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Il ragno che risveglia paure ancestrali viene avvistato spesso nelle campagne isolane. Il suo segno inconfondibile sono tredici macchie rosse sul corpo. Il suo nome e la sua pericolosità evocano arcani e antichi rituali. Scopriamo insieme di che animale si tratta.
Alla temutissima malmignatta (o argia) sono legate parecchie leggende. Tutti i ragno possiedono un veleno per catturare le prede ma l’argia e il ragno violino in Sardegna sono i più pericolosi. Il ragno violino può vivere vicino alle abitazioni, può entrare in casa e nascondersi. Più difficile vedere l’argia che raramente abbandona la ragnatela.
La Malmignatta Latrodectus tredecimguttatus, si trova nella macchia mediterranea, in pinete e rimboschimenti costieri, nei muretti a secco. Si tratta di un ragno meglio noto come la “vedova nera mediterranea”, in sardo conosciuta e temuta con il nome di “Argia” o “arza”, che significa variopinta.
L’aracnide appartiene alla famiglia Theridiidae. In Italia assieme alla Loxosceles rufescens è una delle poche specie il cui morso può creare un serio pericolo per gli esseri umani. Latrodectus tredicimguttatus, anche nella variante genetica sarda, è il parente stretto della vedova nera americana Latrodectus mactans, dal morso molto più pericoloso.
Nella tradizione era un ragno molto temuto dai contadini, in quanto era solito annidarsi sotto le pietre, tra i cespugli e gli sterpi, in ambiente di campagna. Il veleno è di tipo neuro-tossico ovvero colpisce il sistema nervoso passando attraverso il sistema linfatico, e contiene una potente tossina chiamata Latrotossina.
La femmina adulta è quella potenzialmente più pericolosa per l’uomo. Il morso della femmina non provoca dolore istantaneo ma i suoi effetti possono manifestarsi già nei primi 15 minuti con sudorazione, nausea, conati di vomito, febbre, cefalea, forti crampi addominali e nei casi più gravi perdita di sensi e talvolta morte, eventuali complicanze cardiache possono verificarsi a distanza di 1-3 ore dopo il morso. I casi mortali sono tuttavia veramente molto rari.
Nell’Isola, la tradizione popolare dell’Argia è ancora molto sentita. Si pensava che la persona morsa da questo ragno fosse posseduta dal demonio; per essere guarita e liberata dalla possessione era necessario eseguire una danza, “Su ballu de s’Arza” (il ballo dell’Argia), da eseguire intorno alla vittima del morso, che stava in una fossa, ricoperta di letame fino al collo. Le danzatrici erano 21 donne, divise in nubili, maritate e vedove.