Bracconaggio nei boschi di Siliqua. Denunciati tre uomini

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Quando si parla di paesi sardi con radici “straniere”, i primi nomi che vengono in mente sono quasi sempre gli stessi: la catalana Alghero e la ligure Carloforte. Ma in pochi sanno che anche tra le colline selvagge della Planargia esiste un borgo che custodisce una storia altrettanto affascinante e decisamente poco conosciuta.
Quel borgo è Montresta, minuscolo centro ai confini con il Logudoro turritano, a un passo da Bosa. Oggi conta meno di 500 abitanti, ma le sue origini raccontano un viaggio lungo e avventuroso che parte addirittura dal cuore del Peloponneso, in Grecia.
La storia comincia con i Manioti, un popolo fiero proveniente dalla penisola della Maina. Sconfitti dagli Ottomani nel XVII secolo, trovarono rifugio in Corsica, allora sotto dominio genovese. Ma la convivenza con i corsi non fu mai semplice: tensioni, rivalità e una ribellione anti-genovese resero presto la loro permanenza insostenibile.
Fu così che, intorno al 1746, un gruppo di famiglie greche decise di ripartire. Il loro viaggio li condusse in Sardegna, dove trovarono un insperato protettore: Carlo Emanuele III, lo stesso sovrano che aveva accolto i tabarchini a San Pietro. Grazie a lui nacque nel 1751 il villaggio di San Cristoforo di Montresta, presto soprannominato “Montresta la greca”.
Le relazioni con i vicini bosani furono tutt’altro che semplici, ma la comunità ellenica, guidata dalla famiglia Passerò (cognome derivato dal greco Psaròs), riuscì a mettere radici e a tramandare la propria presenza fino a oggi. Ancora oggi, alcuni discendenti vivono tra le stradine silenziose del paese, custodi inconsapevoli di una storia che intreccia Oriente e Occidente.