Ieri si è svolta un’udienza presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari in seguito all’appello dell’avvocato volto a proteggere un bambino che ha denunciato (con tanto di lividi ed escoriazioni) di essere stato picchiato dagli operatori di una comunità.
Alcune settimane fa una mamma brasiliana aveva sporto denuncia nei confronti degli operatori di una comunità del Sulcis che avrebbero maltrattato il figlio maggiore, ospitato in una comunità assieme alla sorellina di tre anni. La mamma ha segnalato il fatto anche ai Servizi Sociali, che però non le avrebbero creduto. L’avvocato, a seguito di una certificazione ASL, che attesta la presenza di una sindrome da disadattamento, ha presentato un appello urgente per proteggerlo sia dai danni psicologici della separazione dalla mamma, sia dai danni fisici dei maltrattamenti riferiti dalla mamma stessa. Alcuni giorni fa il bambino si è presentato all’incontro con la mamma con un orecchio fasciato, raccontando di essere stato malmenato nuovamente da un operatore. Il Tribunale ha preso tempo e non sembra intenzionato a intervenire tempestivamente, nemmeno per spostare i bambini in un’altra comunità.
La mamma ha quindi deciso di rendere pubblica la vicenda per sollecitare le autorità ad ascoltare il grido di dolore dei suoi bambini, e ha registrato in un video il racconto del bambino (mentre mimava i maltrattamenti). Questo video è stato postato su Facebook da alcune amiche della mamma nel gruppo Aiutiamo i Bambini Sottratti Alle Mamme Brasiliane in Italia ed è già diventato virale. Oggi sul gruppo Facebook sono stati postati anche la foto dell’orecchio bendato e un video della mamma che racconta la sua incredibile storia con più di ventiquattromila visualizzazioni in poche ore. La mamma ha già presentato una seconda denuncia per maltrattamenti, e anche il Consolato brasiliano in Italia, informato della vicenda, si sta attivando.
ENNESIMO ABUSO SU MINORE IN COMUNITA'
CONDIVIDIAMO PER FAVORE… CAGLIARI, 17 AGOSTO 2017. ENNESIMO ABUSO IN CASA FAMIGLIA. FIGLIO TOLTO ALLA MADRE E PICCHIATO IN COMUNITA'.Bambino picchiato in comunità. La madre brasiliana con permesso di soggiorno. Conviveva con un italiano. Già alcune settimane fa, fece denuncia per gli abusi e le percosse subite dal piccolo in comunità ma non successe nulla. Ora il bambino è stato picchiato di nuovo ma il Tribunale ancora non interviene e nessuno fa nulla. Nel video la madre racconta cosa sta succedendo.
Nai-post ni Senza PELI Sulla Lingua noong Huwebes, Agosto 17, 2017
In seguito a una separazione molto conflittuale, l’anno scorso il tribunale accoglie la richiesta del Pubblico Ministero di affidare i figli ai servizi sociali, anche se la mamma mantiene la responsabilità genitoriale. In seguito, quando la mamma si ritrova senza casa, i servizi dispongono di istituzionalizzare la famiglia, collocandola in una comunità madre-bambino.
E in comunità le cose non vanno bene: ci sono conflitti con gli educatori sull’educazione dei figli. La madre vuole crescere i figli a modo suo, mentre gli operatori hanno delle opinioni diverse: il contesto di cattività – anziché migliorare la situazione, l’ha fatta precipitare. Secondo la mamma, i conflitti nascono dall’età avanzata degli educatori, dalla loro mancanza di pazienza e dai loro modi bruschi (strattonerebbero i bambini e li maltratterebbero); lei vorrebbe usare un’educazione fondata sul dialogo e sulla comunicazione. Da questo nascono dei conflitti verbali – anche accesi – con gli operatori. Questi scrivono una relazione, riversando sulla mamma molte responsabilità e problematicità di natura psicologica soggettiva. Alcune critiche alla madre sono addirittura contrastanti – la mamma appare colpevole di occuparsi troppo dei bambini e, allo stesso tempo, di non occuparsene abbastanza – ma il Tribunale le accetta come oro colato. Per risolvere la questione (dovuta, secondo il Tribunale, non alla situazione di cattività in cui sono obbligati a vivere, ma a presunte “criticità psicologiche” della mamma), si stabilisce l’allontanamento per garantire ai ragazzi “un ambiente sereno e stabile”. Le colpe della mamma sono così riassunte: grave inadeguatezza; non rispetta le regole di vita comune della struttura (si ribella, cioè, all’istituzionalizzazione); e si contrappone con forza al linguaggio volgare agli operatori. In altre parole: si ostina a voler fare la mamma – segno evidente, a quanto pare, di malattia mentale. Il padre non viene neppure preso in considerazione, e nel decreto non si parla di visite con il padre. I bambini vengono tenuti in comunità, lontano dalla famiglia e dagli affetti, sebbene siano presenti e disponibili sia i nonni sia la zia.
«Le dichiarazioni del bambino sui possibili maltrattamenti depongono a favore della mamma», sostiene Paolo Roat Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus. «Se le accuse di maltrattamento, con tanto di lesioni e lividi registrati nel video, si dimostreranno corrette, forse la controversa “inadeguatezza genitoriale” sarebbe dovuto essere addebitata agli operatori della comunità – non alla mamma. L’allontanamento è una grave violazione dei diritti dei bambini perché è interamente basato su valutazioni psicologiche prive di qualsiasi riscontro oggettivo (analisi di laboratorio, radiografie o altro), e dunque – per loro natura – soggettive e opinabili. Ci auguriamo che la Consulente Tecnica incaricata dal Tribunale ponga fine a questa ingiustizia, e ringraziamo il Console brasiliano per il suo intervento a tutela dei suoi connazionali. Lanciamo anche un appello al Sindaco affinché, non appena contattato, intervenga subito come massima autorità sanitaria del Comune».
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