Si è spento oggi a Cagliari, dopo lunga malattia e a pochi mesi dal traguardo dei 70 anni, una delle leggende del basket isolano e cagliaritano, Mario Vascellari.
Fu uno dei più importanti protagonisti della pallacanestro isolana, quando il basket a Cagliari era ai massimi livelli: quello di Vascellari fu un amore quasi senza fine. Lo si è visto giocare sul parquet fino ai 49 anni: l’ultima partita nel 2000, insieme ai figli, in C2.
Vascellari ha disputato la Serie A1 e la A2 con Cagliari nel corso degli anni settanta.
Erano gli anni ’70 quando Mario Vascellari indossava le intramontabili All Star, il completino attillato ed il calzetto lungo da gioco. Erano gli anni del mito della scuola balcanica, delle partite trasmesse sul piccolo schermo in bianco e nero, delle gesta di quei gentili talenti che ora, sembrano cestisti fuori dal tempo. Parliamo di stile, educazione e classe.
Un’epoca in cui la Ignis Varese, la Simmenthal Milano e la Forst Cantù impartivano lezioni lungo tutto lo stivale. Ed infine, oltrepassando il Tirreno, si assisteva al decollo del massimo splendore cestistico cagliaritano chiamato Brill. Quando si parla di pallacanestro in città, chiunque ricorda con stupore quei dieci anni, dal ’68 al ’78, quando il grande basket andava di pari passo con il mito del calcio. Dopo quel decennio, Cagliari ha dovuto aspettare il 2017 targato Dinamo Academy per riassaporare la palla a spicchi che conta.
Guarda la gallery
Mario Vascellari, basket14
Tra gli ex campioni del passato c’era lui, Mario Vascellari, classe 1951: un metro e novantatre di grande atletismo e dinamicità. Segnali particolari: grande difensore. Mario ha conosciuto la palla al cesto grazie alla tradizione familiare cestistica: era il più piccolo di quattro fratelli che già da tempo calcavano il parquet di gioco. Un’adolescenza trascorsa nelle fila delle giovanili dell’Esperia fino all’esordio nel campionato di serie C a 16 anni poi, una breve parentesi a Cantù in A1 nel ‘69, prima di rincasare in Sardegna e vestire per dieci anni, tra A1 e A2, la maglia della sua città, la Brill Cagliari. In fase di chiusura ha indossato la divisa di Oristano in serie B e poi ancora dell’Esperia, per poi chiudere la carriera alla veneranda età di quarantanove anni, dopo avere militato in serie D e nelle categorie amatoriali limitrofe.
Un giocatore versatile, ricordato per la sua grande tenacia ed umiltà, con un ottimo tempismo nello strappare i rimbalzi dal tabellone: «Mi sentivo più un difensore che un attaccante – racconta – Toccava a me marcare i migliori marcatori avversari, un nome su tutti il fenomeno Bob Morse. Essendo il più giovane ero anche quello più sacrificabile, potevo spendere qualche fallo in più per dare fiato agli esperti.» Nato come guardia, l’ex numero otto biancorosso ha saputo destreggiarsi sia come contropiedista lanciato dai precisi passaggi di Eligio De Rossi che, in categorie minori, come lungo di stazza dai movimenti eleganti. Vascellari ricorda con ammirazione il suo idolo e l’atleta dal quale ha assorbito i migliori insegnamenti, l’americano John Sutter. «Era un’ala grande che viaggiava alla media di 33 punti a partita. Ricordo che tirava da metà campo di solo polso sopra la testa; in post basso faceva finta da una parte, si girava dall’altra e ciuf, una mano dolcissima. Era senza dubbi il più forte».
Mario passò alla storia anche per un episodio, che ha fatto straripare la foga dei tifosi cagliaritani: la vittoria, il primo anno in A1 da neopromossi, contro la Ignis Varese. La cronaca: il tabellone sanciva la parità, ultimi secondi di gioco. Palla rubata ai danni della Brill con la possibilità di chiudere facile la partita in lay-up per gli avversari. Sul più bello, Vascellari inchioda la palla con una stoppata da dietro che ha fatto tremare un intero palazzetto: «Ricordo di avere preso il tempo giusto – spiega – ho staccato dalla lunetta con il terzo tempo e sono riuscito a stoppare, poi, Villetti ha concluso nella nostra metà campo ed abbiamo vinto: un’emozione indescrivibile.
Loro rientravano dalla Coppa Intercontinentale vinta in Turchia, facevano terra bruciata ovunque. Avevano uno squadrone: nomi come Morse, Meneghin, Zorzi, Zanatta, Sacchetti, Ossola e Raga e l’americano Yelverton.» Poi continua: «Abbiamo avuto la fortuna di giocare in quel periodo perché ora, con tutti questi stranieri in campo, non so se avremo visto il campo.» Al tempo erano concessi solo due passaporti, e i sardi come lui e il compagno Tore Serra, avevano la possibilità di giocare più minuti di quelli che hanno a disposizione adesso molti italiani nella Lega. Poi riprende: «È difficile fare un paragone con i tempi che corrono, oggi assistiamo ad un basket molto più atletico. Se parliamo di tecnica, invece, penso che la spuntiamo noi. A volte riguardo i filmati della vecchia Nba e la tecnica era ineguagliabile . La nostra era una pallacanestro meno istintiva, più lenta e fatta di letture pazienti.
Oggi sono cambiate molte regole, l’hanno resa più veloce e dinamica. Inoltre, i contatti e la fisicità era meno tollerata. Oggi c’è grande attenzione alla preparazione atletica con carichi muscolari diversi, c’è tanta palestra, al tempo invece trascorrevamo ore su ore in campo curando i fondamentali.» Il segreto di atleti come Vascellari risplende sotto la guida di allenatori che erano veri e propri vate dello sport: «Un’altra fortuna è stata quella di essere allenati da coach come Formigli e poi dallo statunitense Howie Landa, lui per esempio portava le innovazioni come la zona press. Ti insegnavano a fare le scelte giuste, a leggere quello che succedeva in campo. Oggi invece l’istinto porta subito a palleggiare. Ecco, a volte manca l’essenza del gioco».
L’ex campione, terminato il suo percorso da atleta, ha imboccato la strada dell’insegnamento grazie al veterano coach Franco Carpinetti ed ora, è un tecnico affermato del settore giovanili: «I ragazzi di oggi sono più distratti, hanno molti più svaghi, basti pensare a Internet e allo smanettamento virtuale che ne consegue. Io credo che in loro, rispetto a noi, manchi un po’ di passione ed attenzione.» Infine, l’ex canotta numero otto, si pronuncia sul nuovo cammino della pallacanestro cagliaritana, la Dinamo Academy: «Proprio ieri ho visto un allenamento della Pasta Cellino e mi sono piaciuti molto. È un gruppo giovane, ben preparato atleticamente e tecnicamente. Mi piace il loro gioco, è basato su schemi semplici, niente di elaborato. Mi auguro e credo passano fare da traino al movimento: ce n’è bisogno». Un’intera vita che sa di palla a spicchi ha portato Vascellari a concludere così: “Il basket mi ha dato tanto. La notorietà fa sempre piacere, ho tanti amici e persone che mi apprezzano a spasso per l’Italia. La qualità che mi ha aiutato di più è stata la modestia, ho sempre fatto tanti sacrifici. Credo che certi valori li insegna solo lo sport, ne giova la tua vita quotidiana, nel lavoro e in famiglia. Lo sportivo si vede, ha un’onestà intellettuale e una positività diversa, perché è abituato a gioire e a soffrire in gruppo».
Lo sapevate? Come si dice trottola in sardo? Sapete come si dice trottola in sardo campidanese? La risposta è di quelle che ti fanno sorridere mentre cerchi di ripeterla senza…
Di fronte a uno scenario mozzafiato, il passaggio della cometa C/2023 A3 è stato immortalato dal fotografo Andrea Skull accanto a uno dei simboli più famosi del Sulcis e di…
Lo sapevate? Come si dice trottola in sardo? Sapete come si dice trottola in sardo campidanese? La risposta è di quelle che ti fanno sorridere mentre cerchi di ripeterla senza…
Di fronte a uno scenario mozzafiato, il passaggio della cometa C/2023 A3 è stato immortalato dal fotografo Andrea Skull accanto a uno dei simboli più famosi del Sulcis e di…