Lo sapevate? Quali sono i rifugi della Seconda Guerra Mondiale rimasti a Cagliari?

Nel 1942 con i primi bombardamenti subiti, Cagliari scopre il dramma della guerra. Sirene e corse a perdifiato per andare a nascondersi in un luogo sicuro: è quello che ricordano quelle persone che vissero quei momenti drammatici. Ma Cagliari (che con Napoli fu la città più bombardata d'Italia) non aveva dei veri bunker attrezzati per la cittadinanza e diversi spazi furono allestiti in fretta e alla buona per sopperire a questa mancanza. Ecco che cosa è rimasto in città.
Lo sapevate? Quali sono i rifugi della Seconda Guerra Mondiale rimasti a Cagliari?
Nel 1942 con i primi bombardamenti subiti, Cagliari scopre il dramma della guerra. Sirene e corse a perdifiato per andare a nascondersi in un luogo sicuro: è quello che ricordano quelle persone che vissero quei momenti drammatici. Ma Cagliari non aveva dei veri bunker attrezzati per la cittadinanza e diversi spazi furono allestiti in fretta e alla buona per sopperire a questa mancanza. Ecco che cosa è rimasto in città.
Grazie alle informazioni della Prefettura e del Genio Civile e Militare sappiamo che solamente alcuni edifici, caserme, scuole e palazzi di rappresentanza costruiti durante il Ventennio, furono dotati di uno spazio sotterraneo attrezzato. Fortunatamente Cagliari è una città costruita sul calcare, molti cittadini riuscirono a rifugiarsi nelle grotte e in quelle cavità naturali o artificiali offerte dal territorio.
E così cripte, spazi sotterranei e ambienti utilizzati in epoche antiche furono riutilizzati per nascondersi ed evitare gli effetti delle bombe e degli spezzonamenti che distrussero gran parte della città (Cagliari con Napoli fu la città più bombardata d’Italia). Ancora oggi è possibile visitare alcuni di questi luoghi, dove vennero sistemati letti, cucine, attrezzature ospedaliere e tanto altro per aiutare i cittadini a superare quei terribili momenti.
Uno spazio piuttosto grande fu ricavato sotto la chiesa di Santa Restituta, nella cripta, dove nel 1943, con i cittadini accalcati all’ingresso, una bomba fece una strage. Altri ambienti ancora oggi si possono osservare in occasione di monumenti aperti sotto l’Ospedale Civile San Giovanni di Dio, dove fu attrezzata come un bunker una galleria sotterranea. Altri spazi sotterranei esistono ma non sono più visitabili sotto il colle di Tuvixeddu, nella zona di via Pola, a Buoncammino e nell’area dell’Orto Botanico e dei frati Cappuccini, un altro recentemente scoperto in via Bottego a Bonaria e nella zona di viale Sant’Ignazio. Gli spazi più interessanti sono quelli visitabili nel rifugio Don Bosco, in via Don Bosco.
La galleria non nacque come rifugio di guerra durante la seconda guerra mondiale, ma si presume facesse parte di una articolata serie di percorsi sotterranei ancora esistenti, con analoghe dimensioni e caratteristiche di scavo, distribuiti lungo tutto il versante nord della città, dai bastioni di Buoncammino all’area del ex mercato di via Pola, e che furono probabilmente realizzati dai Piemontesi, all’esterno delle mura, intorno al 1700 per scopi militari: forse come vie di fuga o gallerie di contromina.
La galleria rifugio si sviluppa per circa 180 metri, lungo un asse parallelo ed equidistante dal viale Merello e dal viale Fra Ignazio da Laconi.
L’ingresso principale era situato inizialmente in via don Bosco, ma alcuni corridoi trasversali rispetto all’asse principale del rifugio, lunghi qualche decina di metri, consentivano di accedere al rifugio non solo dall’ingresso principale, ma da altri ingressi posti in cortili privati di vie attigue. Per quasi tutta la lunghezza del tunnel sono presenti panchine con funzione di sedile addossate al muro su entrambi i lati. Anche negli otto vani della galleria possiamo trovare panchine laterali sui lati lunghi, analoghe a quelle che si ritrovano nella galleria principale. Nel tunnel è anche presente, a pochi metri dall’ingresso principale, un vano in cui sono stati ricavati dei bagni alla turca. Buona parte di questa preesistente rete di gallerie fu riadattata agli inizi del secondo conflitto mondiale come rifugio per la popolazione civile con interventi di pulizia, costruzione di doppi e tripli ingressi in cemento armato a prova di bomba e realizzazione di sedili alle pareti. Alla fine della guerra il tunnel venne dimenticato, ed i vari ingressi, compreso quello principale su via Don Bosco, furono murati. Ciò ha consentito di farlo pervenire quasi integro fino ai giorni nostri con numerose suppellettili e oggetti relativi a quei giorni terribili.
Un altro spazio si trova ai Giardini Pubblici: la cavità sotterranea è costituita da un insieme di ambienti molto ampi, comunicanti tra loro, che vennero realizzati durante il medioevo per estrarre blocchi di pietra da costruzione. E poi ancora in via Vittorio Veneto: la cavità, sorta presumibilmente in epoca romana, fu utilizzata durante il II Conflitto Mondiale, come rifugio contro i bombardamenti. Terminata la guerra, la cavità diede asilo provvisorio agli sfollati.
Molti di questi spazi furono abitati anche dopo la guerra, in quanto numerose famiglie videro distrutta la propria casa dai bombardamenti.

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