Si tratta di uno dei pigmenti più ricercati della preistoria ed è possibile trovarne anche in Sardegna (il campione che vedete in foto proviene dall’Iglesiente). Si tratta dell’ocra, “Una miscela di minerali ferrosi dall’aspetto “terroso”, in grado di sfumare in tonalità dal rosso al giallo”, specifica il geologo del GeoMuseo Stefano Incani di Masullas, Luigi Sanciu.
Dalla preistoria fino ai giorni d’oggi l’ocra ha avuto un carattere multifunzionale, assumendo molte volte un valore simbolico-magico. Nel Paleolitico l’utilizzo dell’ocra non era univoco: polverizzata, venne impiegata sia come colore nelle pitture rupestri sia nell’ambito dei rituali funerari.
L’ocra rossa fu ritrovata anche nelle sepolture neolitiche della Sardegna e trova un preciso significato nei rituali funerari attestati ad esempio nelle tombe della necropoli ipogeica del Neolitico Medio (4800-4450 a. C.) di Cuccuru S’Arriu di Cabras: nella tomba n. 387 il defunto era adagiato in posizione fetale con la statuina posta nella mano destra; il corredo era disposto tutto attorno al corpo; all’interno di una ciotola furono rinvenute due conchiglie aperte incrostate di ocra rossa, le cui tracce erano presenti anche sullo scheletro e sul corredo.