Lo sapevate? Che cosa vuol dire in sardo campidanese la parola “bambu”?

In sardo campidanese esiste una parola tanto semplice quanto micidiale: "bambu" è una di quelle parole che ti colpisce con leggerezza ma ti resta addosso come una pernacchia sonora in mezzo al silenzio. Altro che innocente: dietro la sua apparente tenerezza si nasconde una lama affilatissima di sarcasmo.
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Lo sapevate? Che cosa vuol dire in sardo campidanese la parola “bambu”?
In sardo campidanese esiste una parola tanto semplice quanto micidiale: “bambu” è una di quelle parole che ti colpisce con leggerezza ma ti resta addosso come una pernacchia sonora in mezzo al silenzio. Altro che innocente: dietro la sua apparente tenerezza si nasconde una lama affilatissima di sarcasmo.
Significa scipito, insipido, roba che non sa di niente, proprio come quel pane azzimo che ti aspetti fragrante e invece ti delude amaramente. Ma non finisce qui, perché “bambu” non è solo una faccenda da gastronomia — no, no. È anche il termine perfetto per etichettare, con la sottile ironia tipica dei sardi, una persona un po’ così… come dire… senza sale in zucca, un po’ smorta, che ti guarda con l’aria di chi ha la testa tra le nuvole ma non in modo poetico, più come se la testa fosse andata proprio in ferie e si fosse pure dimenticata di tornare. Se poi vogliamo essere ancora più affettuosamente perfidi, si usa anche “bambatzu”, che suona quasi come un vezzeggiativo ma in realtà rincara la dose: insipido e svanito con gli interessi! Insomma, è una di quelle parole sarde che non ti aspetti, che ti strappa un sorriso e al tempo stesso ti ricorda che la lingua isolana non ha bisogno di tanti giri di parole per centrare il bersaglio. Attenzione, quindi: essere chiamati “bambu” non è esattamente un complimento, ma possiamo almeno consolarci pensando che è una presa in giro così creativa da meritarsi quasi un applauso.

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