Lo Sapevate? L’Epifania in Sardegna: nell’Isola il 6 gennaio è “pascha nunçi”
"Epifania tutte le feste si porta via", espressione estremamente diffusa al livello popolare ma che di certo non trova corrispondenze nella tradizione sarda. Oggi è la giornata dell'Epifania e della Befana, tanto attesa dai piccini ma priva di tradizione nella nostra Isola.
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, ecco i bimbi vigili per l’arrivo della Befana, a cavallo di una scopa e sulle spalle un sacco carico di dolci da mettere nella calza, appositamente appesa al caminetto, di ciascun pargolo. Una sorta di appendice dei regali di Gesù Bambino, la notte del 24 dicembre. Ma la Befana e la festa dell’Epifania, così come oggi concepita, è priva di tradizioni nella nostra Sardegna, le cui caratterizzazioni più originali sono state a poco a poco soppiantate.
La parola “Befana” sembra sia una derivazione volgare di Epifania – dal greco antico “epifàino”, lett. “mi manifesto, appaio” – la cui festa è stata istituita in Oriente nel II secolo per celebrare la Natività del Signore. In seguito, l’Epifania si è diffusa nel mondo cristiano nel IV secolo e in seguito, quando il Natale è stato fissato al 25 dicembre, si è fatta corrispondere al 6 gennaio. In questa data, infatti, oggetto della ricorrenza, secondo la tradizione, è la manifestazione della divinità di Gesù Cristo all’umanità e la visita dei magi, nel cristianesimo occidentale, con in dono oro, incenso e mirra.
Insomma, la Befana così come conosciuta oggi è qualcosa certamente non indigeno. Nella tradizione sarda infatti il 6 gennaio era “sa die de sos tres urrèis”, identificati proprio con tre magi (il cui numero non trova menzioni universali), carichi di doni per il bimbo Gesù.
Come riportato da Gian Paolo Caredda, sembra che la giornata del 6 gennaio in Sardegna sia chiamata già dalla Carta de Logu di Eleonora d’Arborea “pascha nunçi”, ovvero l’annuncio della Pasqua. Riferimenti bibliografici: Gian Paolo Caredda “Le tradizioni popolari della Sardegna”, Archivio Fotografico Sardo, Nuoro 1993.
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Lo sapevate? La roverella più grande e antica d’Europa vive in Sardegna e ha quasi mille anni
Sardegna terra di alberi millenari e maestosi.
Sardegna terra di alberi millenari e maestosi. Querce, ficus, ginepri, arbusti di mirto, magnifici olivastri e anche roverelle. Scoprite dove vive placidamente questo imponente albero che può vantare una circonferenza del fusto davvero impressionante.
La Roverella, Quercus pubescens, la specie di quercia più diffusa in Italia. Appartiene alla famiglia delle Fagaceae ed è un albero a crescita lenta.
La roverella più vecchia d’Europa (chiamata anche Sa Melabrina, per la località) si trova a Illorai, in località Melabrìna, Foresta Burgos. Il tronco , alla base, misura 1150 cm e l’altezza è di 29 metri. Si ritiene abbia più di 900 anni. Un vero e proprio monumento vivente, uno dei più antichi d’Italia e d’Europa. La Regione Sardegna l’ha inserita tra i monumenti naturali con un decreto del 2015. Si trova addirittura a 850 metri di altezza sul livello del mare e fa parte di un sentiero, chiamato “dei grandi alberi”, dove vivono tante altre roverelle, lecci e alberi secolari.
Resistente all’aridità, è capace di adattarsi anche a climi relativamente freddi, la roverella è facilmente riconoscibile d’inverno in quanto mantiene le foglie secche attaccate ai rami, a differenza delle altre specie di querce.
Le doti di rusticità e plasticità di questa pianta, grazie soprattutto all’enorme vitalità della ceppaia, hanno permesso alla roverella, attraverso i secoli, di resistere agli interventi distruttivi dell’uomo.
Non lontano, sempre nel territorio di Illorai, vive un altro albero secolare che può vantare un aspetto molto curioso. In località “Sa Cariasa”, nello splendido parco comunale di Jscuvude, dove fortunatamente l’azione distruttiva dell’uomo è stata minima se non assente, è possibile vedere un singolare innesto naturale: un leccio e una roverella. Si tratta di una bizzarria botanica, questo albero vede fusi in un unico tronco una roverella e un leccio. La chioma da un lato porta le foglie sempreverdi del leccio e dall’altra quelle della roverella. Soprattutto in inverno il contrasto è particolarmente insolito.
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