in sa cultura de s’isula, cumprendinde cantu sa Sardigna eppat influentzadu sas operas suas e comente s’iscrittora siat resessida a revertire istorias locales in contos universales, appretziados in tottu su mundu.Su Museu est oe no solu unu donu a sa memoria de GrassiaDeledda, ma puru unu puntu de relata po su turismu culturale e litterariu, chi dat balore a sa ricchesa istorica e artistica de sa tzittade de Nugoro.
Attività realizzata col contributo della Regione Sardegna — IMPRENTAS 2024-2025. LR 22/2018, art. 22

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