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San Salvatore di Sinis: il villaggio sardo che fu set di spaghetti western.
Nel cuore della Sardegna, a pochi chilometri dalla splendida spiaggia di Is Arutas e dall’antica città di Tharros, si cela un luogo unico, un vero e proprio villaggio western che sembra teletrasportato dall’Arizona o dal Nuovo Messico.
Si tratta di San Salvatore di Sinis, una piccola frazione di Cabras che, nonostante sia abitata soltanto per pochi giorni all’anno, nasconde una storia millenaria e ha segnato una pagina importante nella storia del cinema italiano.
La singolare somiglianza del borgo sardo ai paesaggi di frontiera americani non è sfuggita all’occhio dei produttori cinematografici. Tra il 1967 e il 1990, per oltre due decenni, il villaggio è stato trasformato in un set cinematografico, ospitando le riprese di numerosi film del genere spaghetti western. È stato qui che, con l’aggiunta di un saloon e altre scenografie, sono state girate le scene di film come “Giarrettiera Colt” (1968) di Gian Andrea Rocco. Questo lungometraggio, in particolare, è diventato una vera e propria ispirazione per il celebre “Kill Bill” di Quentin Tarantino, rendendo il villaggio un luogo di culto per i cinefili di tutto il mondo. Negli ultimi anni, San Salvatore di Sinis ha ritrovato la popolarità grazie a film come “Figlia mia” di Laura Bispuri, con Alba Rohrwacher, e “La leggenda di Kaspar Hauser”, con Vincent Gallo, consolidando il suo ruolo di location d’eccezione.
Al di là del suo recente passato cinematografico, la storia del villaggio affonda le radici in un’epoca molto più remota. L’area, infatti, è stata un luogo sacro sin dall’età nuragica, e la sua profonda spiritualità ha attraversato i millenni. In epoca punica, l’area era dedicata a Sid, dio guaritore, e sulla stessa scia i romani vi praticarono il culto di Asclepio. Questo quadro di romanizzazione è testimoniato dai ruderi delle terme imperiali, noti come Domu ‘e Cubas, con il loro pavimento in mosaico policromo, e dalle tracce di un granaio risalente al II secolo a.C. Il cuore spirituale del borgo è l’ipogeo, una struttura preistorica scavata nella roccia che, a partire dal IV secolo, fu trasformata in un santuario paleocristiano in onore del Salvatore.
L’attuale aspetto del borgo, con la sua architettura medievale e le sue strade polverose, risale al periodo del dominio spagnolo. La sua identità è indissolubilmente legata alla chiesa di San Salvatore, costruita nel XVII secolo proprio sopra il santuario preistorico. Attorno alla chiesa sorgono sas cumbessias, piccole e disadorne abitazioni edificate alla fine del XVII secolo per ospitare i pellegrini che arrivano per le novene in onore del Santo, che si svolgono tra agosto e settembre.
Il borgo di San Salvatore di Sinis si anima in modo straordinario durante uno degli eventi identitari più suggestivi e sentiti della Sardegna: la Corsa degli Scalzi. In occasione di questa processione, oltre 800 curridoris, vestiti con un saio bianco, accompagnano a piedi nudi su un lungo sterrato il simulacro del santo dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Cabras al borgo. Il giorno seguente, il simulacro viene riportato nella parrocchiale. È in queste giornate di settembre che la magia del luogo si manifesta, fondendo la sua storia di “Far West” con la tradizione e la devozione millenaria. Un contrasto affascinante che rende San Salvatore di Sinis un luogo unico al mondo, capace di trasportare i visitatori in epoche e mondi lontani, tra leggende antiche e suggestioni cinematografiche.