Era il 2 luglio del 1994 e il giovane Emilio Mele, appena 15enne, si reca insieme a degli amici a fare un giro in bicicletta nelle campagne di Capoterra, vicino al laghetto di Masuni Pollastu, zona Poggio dei Pini.
Negli stessi luoghi, nel 1979 successe un’altra tragedia, quella del Dc 9 che precipitò il 14 settembre: fu la peggiore sciagura aerea della Sardegna. Il velivolo qualche minuto dopo sarebbe atterrato ad Elmas, proveniente da Alghero, ma si schiantò sulla cresta di una montagna, dopo aver deviato, e sbagliato rotta, in seguito ad un addensamento nuvoloso. La terribile vicenda provocò la morte di 31 persone, non ci furono sopravvissuti.
Ma torniamo a Emilio Mele: il giovane fu spinto nel laghetto, si dice forse per non aver voluto fumare uno spinello, e nessuno dei presenti fece nulla per aiutarlo mentre era in difficoltà. Per tre anni le indagini, iniziate subito dopo il delitto, non avevano portato a risultati concreti. La svolta si ebbe grazie alla testimonianza di una signora che sentì i discorsi di suo figlio con un amico: il giovane sosteneva che il suo interlocutore (Tiziano Locci) era il responsabile della morte di Emilio e che lui aveva visto tutto. La donna raccontò tutto ai carabinieri e le successive indagini, dimostrarono che era stato proprio Tiziano Locci a spingere Emilio nel laghetto. Il ragazzino non sapeva nuotare e le sue grida di aiuto non vennero ascoltate. Nel 2000 venne confermata la condanna per Locci come responsabile della morte di Emilio Mele.
Nella foto di Alessandro Congia la targa ai piedi del Monte Pauliara, la zona di Poggio dei Pini dove annegò Emilio, fatta realizzare da amici e parenti del ragazzo in suo ricordo.
Accadde oggi. 14 settembre 1979: la sciagura aerea del Dc 9 Ati precipitato a Capoterra (FOTO)
Alle 00:45 del 14 settembre 1979 si verificò la peggiore sciagura aerea della Sardegna. Un DC 9 che qualche minuto dopo sarebbe atterrato ad Elmas, proveniente da Alghero, si schiantò sulla cresta di una montagna, dopo aver deviato, e sbagliato rotta, in seguito ad un addensamento nuvoloso (PHOTOGALLERY NEL PEZZO).
La notte tra il 13 e il 14 settembre 1979 è passata tristemente alla storia per il disastro aereo di Sarroch.
Questa terribile vicenda provocò la morte di 31 persone, non ci furono sopravvissuti ed è a tutt’oggi la più grave sciagura aerea che abbia riguardato la Sardegna e l’aeroporto di Elmas in particolare. Il volo aereo della Trasporti Italiani 12 effettuava la tratta Alghero – Cagliari per poi proseguire verso Roma. L’aeromobile utilizzato era un DC 9-32, il volo da Fertilia era partito a mezzanotte, con un leggero ritardo alla partenza a causa del cambio dei membri dell’equipaggio.
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Le immagini del Dc9 precipitato a Capoterra il 14 settembre 197918
Il viaggio non ebbe alcun imprevisto fino a giungere a pochi chilometri dall’aeroporto di Elmas. Qui un cumulo di nuvole e nembi convinse, dietro autorizzazione della torre di controllo, il comandante Pennacchio e il primo ufficiale Mercurelli ad effettuare una virata per evitare la perturbazione. Convinti di sorvolare il mare proseguirono senza accorgersi del pericolo che incombeva, il DC 9 corre incontro a Monte Nieddu. Ad un certo punto scompare dai radar dell’aeroporto di Elmas, l’aereo cozza contro la cresta del monte e precipita sulla montagna. Alcuni tecnici della raffineria della Saras raccontarono di aver udito nell’oscurità il rombo dell’aereo insolitamente basso, poi dopo pochi minuti una tremenda esplosione ed una palla di fuoco provenire dalla montagna. In quell’attimo perdono la vita 27 passeggeri e i quattro membri dell’equipaggio. Non ci saranno sopravvissuti.
Nove passeggeri dovevano sbarcare a Cagliari mentre i restanti, più alcuni che aspettavano di imbarcarsi ad Elmas, avrebbero proseguito verso Roma. Subito allertati, i vigili del fuoco della raffineria, lanciarono l’allarme nel capoluogo e si precipitarono sul luogo del disastro, ma le condizioni metereologiche avverse e la natura impervia del rilievo non consentivano di raggiungere il sito. Oltretutto la zona era avvolta dalla totale oscurità, fatta eccezione per il violento rogo che si sprigionava dall’aereo in fiamme per diverse ore e che forniva in ogni caso un punto di riferimento visivo a chi tentava disperatamente di raggiungere la cresta ad 700 metri d’altitudine.
Ai soccorsi partecipano Vigili del Fuoco, militari, Carabinieri, Polizia di Stato e vari volontari. Un motorista dell’ATI non sa darsi pace, pur stremato dalla lunga e massacrante marcia non vuol darsi per vinto, conosce bene i membri dell’equipaggio cui è legato da vecchia amicizia. Il mattino successivo ai soccorritori si presentò uno spettacolo mai visto prima sulla nostra Isola: rottami fumanti del DC 9 sparsi ovunque, i corpi delle vittime irriconoscibili per l’impatto ed il violento rogo sprigionatosi dopo l’esplosione. Le salme vennero a fatica pietosamente ricomposte, nel frattempo si cercava la scatola nera per cercare di capire la dinamica dell’incidente. Il corpo del comandante Pennacchio viene recuperato al pomeriggio, al polso l’orologio è fermo sulle 00.45.
All’interno di un Palazzetto di viale Marconi viene improvvisata una camera ardente, nel frattempo l’arcivescovo di Cagliari S. E. Giuseppe Bonfiglioli reca conforto ai familiari delle vittime e benedice i feretri. I funerali si svolgeranno nella Basilica di Bonaria alla presenza di ventimila persone, poi mestamente, i parenti, ottenute le autorizzazioni, porteranno via i loro cari, per poterli seppellire nei propri paesi d’appartenenza. Della tragedia vennero ritenuti responsabili il comandante ed il suo secondo assieme al controllore di volo per non aver prontamente obbligato l’equipaggio a correggere la rotta. Il Presidente della Repubblica grazierà in seguito il controllore di volo. Nel 2013 è sorta inoltre una diatriba tra il comune di Sarroch e Alitalia (compagnia che nel frattempo ha assorbito l’ATI), per la rimozione dal sito dell’incidente, dei resti del DC 9, ancora presenti in buona parte sulla cresta di Monte Nieddu. [FOTO DI MARIO MARCIS]
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