Lo sapevate? Perché la Grotta della vipera si chiama così?
La Grotta è ora un importante patrimonio culturale della Sardegna che tutti conoscono: ma perché si chiama così?
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La Grotta della Vipera è un monumento funerario nella necropoli punica di Tuvixeddu. Ospita le sepolture di Atilia Pomptilla e Lucio Cassio Filippo e ha preso questo nome dal fatto che ha due vipere scolpite sull’architrave.
Rischiava di essere distrutto ma è stato salvato grazie all’intervento del generale Alberto La Marmora durante i lavori per la costruzione della Cagliari-Sassari nel 1822. Installò un cancello per impedire ulteriori danni e preservare la grotta dagli abusi.
La Grotta è ora un importante patrimonio storico e culturale della Sardegna che testimonia la sua ricca storia dalla preistoria all’epoca romana.
Ma chi era Atilia Pomptilla? Era di famiglia gentilizia a Roma e seguì il marito Lucio Cassio Filippo in esilio in Sardegna, forzato dall’imperatore Nerone. Filippo contrasse la malaria in forma grave e Pomptilla, continuando a vegliare su di lui, si ammalò a sua volta e morì. Filippo le fece costruire un grande mausoleo, che ancora oggi è un imponente monumento funebre alla loro memoria.
L’entrata monumentale della Grotta della Vipera è modellata come un tempio “ad ante” con un pronao aperto, due pilastri laterali e due colonne centrali. Purtroppo, nel corso del tempo, le ante, le colonne e i pilastri sono andati perduti, ma un capitello sopravvive come unico resto.
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Come si dice pipistrello in sardo?

La cacofonia della notte: quando il pipistrello diventa una commedia in limba.
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Come si dice pipistrello in sardo?
La cacofonia della notte: quando il pipistrello diventa una commedia in limba.
Se l’indimenticabile Nico di Mai dire gol, l’epico tifoso del Cagliari (e improbabile docente di lingua sarda) interpretato dal geniale Giovanni Storti, avesse mai voluto dedicare una delle sue lezioni esilaranti alla fauna locale, di certo avrebbe scelto lui: il pipistrello. E non per la sua notturna grazia, ma per l’incredibile, spassosa e a tratti insensata sequela di nomi con cui viene chiamato in Sardegna. È assai probabile che il comico stesso abbia trovato in questa cacofonia di denominazioni in limba una fonte d’ispirazione inesauribile, perché provate a leggerli tutti di fila ad alta voce: vi sembrerà di sentire il mitico Nico che si lancia in un’imprecazione mista a grammatica spicciola. È un vero e proprio sketch involontario che dimostra come l’affetto (o l’orrore) popolare possa generare una creatività linguistica senza pari.
Il perché di tanta abbondanza lessicale ha una sua spiegazione, per quanto buffa: il pipistrello è, dopo i roditori, il gruppo più numeroso di mammiferi sulla Terra, e la Sardegna, come sappiamo, non ama le mezze misure. Certo, su questo povero sventurato volatore notturno gravano anche secoli di ingiusti pregiudizi, di superstizioni che lo associano a storie poco raccomandabili e che ne hanno fatto, di fatto, un simbolo misterioso e, ammettiamolo, un po’ inquietante. Ma l’unica cosa davvero inquietante, a ben vedere, è la lista dei suoi soprannomi isolani, un elenco che sembra un gioco di società finito male.
Attingendo ai vari dizionari online disponibili, ma con la consapevolezza che questa lista sia solo la punta dell’iceberg lessicale dell’isola, si può stilare un vero e proprio prontuario per l’aspirante pipistrellologo sardo che cerca di non confondersi: si va dai nomi che ne descrivono l’aspetto, come Sorighe Pinnadu o Soriche Campinu (topo alato, ça va sans dire), a quelli che ne imitano il verso o il ronzio del volo, come Thuthurreddu, Zuzzurrì o Tintirriolu, che paiono usciti da una filastrocca dadaista. Ci sono le descrizioni più poetiche ma criptiche, come Pilloni Annapau o Pizzoni d’Itria, e quelle più pratiche e immediate: Alipeddita, Alibedde o Arrundibeddu cum aba de peddi, che si traduce nel non molto lusinghiero rondone con ala di pelle. E poi ci sono gli autentici capolavori di bizzarria fonetica, i nomi che, se scritti su una lavagna, farebbero partire la stand-up comedy: Cinciripillelle, Zinzimurreddu, Ticchirriolu ‘e Pedde, Passulitolta e l’epico Ciginiu. A leggere questo insieme di suoni si rischia seriamente una distorsione della mascella. Se ci fosse un premio per la fantasia nominativa, il pipistrello sardo lo vincerebbe a mani basse, lasciando gli altri mammiferi a chiedersi perché a loro sia toccato il banale “cane” o “gatto”.
Sizzimurreddu, Alipeddita, Pidobedda, Thuthurreddu, Thuthureri, Aratta Pinnata, Tirriolu, Sorighe, Pinnadu, Cinciripillelle, Pilloni Annapau, Zurrundeddu, Tintirriolu, Pinnetteddu, Impeddhone, Sazzamurreddu, Ticchirriolu ‘e Pedde, Zuzzurrì, Alibedde, Ratapignata, Terriolu, Zuzzurrundeddu, Pisteddu, Tzirrioru, Zinzimurreddu, Thutthurreri, Impeddhone, Sorighe Pinnadu, Soriche Campinu, Sizimurreddu, Arrundibeddu cum aba de peddi, Tittirriolu, Tutturreri, Su pinnetteddu, Tintirriolupedde, Sturrundeddu, Sorighe Pinnazzulu, Zunzurrittu, Pipisteddu, Pizzoni d’Itria, Arrepittinatu, Cincirriolu, Passulitolta, Atzulipedde, Ciginiu, Tsintsimurru, Attilipedde.
E adesso, dopo questa prova di forza linguistica, la domanda è d’obbligo: in un’isola con una tale passione per le etichette, è possibile che l’elenco sia davvero completo? Qualcuno dei lettori conosce altri appellativi per questo involontario protagonista di una lezione di sardo?
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