Le donne che ci piacciono. Paola Cassano, la designer di Sorso che fa sognare le donne
Artista a tutto tondo di Sorso, Paola Cassano è anche la madre del noto progetto grafico e di moda "Le Sognatrici", con il quale racconta l’universo femminile con un particolare interesse per l’identità culturale delle donne, rivelata attraverso l'interpretazione degli abiti tradizionali sardi. Oggi con lei parliamo di arte, moda, femminismo e ovviamente...di sogni.
Paola Cassano è nata a Sorso, dove vive e lavora. 44enne, diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Sassari, negli ultimi anni ha dedicato i suoi studi a grafica, design, fotografia e web design.
Protagonista di diverse esposizioni e varie collaborazioni si è mossa in equilibrio tra decorazione e narrazione, tra visibile e invisibile. Paola è anche cantante e autrice. Nel 2004 ha avviato una fortunata produzione artistica in qualità di autrice e compositrice di brani inediti insieme al pianista Nicola Morali, fondando con lui il duo “La stanza delle muse”.
Già nel periodo degli studi all’Accademia, Paola ha creato la sua prima linea di gioielli dipinti, coniugando la sua passione per la moda con quella per la pittura e la decorazione. Nell’estate del 2009 è nato il marchio Néula Gioielli, dal DNA interamente sardo.
Nel 2011 l’artista di Sorso si fa imprenditrice creando il fortunato marchio “Le Sognatrici”, un progetto grafico e di moda interamente dedicato alle donne, con il quale racconta ancora oggi l’universo femminile con un particolare interesse per l’identità culturale delle donne, rivelata attraverso un’inedita interpretazione degli abiti tradizionali sardi.
Come è nato il progetto artistico delle Sognatrici? Perché è stato completamente dedicato all’universo femminile?
È nato con amore, perché il racconto visivo dell’universo femminile è la mia attitudine. Sono felice di essere una donna e rinascerei donna altre mille volte. È un istinto atavico a portarmi da sempre nella direzione femminile. Le Sognatrici sono la sublimazione di questa ricerca, sono la traduzione a colori del mio essere donna.
Donne con l’abito tradizionale ma anche donne contemporanee, al lavoro. Sono tante le sognatrici che hai realizzato negli ultimi anni. Che tipo di donna sarda hai quindi voluto rappresentare?
La collezione dedicata alle donne sarde si chiama “Nativa”. Era importante che anche il nome esprimesse chiaramente il temperamento “speciale” che distingue le donne di Sardegna. La vita su un’isola offre stati d’animo e di essere spesso opposti fra loro: l’orlo della terra segna il confine tra noi e il mondo ma la nostra visione lo supera e viaggia di cielo in cielo, senza limiti. Questo è ciò che ho sempre provato. Le donne sarde che conosco personalmente, o che ho scoperto grazie ai racconti di altre donne, sono ricche di personalità e contrasti: malinconiche e allegre, leggere e combattive, calme e infaticabili, umili e indomite. I meravigliosi abiti che indossano ne riflettono il carattere: tutti diversi, resistenti e bellissimi.
“È il tempo per le donne di indossare i propri Sogni”, recita lo slogan che ha accompagnato l’uscita della prima collezione di Sognatrici. Oggi credo sia più che mai vero. Da dove dobbiamo ripartire per conquistare ciò che vogliamo e ciò che ci spetta?
Sempre da noi stesse, iniziando a credere davvero nelle nostre capacità. Siamo molto lontane da una società che ci riconosca parità di meriti e diritti e le grandi difficoltà che la maggior parte delle donne incontra nel percorso verso l’affermazione di sé ci rendono ancora troppo insicure. Perciò è importante liberarci sempre di più dai condizionamenti atavici del patriarcato che ci ha volute sempre ai margini e in competizione, per riuscire ad amarci pienamente e reciprocamente, riconoscendo il nostro valore e il nostro potere. Il bene di tutte è il bene di ognuna.
Che sognatrice sei tu?
Autentica.
In che modo l’arte, nel tempo, ha secondo te cambiato il modo di rappresentare la donna? Oggi come lo fa? Come collochi in questo senso i tuoi lavori grafici?
Per secoli la donna è stata rappresentata nuda e tentatrice, o vestita col solito aspetto materno e rassicurante da angelo del focolare. Sempre soggetto-oggetto per le opere degli uomini mentre l’arte femminile non veniva assolutamente considerata, come fosse completamente inesistente. Nei banchi di scuola restai completamente folgorata dalla storia di Artemisia Gentileschi, prima donna ammessa alla scuola del disegno di Firenze e forse la prima riuscita ad affermarsi e mantenersi libera e indipendente grazie al suo lavoro di pittrice. Ma solo perché il suo talento era infinitamente superiore a quello dei suoi colleghi uomini.
Ancora oggi è così. Negli anni settanta, grazie allo straordinario rumore del movimento femminista, le artiste si sono unite per denunciare le discriminazioni subite da sempre e rivendicare il diritto ad uno spazio adeguato nei musei e nella società. Quell’impegno resta lo stesso anche oggi ed è doveroso per ogni donna, soprattutto per le artiste che hanno il privilegio e la responsabilità di veicolare messaggi. Io credo che essere donna e femminista sia evidente in ogni mia opera.
Qual è il messaggio che hai voluto veicolare con il progetto Le Sognatrici? Quanto è importante, per le donne, sognare? Quanto invece poi passare all’azione?
Il messaggio che accompagna Le Sognatrici è lo stesso che consegno a me stessa ogni giorno: amati, abbi fede in te stessa, cura i tuoi sogni e impegnati per essere ciò che vuoi. Qualunque età tu abbia, in qualunque parte del mondo tu viva. Sii ciò che vuoi e ama chi sei.
Sognare e agire sono per me la stessa azione: immaginare, realizzare, stare bene.
Le donne rappresentate hanno tutte gli occhi chiusi. Perché?
Perché sono colte in un momento di introspezione. Il loro volto riflette il momento speciale di piena consapevolezza di sé. Un giorno, osservando Le Sognatrici, una bimba mi disse che hanno tutte gli occhi chiusi perché riflettono attentamente su ciò che vogliono diventare da grandi.
Come si è evoluto il brand nel tempo?
Le Sognatrici sono ritratti di donna. I primi sono nati su piccoli gioielli dipinti a mano. Il secondo passo è stato la nascita delle illustrazioni grafiche, della linea di t-shirt e la fondazione del brand. Dopo un anno abbiamo aperto due Dream Store monomarca e uno popup: a Sassari, Cagliari e Alghero. L’esperienza con i negozi è stata straordinaria ma totalizzante così, nel momento in cui abbiamo capito che non era più la formula commerciale giusta per noi, abbiamo seguito la corrente e lanciato a fine gennaio 2020 il Dream Store online.
Cosa significa per te, oggi, essere femministe?
Essere femministe ed essere donne è la stessa cosa. Se non ci fossero differenze di genere non avremmo bisogno, ancora oggi, di dare un’etichetta all’impegno per acquisire diritti irrinunciabili. Essere femministe e femministi non è una scelta, significa credere che i divari sociali di qualunque tipo siano ingiusti e inaccettabili e che si debba arrivare a vivere in un mondo dove tutti potranno esprimere il proprio talento e i propri pensieri senza impedimenti.
Ti sei mai sentita, in ambito lavorativo, messa da parte o presa meno sul serio in quanto donna?
Non direttamente, ma solo perché ho sempre lavorato in autonomia. In tutto il mondo, però, le donne hanno esperienze di questo tipo ogni giorno.
Che futuro attende le tue Sognatrici?
Lo stesso che auguro ad ogni donna sul pianeta: trovare il proprio posto nel mondo, essere felici.
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