Tra le colline del sud-ovest della Sardegna, immerso nella natura rurale del Medio Campidano, sorge Guspini, una piccola piccola cittadina di origine medioevale. Il comune conta quasi dodicimila abitanti che tengono alte le tradizioni locali e si contraddistingue per i suoi trenta suggestivi siti nuragici. Nel centro cittadino, è impossibile non lasciarsi affascinare dall’architettura delle sette chiese sparse tra il cuore del paese e la sua periferia. Dalla romanica Chiesa di Santa Maria di Malta alla Chiesa di San Nicola di Mira, la cui costruzione risale al 1600, passando per la novecentesca Chiesa di San Pio X e fino alla più moderna Chiesa di San Giovanni Bosco. La struttura, situata nel quartiere Is Boinargius e costruita nel 1984, si caratterizza per le sue travi in legno che ricoprono l’alto soffitto: è chiaro, quindi, che tutti questi edifici contribuiscono in gran parte al patrimonio culturale di Guspini.

Era una domenica come le altre quando, durante l’omelia nella Chiesa di San Giovanni Bosco, Don Claudio annuncia ai fedeli presenti che l’edificio richiede un urgente intervento di restauro. Da più di trent’anni, la parrocchia situata in Via Luigi Einaudi, ha conquistato i cuori di tutti i fedeli cittadini: c’è chi frequenta la parrocchia fin dall’infanzia e chi, ancora oggi, ci torna con i propri figli. Ecco perché, l’intero paese è stato chiamato a unirsi in un sforzo congiunto per affrontare il restauro della storica chiesa. Oltre ad essere un luogo di culto, è stato il teatro di importanti eventi nella vita di molte famiglie, che l’hanno scelta per celebrare matrimoni, battesimi e cresime.

Un esempio di questo legame unico è dato dalla famiglia Giraldo. Per Carlo, Sara e i loro bambini, la Chiesa San Giovanni Bosco rappresenta molto di più di un edificio religioso. “Questo per noi è un posto speciale – ci dice Sara – Qui abbiamo celebrato le nostre nozze, il battesimo e le comunioni dei nostri figli”.

È proprio questa profonda unione familiare con la chiesa e la comunità ha spinto Carlo e Sara a compiere un gesto di grande generosità. Consapevoli delle necessità di restauro della chiesa, la coppia ha deciso di supportare i lavoro del progetto di restauro, mettendo a disposizione tutti i ponteggi necessari dalla loro attività Giraldo Ponteggi.

“Ancora ricordo quando da piccolo frequentavo la San Giovanni Bosco, in questa chiesa custodisco ricordi d’infanzia speciali – interviene Carlo – Dare una mano nei lavori di restauro è un gesto spontaneo che ci viene dal cuore. Lo facciamo per il nostro legame d’affetto con la chiesa, ma anche per l’amore che abbiamo verso il nostro territorio e la nostra comunità”.

“La più grande ricchezza della chiesa San Giovanni Bosco è l’essere prossima alla popolazione: attraverso importanti progetti come l’oratorio per ragazzi e grazie ai responsabili che si occupano delle famiglie e degli anziani con difficoltà, abbiamo instaurato con i cittadini di Guspini un legame profondo – ci racconta Don Claudio – La comunità è rimasta positivamente colpita dal gesto generoso della famiglia Giraldo, un gesto che denota la consapevolezza che la carità serve a recuperare il bene della comunità”.

Questo contributo non solo consentirà di agevolare il restauro della chiesa, ma aggiungerà valore al patrimonio culturale di Guspini, garantendone la preservazione per le future generazioni. In un’epoca in cui le sfide finanziarie possono ostacolare progetti di restauro e conservazione, l’esempio della famiglia Giraldo ispira a considerare il valore dell’azione altruistica. Un gesto che ci dimostra come, attraverso l’unione, sia possibile preservare e migliorare il patrimonio condiviso del nostro territorio. Oggi, i lavori hanno avuto inizio e la chiesa di San Giovanni Bosco potrà essere restaurata, mantenendo intatta la sua bellezza storica. La Chiesa di San Giovanni Bosco non solo beneficerà di un nuovo splendore estetico, ma diventerà anche un simbolo della generosità e dell’impegno della comunità di Guspini.

Cagliari dice addio al Marina cafè Noir, si chiude un capitolo di cultura e libertà.

Dopo ventitré anni di parole, musica, incontri e riflessioni condivise, il Marina Cafè Noir lascia Cagliari. Il festival, nato con l’intento di avvicinare la cultura a tutti, senza confini sociali o appartenenze, sospende le sue attività in città.

L’evento cagliaritano Marina cafe Noir

Una decisione che segna la fine di un’epoca per la vita culturale dell’isola e apre una ferita profonda nel cuore di chi, in questi anni, ha trovato nel festival uno spazio di libertà e confronto. Nato all’inizio degli anni Duemila come progetto indipendente e inclusivo, il Marina Cafè Noir non è mai stato un semplice evento letterario. È stato un laboratorio urbano, un punto di incontro tra libri, teatro, musica e impegno civile. Ha occupato piazze e strade, trasformando angoli dimenticati della città in luoghi di partecipazione. Ogni edizione ha raccontato il mondo da prospettive diverse, intrecciando voci, generi e linguaggi. Gli organizzatori hanno sempre difeso l’idea di una cultura accessibile, capace di far dialogare realtà diverse, e nel tempo il festival è diventato un riferimento riconosciuto a livello nazionale, citato da riviste e guide come uno dei più originali d’Italia.

L’evento cagliaritano Marina cafe Noir

Negli anni, il Mcn ha saputo costruire una comunità viva e accogliente. Ha dato spazio a scrittori, artisti e pensatori italiani e internazionali, ma anche a chi, semplicemente, desiderava ascoltare e partecipare. Ha raccontato Cagliari fuori dai suoi confini, mostrando un volto aperto, creativo e contemporaneo della città. Tuttavia, dietro l’entusiasmo del pubblico e il prestigio conquistato, il rapporto con le istituzioni locali si è progressivamente incrinato. L’organizzazione ha denunciato un clima amministrativo sempre più complesso, fatto di ostacoli burocratici e di una percezione distorta del proprio ruolo. Sentirsi considerati un problema più che una risorsa, spiegano dall’associazione culturale Chourmo, ha reso insostenibile continuare a operare nello stesso contesto. Così è arrivata la decisione più difficile: sospendere le attività a Cagliari e cercare altrove nuovi spazi per far vivere il progetto. Il futuro del Marina Cafè Noir rimane aperto, come le storie che ha raccontato in questi ventitré anni. L’anima del festival continuerà a viaggiare, portando con sé la stessa energia, lo stesso desiderio di incontro e quella passione civile che lo hanno reso unico. Cagliari, invece, dovrà fare i conti con un’assenza che pesa, quella di un progetto che ha saputo parlare alla città e al mondo, ricordando a tutti che la cultura è prima di tutto un atto di libertà condivisa.