Lo sapevate? Come si dice trottola in sardo?

Sapete come si dice trottola in sardo campidanese?
Lo sapevate? Come si dice trottola in sardo?
Sapete come si dice trottola in sardo campidanese?
La risposta è di quelle che ti fanno sorridere mentre cerchi di ripeterla senza inciampare nella lingua: la parola che indica la trottola in sardo ha un suono curioso, quasi ipnotico, un piccolo vortice di consonanti e vocali che danza e si attorciglia come, guarda caso, una vera trottola lanciata a tutta velocità, tanto da sembrare uno scioglilingua inventato da un burlone: “Bardunfula”. Dietro questo nome così bizzarro e affascinante si nasconde un oggetto che ha fatto girare, e non solo nel senso fisico, intere generazioni di bambini sardi, trascinandoli in pomeriggi pieni di corse, sfide e risate. La vecchia trottola di legno, con il suo inseparabile perno metallico e quello spago da avvolgere con meticolosa pazienza, prendeva vita con un gesto secco, deciso, e una volta lanciata cominciava a ruotare vorticosamente, come se non volesse mai fermarsi, regalando ai suoi piccoli proprietari momenti di puro divertimento e interminabili competizioni di abilità e resistenza.
La “bardunfula” non era soltanto un gioco, era un vero e proprio rito di passaggio, una prova di destrezza che separava i principianti dagli esperti, in un’epoca benedetta in cui il massimo della tecnologia era avere uno spago nuovo e un terreno sufficientemente liscio su cui farla danzare. Fino agli anni Settanta, la bardunfula era una presenza fissa nei cortili, nei vicoli e nelle piazze polverose dei paesi della Sardegna, un piccolo miracolo di semplicità che teneva i bambini incollati alla realtà invece che a uno schermo. E poi c’è la chicca linguistica: la parola bardunfula non è nata per caso, ma ha origini affascinanti che ci raccontano storie di incontri e dominazioni, derivando dal catalano “baldufa”, una traccia lasciata dalle tante influenze che hanno attraversato e plasmato la cultura sarda nel corso dei secoli.
E come se non bastasse, ci sono anche delle varianti nel nome, come “badrunfula”, che rendono il tutto ancora più colorito e interessante. Oggi, purtroppo, la bardunfula sopravvive più nei racconti degli anziani, nelle teche polverose dei musei etnografici o abbandonata in qualche soffitta dimenticata, piuttosto che tra le mani dei bambini, ormai conquistati da giocattoli digitali e schermi iper-luminosi; per loro, questa piccola meraviglia di legno e metallo somiglia più a un reperto archeologico che a una fonte di divertimento. Eppure, se ci pensate, la bardunfula resta il simbolo di un tempo straordinario in cui per far girare la fantasia bastava davvero poco: una trottola, uno spago e un pizzico di felicità che oggi meriterebbe, forse, di tornare a ruotare un po’ anche nelle nostre vite.

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